Di Sara
La recente elezione di Claudia Sheinbaum a prima donna presidente del Messico è stata salutata come una monumentale vittoria femminista. I titoli dei giornali gridano alla storicità della sua vittoria, dipingendola come un trionfo per l’uguaglianza di genere. Dietro questa facciata scintillante, però, si nasconde una verità molto più cupa che i media opportunamente sorvolano: la violenza senza precedenti che ha caratterizzato queste elezioni, compreso l’assassinio di 38 candidati e numerosi tentativi di omicidio falliti.
Claudia Sheinbaum, fisica e ingegnere di origine ebraica, è stata elogiata per aver infranto il “soffitto di cristallo” della politica messicana. La sua carriera politica la ritrae come un’apripista. Le politiche e le convinzioni di Sheinbaum sono allineate con l’ala progressista del suo partito, sostenendo la sostenibilità ambientale e l’uguaglianza sociale. Tuttavia, questa immagine apparentemente progressista nasconde legami poco piacevoli, in particolare quelli con il suo predecessore, Andrés Manuel López Obrador (AMLO), e il violento aumento delle attività legate ai Cartelli sotto il suo regime.
La presidenza di AMLO è iniziata nel 2018 con la promessa di affrontare la corruzione e ridurre la violenza. Nonostante ciò, la violenza in Messico, invece che diminuire, è aumentata spropositatamente. Il tasso di omicidi ha raggiunto livelli record e il Paese ha assistito ad alcuni dei più raccapriccianti massacri della storia recente. I cartelli, incoraggiati dalla percezione della mancanza di un’efficace applicazione della legge, hanno esteso il loro controllo su varie regioni, ingaggiando guerre di territorio sempre più violente. Le statistiche dipingono un quadro desolante. Nel 2019, ad appena un anno dalla presidenza di AMLO, il Messico ha registrato oltre 34.000 omicidi, il numero più alto della sua storia moderna. Questa tendenza è continuata, con la violenza che si è riversata nell’arena politica.
Il recente ciclo elettorale, culminato con la vittoria di Claudia Sheinbaum, è stato il più sanguinoso della storia del Messico. Gli assassinii di candidati politici sono diventati un’agghiacciante caratteristica di questo periodo. Sono stati uccisi 38 candidati e molti altri hanno subito tentativi di assassinio. Questa ondata di violenza non è stata un fatto accidentale. I cartelli hanno esercitato la loro influenza attraverso l’intimidazione, la coercizione e la violenza vera e propria, assicurandosi che i candidati che rappresentavano una minaccia per i loro interessi fossero eliminati. Gli omicidi dei candidati hanno creato un vuoto che spesso è stato colmato da individui disposti a collaborare o a chiudere un occhio sulle attività del cartello.
L’elezione di Claudia Sheinbaum non può essere vista separatamente da questo contesto di violenza pervasiva: la sua vittoria è inseparabile dalle condizioni di violenza promosse durante l’amministrazione di AMLO, che è un suo alleato di lunga data. La capacità dei cartelli di influenzare le elezioni attraverso la violenza suggerisce che la vittoria di Sheinbaum, come molte altre, è stata determinata da fattori che vanno oltre la “scelta democratica”. L’intimidazione e l’assassinio dei candidati distorcono il processo elettorale, rendendo difficile accertare se gli elettori abbiano davvero avuto un’opportunità libera di esprimere le proprie preferenze.
In Italia, l’approccio dei media all’elezione di Sheinbaum è particolarmente eloquente. Le fonti di informazione italiane hanno enfatizzato solo il suo genere e il suo background, presentandola come un simbolo di progresso, nascondendo tutta la scomoda verità che si cela dietro questo “evento storico”. Non dovrebbe sorprendere: la sinistra ama elevare i criminali a paladini della giustizia.
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