Di Chiara
L’ostinazione con cui si negano o ridimensionano le Foibe e l’Esodo giuliano dalmata affonda le proprie radici nell’impossibilità per un certo mondo culturale e per un tifo politico della più bassa caratura di fare i conti con il proprio passato; una caratteristica dei negazionisti/riduzionisti è quella di smantellare il giorno del ricordo, cercando in ogni modo di divulgare una storia edulcorata, lontana anni luce dall’effettiva realtà storica. Per questo genere di persone le vittime dell’odio comunista dei partigiani titini e dell’OZNA non esistono o al massimo se la sono cercata: la categoria degli innocenti non è minimamente contemplata.
Quest’anno, come nei precedenti 19 dall’istituzione della Giornata del ricordo, non sono mancate le solite critiche sterili provenienti da una certa fazione politica e ad essere preso di mira è stato lo sceneggiato prodotto dalla RAI “La rosa d’Istria”, ispirato al romanzo di Graziella Fiorentin “Chi ha paura dell’uomo nero?”.
Questa serie racconta della famiglia Braico che, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, si ritrova ad essere straniera nel proprio paese e che per sfuggire alla repressione titina deve abbandonare la propria casa. Una volta arrivati in Italia l’intera famiglia vive la triste condizione degli esuli, sradicati dalla loro terra e dalle loro abitudini e da tutto ciò che prima era la loro vita in una patria che avrebbe dovuto accoglierli e che invece li respinge.
Le contestazioni sono sorte quando la Rai viene accusata di essere “Telemeloni” e di fare propaganda per il partito di governo. Peccato non abbiano notato come la prima stesura dello sceneggiato risalga ad almeno tre anni fa, almeno un anno e mezzo prima dell’insediamento del governo Meloni. Rispondendo a ciò la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati ha sottolineato che in questo film il punto di vista storico sia opposto a quello comunemente accettato (ad esempio, i partigiani rossi fanno tutt’altro che la figura degli eroi) e che ciò sia una novità: “Il principio che guida Rai Fiction nella scelta dei soggetti è illuminare tutti gli aspetti della memoria di questo paese, a maggior ragione quando si tratta di storie poco raccontate come questa. L’Italia non ha ancora una memoria condivisa. Ma quando potrà mai averla, se non si parla di tutti, piuttosto che di una parte sola?”.
Un caso simile c’è stato nel 2018, dopo l’uscita di “Rosso Istria”, film che narra la tragica storia di Norma Cossetto, vittima simbolo delle follie partigiane. Anche in quell’occasione non mancarono i commenti inopportuni di negazionisti, che affermarono addirittura che la ragazza divenuta simbolo di tutti i perseguitati e, in particolar modo, delle donne violentate dai comunisti titini, non fosse mai esistita.
Purtroppo queste critiche non fanno altro che sottolineare come non si riesca ancora a distanza di 80 anni a fare pace con il proprio passato, declassando i morti infoibati a vittime di serie b, soprattutto nei confronti di altri eventi simili.
Le cause sono da ricercare anche nella storia politica italiana della seconda metà del secolo scorso, quando, ad esempio, esponenti del governo come il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, si recavano a piangere sulla tomba del ex Presidente della Jugoslavia Tito, che solo pochi anni prima aveva martorizzato il popolo italiano. Era necessario rinnegare i propri morti ed essere omertosi per salvare le apparenze, per evitare che qualcuno facesse domande scomode e che la realtà venisse a galla.
Ancora oggi nelle scuole medie italiane solo 5 libri di testo su 15 parlano dell’Esodo giuliano dalmata, mentre nelle scuole slovene e croate la pulizia etnica titina è direttamente censurata.
Inoltre, nelle ultime settimane è stata vandalizzata una macchina delle truppe della RAI che si sono recate in Slovenia per dei servizi inerenti alla Giornata del ricordo. Non sono poche le notizie di danneggiamenti e di furti anche nei confronti di monumenti e steli commemorative.
Non poteva mancare l’intervento sempre squallido e inopportuno dell’ANPI, che a seguito della diramazione alle scuole da parte delle Prefetture di direttive per formare e sensibilizzare gli studenti riguardo il Giorno del ricordo, ha definito ciò una “pratica faziosa e pericolosa” affermando come “non è vero che le Foibe riguardarono solo gli italiani, che pure furono i più colpiti, e non è vero che si trattò di pulizia etnica”.
Viste tutte le menzogne che vengono ogni anno riproposte da ANPI e compagni vari è necessario sottolineare e, soprattutto, accettare che quello delle Foibe non sia stato un fenomeno di nicchia, meno importante di altre pulizie etniche, che non si sia trattata di una ritorsione contro il Fascismo (le ritorsioni continuarono almeno fino al 1947, a guerra finita) e che l’unica colpa delle vittime sia stata quella di essere italiane.
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