Di Alessia
Ora più che mai osserviamo come la censura globale e la manipolazione dei media sia in grado di direzionare le masse a proprio piacimento, dovendo per necessità dar spazio agli interessi e alle politiche dei mezzi di comunicazione di massa, piuttosto che alla storia scritta e alla fattualità degli eventi.
Oggi puntiamo il dito contro Meta e il controllo che applica ai servizi di rete come Facebook e Instagram, e in particolare alla censura legale che da sempre, ma ancor di più in questi mesi, sta applicando nei confronti dei contenuti sulla repressione senza precedenti al popolo palestinese.
Pochi anni fa Zuckerberg aveva promesso un cambiamento in merito alle sue politiche di censura, oggi un rapporto di oltre 50 pagine di Human Rights Watch denuncia l’opposto…ci aspettavamo davvero qualcosa di diverso?
Negli ultimi mesi l’azienda ha messo a tacere le voci in sostegno ai diritti violati dei palestinesi su ogni social media, di cui sono documentati oltre 1050 tra i contenuti rimossi e censurati, per lo più divulgati dagli stessi cittadini, reporter e giornalisti, di cui ne contiamo 57 morti. Fonti che con la loro divulgazione hanno permesso a milioni di persone di vedere con i propri occhi i soprusi che la popolazione di Gaza subisce, e che hanno loro permesso di rivolgersi ai social media come strumento unico di sensibilizzazione, dibattito e condanna.
Meta si nasconde dietro le linee guida della community; Incitamento all’odio, organizzazione o individui pericolosi, bullismo e molestie, e applica restrizioni come mai prima, rimuovendo post, commenti, account, di cui la maggioranza dei contenuti sono di sostegno pacifico alla Palestina, provenienti da più di 60 paesi in tutto il mondo, o di critica al governo israeliano.
Tra i casi di segnalazione documentati, gli utenti presi di mira sono impossibilitati ad appellarsi alla restrizione del proprio account senza poter segnalare le violazioni immotivate imposte dalla piattaforma. Al contrario, sono invece molte le prove rimaste online di contenuti anti-palestinesi nonostante le segnalazioni;
Auguro a Israele il successo in questa guerra in cui ha ragione, spero che cancellerà la Palestina dalla faccia della terra e dalla mappa È stato segnalato a Instagram il 26 ottobre 2023 e ritenuto dalla piattaforma coerente con le linee guida della community,
…tu e la tua gente avete fatto abbastanza per rendere il mondo un posto più schifoso per decenni. Restate nei vostri paesi di merda islamisti e state lontani dal resto di noi, segnalato ad Instagram il 24 novembre 2023 e riscontrato che non viola le linee guida della community.
Nel mese di novembre viene approvato in parlamento israeliano un emendamento alla legge antiterrorismo del 2016, che riporta il consumo di materiale terroristico un reato penale, permettendo a Israele di definire chiunque voglia come terrorista. In seguito alla sua approvazione, il rapporto ha evidenziato come almeno in 251 casi di civili ammoniti e sottoposti a interrogatorio, di cui 132 casi arrestati per attività terroristica, rientrassero per la gran parte nel diritto della libertà di espressione, che nulla ha a che vedere con il consumo di materiale terroristico.
Contrariamente alle politiche che Meta divulga e alle sue responsabilità, la rimozione dei seguenti contenuti è sistematica e globale. Quella a cui stiamo assistendo sembra essere la più grande ondata di repressione di contenuti sulla Palestina fino ad oggi. Mettere a tacere arbitrariamente l’informazione senza spiegazioni è l’ennesima modalità adottata dalla piattaforma per abusare dei diritti umani e della libertà di espressione.
Secondo i principi guida delle Nazioni Unite, aziende come Meta hanno la responsabilità di esaminare e affrontare l’impatto che la loro attività ha nei confronti dei diritti umani, garantendo che le decisioni di rimuovere i contenuti siano oltre che trasparenti anche applicate secondo le politiche redatte e soprattutto in maniera coerente. Così però non accade, come dimostrato la censura Meta non è infatti neutrale ma applica in maniera deliberata.
Meta dovrebbe iniziare a esaminare le modalità di moderazione dei contenuti che altro non fanno che censurare le voci a sostegno dei palestinesi in un periodo storico di crisi e bisogno di supporto internazionale. Queste sono le responsabilità che hanno le grandi piattaforme nella società civile, che di civile ha ormai molto poco perché complice del meccanismo che alimenta questa politica social altrettanto pericolosa e sanguinaria.
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