di Enrico

“Sono io la Morte e porto corona, io son di tutti voi Signora e Padrona”. Così cantava Branduardi nel celebre “Ballo in Fa diesis minore”, meglio noto come “La morte”.

Il brano è un respiro proveniente da un mondo in cui la morte era un fatto inspiegabile: volontà imperscrutabile di qualche divinità, destino e via discorrendo. Oggi, abbiamo bene o male tutti familiarizzato con l’idea che la morte (almeno quella che non dipende dall’azione umana sia chiaro, non stiamo parlando di morti in guerra o in incidenti stradali) avviene per un “problema tecnico”: il cuore che smette di pompare sangue, i tessuti che si usurano e via discorrendo.

Tali “problemi tecnici” sono a loro volta causati da altri problemi simili: il cuore smette di pompare sangue perché non gli arriva più l’ossigeno necessario a svolgere tale compito, per esempio.

Sia chiaro, possiamo continuare a pensare che, in ultima analisi, questi problemi tecnici sono comunque frutto della volontà divina, ma questo oggi rientra appunto nel campo della credenza personale, non svolge più la funzione di unica possibile spiegazione di un fenomeno come la morte: al limite è una credenza metafisica che si aggiunge ad una spiegazione non metafisica.

Dicevamo dunque, che la morte è frutto di problemi tecnici a quella “macchina” che è il nostro organismo. Certi filosofi liberali, che il più delle volte si dimostrano essere nient’altro che gli orpelli ideologici dello status quo, hanno dunque ipotizzato che l’immortalità sia tecnicamente possibile. Alcuni di essi definiscono tale spinta tecnica addirittura come “la grande sfida del XXI secolo”.

Ma vediamo nel dettaglio: cosa vuol dire che è possibile l’immortalità? Il termine è impreciso, perché quello che hanno in mente i liberali non è la preservazione dalla morte in senso assoluto (quella semmai sarebbe il passo successivo); ci sarebbe infatti sempre la possibilità di morire in un incidente stradale, di trovarsi in una banca mentre è in corso una rapina a mano armata e casi simili. Il termine più corretto dovrebbe infatti essere quello di “a-mortali”: esseri viventi sì mortali, ma privi di data di scadenza, volendo semplificare molto.

Ma come si raggiunge l’a-mortalità?

Se la morte naturale è causata da “problemi tecnici” allora sarà sufficiente rimediare a questi problemi tecnici con soluzioni di natura tecnica. Non si pensa, almeno nell’immediato, all’elisir dell’eterna giovinezza; si pensa piuttosto alla conquista dell’a-mortalità “un decennio alla volta”. Si tratterebbe, almeno per chi dispone di un buon conto in banca, di sottoporsi ogni cinque o dieci anni a trattamenti che rigenerino i tessuti usurati.

Ma che implicazioni avrebbe uno scenario del genere?

Beh, tanto per cominciare possiamo affermare che gli a-mortali sarebbero le persone più paurose ansiose di sempre. Perché noi continuiamo a fare cose potenzialmente pericolose? Perché continuiamo a guidare una macchina (gli incidenti, dati alla mano, sono la causa di molti più decessi rispetto ad attacchi di animali selvatici, per esempio)? Perché scaliamo le montagne? Perché usciamo a comprare il pane, pur sapendo che potremmo essere investiti da un’automobile nel tragitto da casa nostra alla panetteria?

Lo facciamo perché siamo consapevoli della nostra finitezza, della nostra mortalità. Se invece avessimo la possibilità di non morire mai, che senso avrebbe assumersi all’infinito dei rischi di questo tipo? Sarebbe stupido pagare per non morire mai ed assumersi per l’eternità il rischio di morire per cose che i mortali, consapevoli della loro natura finita, ritengono ordinarie. Un a-mortale vivrebbe nella costante paura di morire per cause non naturali.

Ma questo non è l’unico aspetto per cui l’a-mortalità sarebbe più dannosa che utile. Pensiamo ad un mondo di a-mortali, qualora tale fantomatica ricetta dovesse effettivamente realizzarsi e fosse accessibile a tutti: un mondo simile sarebbe completamente privo di ogni spinta creativa e innovatrice. Se infatti, per assurdo, l’a-mortalità fosse già stata raggiunta nel XIX secolo, il mondo oggi sarebbe ancora popolato di persone nate nell’epoca vittoriana che avrebbero quindi mantenuto nella loro forma mentis i valori e le credenze di quell’epoca, anche perché in un mondo del genere l’uomo probabilmente perderebbe anche l’istinto di riprodursi, quindi non ci sarebbero persone nuove con nuove idee. In breve: niente nuove generazioni, niente nuovi valori o idee. Le persone che vivranno nell’epoca in cui l’a-mortalità verrà effettivamente realizzata sono destinate a divenire dei fossili immutabili di quell’epoca.

Per quanto idee come l’a-mortalità possano sembrare fuori di testa, se non del tutto fantasie o distopie alla 1984, il fatto stesso che siano state concepite deve metterci in guardia.

Un’idea del genere, qualora dovesse mai divenire realtà, sarebbe forse la dimostrazione plastica del fatto che il liberalismo è in realtà il sistema più reazionario che esiste: infatti, la liberalissima idea dell’a-mortalità come abbiamo visto ci renderebbe estremamente docili e mansueti. Per i due motivi che abbiamo visto: ammazzerebbe ogni spinta creativa o innovatrice e soprattutto renderebbe l’uomo non più disposto a rischiare la propria vita, che si tratti di andare a comprare il pane o, perché no, di partecipare ad una sommossa di piazza o a una rivoluzione.