Di Chiara
Secondo fonti risalenti al I secolo a.C. e al I secolo d.C., il ponte sullo Stretto di Messina sarebbe stato costruito in via temporanea dai Romani nel III secolo a.C. tramite un sistema di botti e assi.
Se sia realmente esistito o meno probabilmente non lo sapremo mai, ma è importante capire quanto collegare la Sicilia e l’Italia continentale sia un problema antico, risalente a 22 secoli fa.
Per lo storico greco Strabone risalirebbe al 251 a.C., durante la Prima guerra Punica: racconta che Lucio Cecilio Metello, console romano della Repubblica, sconfigge Asdrubale nella battaglia di Panormus (Palermo) del 251 a.C. Asdrubale era stato inviato in Sicilia con un grosso contingente militare che comprendeva anche 140 elefanti da guerra, i “carri armati dell’antichità”: erano utili per lanciare cariche contro il nemico e per trasportare carichi pesanti. I Romani li temevano a tal punto da venire sconfitti nei pressi di Cartagine anche grazie al loro impiego.
Successivamente alla vittoria romana, Asdrubale è messo in fuga, si ritira a Lilibeo, ma poi viene richiamato a Cartagine e giustiziato per la sconfitta subita, lasciando a Lucio Cecilio Metello un cospicuo bottino di guerra con gli elefanti sopravvissuti.
Per celebrare la vittoria il console decide di portare a Roma i pachidermi superstiti, e forse lo fa costruendo una passerella gigante fra Sicilia e Calabria, dove i romani fanno passare gli animali, che raggiungono Roma, dando vita ad un trionfo sicuramente sui generis.
Collegare “Messana” (Messina) a “Regium Julium” (Reggio Calabria) non è impresa semplice, e i romani la portano a termine legando un numero enorme di botti, a due a due, con altre tavole, realizzando un ponte di legno galleggiante. L’idea non era una novità: era già stata realizzata dagli Assiri, dai Persiani e dai Greci, ma l’elemento nuovo è il tratto di mare che questa passerella collega, quello stretto di Messina fulcro di narrazioni mitologiche e crocevia marittimo di due mondi divisi.
Lo svantaggio del ponte però è che impedisce alle navi di attraversare lo stretto, costringendole a circumnavigare la Sicilia dalla parte occidentale.
Una volta che gli elefanti e l’esercito sono arrivati in Calabria, però, il ponte viene lasciato al suo destino, senza alcuna manutenzione. La passerella in legno probabilmente viene divelta poco dopo dalla forza delle mareggiate.
Per quanto sia una storia avvincente e straordinaria, bisogna fare i conti con la realtà: purtroppo la fonte principale nella “Geografia” di Strabone, non esiste: non se ne trova traccia nell’opera e probabilmente venne diffusa in un passaparola senza controllo.
Tuttavia, esistono due fonti antiche che effettivamente ne parlano: Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historia” in un capitolo dedicato agli elefanti afferma: “Nell’anno 502 (dalla fondazione di Roma) furono catturati ai Cartaginesi con la vittoria del pontefice L. Metello in Sicilia. Erano 142, o 120 secondo altri, e furono trasportati su zattere che aveva fissato su file unite di botti”.
Il suo contemporaneo Sesto Giulio Frontino menziona l’episodio ne libro “Stratagemata” dedicato agli stratagemmi militari: “Cecilio Metello, poiché non aveva navi con cui trasportare gli elefanti, legò delle botti e sopra di esse posizionò delle tavole e così fece attraversare loro lo Stretto di Sicilia”.
Le fonti sono poco precise e non parlano di una vera e propria passerella; il fatto che siano successive di circa 3 secoli ai fatti narrati non aiuta a garantirne la veridicità.
L’idea del ponte rimarrà sempre nell’aria: nel IX secolo è Carlo Magno a pensarci, ma la complessità dell’opera lo fa desistere praticamente subito. Dopo il medioevo saranno i Borbone a pensare di unire la Calabria con la Sicilia, ma il costo preventivato era totalmente fuori portata per il regno meridionale.
La questione venne ulteriormente approfondita durante i primi anni del Regno d’Italia: l’ingegner Cottrau fu il primo a decretare l’enorme difficoltà della realizzazione del ponte con dati tecnici.
Dall’800 al 2024 sono stati innumerevoli i tentativi di studio di fattibilità del ponte sullo stretto di Messina.
Nell’ultimo anno si è tornato a parlare della sua realizzazione, soprattutto grazie all’intervento di Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ovviamente si è ritrovato ad essere bersaglio di una sinistra che vuole “fare la progressista” solo quando serve a screditare il “nemico” e che riesce a fare fronte comune con il solo scopo di sabotare la propria nazione.
Non si sono fatti alcun problema nel presentare un esposto alla Procura di Roma per provare ad ostacolare (sempre tramite gli amici procuratori) un’innovazione sana, che porterebbe solo benefici all’economia dell’intero paese.
Probabilmente la loro volontà è quella di fare rimanere l’Italia in una situazione stagnante, condannandola ad essere sottomessa da parte di altri paesi europei pronti a farne banchetto.
È palese come il fascino per un’opera di una simile portata ingegneristica sia sempre stato presente:
noi per ora possiamo solo attendere che lo stato, nonostante i continui sabotaggi, riesca a realizzare nuovamente un’impresa che, forse, oltre 2 millenni fa aveva collegato alla penisola la sua grande isola più vicina, unendo quel che la natura ha diviso e che l’uomo tenta, ormai da troppo tempo, di riunire.
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