di Cippa
Tra Anelli del Potere, vari scandali di autori che scrivono seguiti del Signore degli Anelli e un ritorno del gusto per il fantasy che di conseguenza riporta in auge uno dei suoi fondatori e massimi esponenti di Tolkien si sta parlando tanto, quasi troppo. Sarebbe bello che tutti quelli con cui ho parlato in questi ultimi due anni di una serie di questioni relative a tale autore ne avessero letto un libro, quantomeno avessero visto i film di Peter Jackson. Nulla. Zero di zero. E già qui c’è qualcosa che non torna.
Poi mi sono ritrovato a leggere di qualche grande studiosa di Tolkien che scriveva più o meno: “In Tolkien il significato è che se si uniscono tutti i popoli vincono il male, quindi era l’antirazzista per eccellenza”. Non voglio esagerare, mai dire mai, però un inglese nato in Sudafrica a fine ‘800 non penso avesse esattamente il nostro concetto di Diritto Umano. Non ho detto fosse razzista, prima che qualcuno metta in bocca parole: ritengo solo assai improbabile che avesse la stessa linea di pensiero della sinistra arcobaleno di oggi.
Di Tolkien si sta parlando sempre in relazione alle interpretazioni politicizzate nell’ultimo periodo, mai veramente tenendo in conto la sua opera per quello che è. Chi ne parla dovrebbe ricordare che, a prescindere da quello che si vuole andare a leggere tra le righe delle sue opere, si sta confrontando con un genio: un creatore di un mondo, di una mitologia, di un cosmo, di nuove lingue e chi più ne ha più ne metta. È a tutti gli effetti da annoverare tra i più grandi autori del ‘900, altrimenti di sicuro non avrebbe animato a tal punto i giorni nostri scaturendo ancora dibattiti e polemiche sulle sue opere. Nel Signore degli Anelli troviamo esempi e topoi letterali di altissimo livello, non solamente per i fan del fantasy: ricordo un mio insegnante, critico di Dante e Petrarca che in delle lezioni su Virgilio fece per quasi un’ora un parallelismo tra Enea ed Aragorn. Penso che quando gli studiosi dei grandi Classici spendano ore di ricerca per costruire simili confronti un motivo alla base ci sia.
Certamente in Italia adesso tanto la sinistra quanto la destra tanto belle e moderate sbraitano per appropriarsi i “diritti d’autore” di Tolkien in base alle loro interpretazioni del Signore degli Anelli: mi sembrano da una parte gli Orchi di Mordor e dall’altra un Denethor decadente, simile al film più che al libro. Entrambi per diversi motivi deleteri al Regno di Gondor, andrebbe loro ricordato che mentre si sbraita di politica ci sono occhi di fuoco ad Oriente e ad Occidente e ben poche Compagnie dell’Anello che, seppur inferiori in numero tengono nel cuore una tale forza che sono pronte a vincere contro l’immondizia che stanno lanciando nel mondo.
Quindi, tralasciando la politica attuale, prendiamo Tolkien e leggiamolo con intento di comprenderne i principi che porta, non assoggettandoli a filtri moderni e anacronistici. Non penso ci sia interpretazione migliore di quella letterale per il Signore degli Anelli, il Male e il Bene sono talmente definiti e nitidi che è difficile sbagliare: se si apprezza Tolkien e si vuole prenderlo da esempio bisogna diventare la Compagnia dell’Anello. Elite di purezza e coraggio pronta ad affrontare nemici apparentemente inarrestabili con la determinazione per una causa e un ideale che vanno oltre il guardare il proprio piccolo orticello nella Contea o le proprie bianche mura a Minas Tirith: sconfiggere il Male per salvare il Regno degli uomini scagliandosi nell’ultimo disperato assalto per permettere a un piccolo hobbit di portare a termine il suo incarico.
Ultimo promemoria: le aquile arrivano sempre, nei momenti impossibili e apparentemente insuperabili il Bene vince. Arriveranno anche le nostre.
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