Di Andrea
Il prossimo 30 agosto verrà presentato in anteprima mondiale alla ottantesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il nuovo film diretto da Edoardo De Angelis, con protagonista Pierfrancesco Favino, dal titolo “Comandante”, sulla storia di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini durante la Seconda guerra mondiale. La pellicola, che aprirà ufficialmente la rassegna, porta davanti al grande pubblico un fatto sconosciuto ai più, non senza far discutere. La trama racconta di un attacco subito, il 16 ottobre 1940, a guerra iniziata da qualche mese, dal sommergibile della Regia Marina italiana da parte di una nave belga, la quale trasportava pezzi di ricambio destinati all’esercito britannico, che, in seguito a questa azione, viene affondata. Il film si concentra sulle conseguenze di questo attacco, con il comandante Todaro che raccoglie a bordo i ventisei soldati belgi, per poi lasciarli nel porto più vicino, nelle Azzorre. Su questo scenario, Sandro Veronesi, cosceneggiatore e autore del libro, già uscito, basato sul fatto, ha trovato la forza di instaurare un paragone fantasioso con l’operato delle Ong in materia di immigrazione: “Il salvataggio in mare è obbligatorio. Quella regola vale sempre. […] Secondo me quel che getta disonore sul nostro popolo è questa guerra alle Ong.”, e ancora “Lavorare a questo film è stato rispondere a dei tempi che non mi piacevano, per come l’Italia si stava comportando nel mondo”.
Un insieme di legittimare, attraverso assurdi tentativi (per altro mal riusciti) la parabola di un personaggio che nulla ha che fare con chi ha intenzione di manipolare la sua figura per meri calcoli politici. Ma chi era davvero Salvatore Todaro? Può davvero la sua vita essere accostata a chi oggi mette in atto un deliberato favoreggiamento all’immigrazione di massa? Todaro nacque a Messina nel 1908, in seguito crebbe a Chioggia, per poi entrare, nel 1923, all’Accademia navale di Livorno. Fin dalla sua giovane età ottenne diversi incarichi nei ranghi della Regia Marina: dal 22 maggio 1937 assunse per la prima volta il comando di un piccolo sommergibile al largo delle coste spagnole durante la guerra civile e di altri due sommergibili tra il 1938 e 1940. Il primo luglio 1940 prese il comando dei sommergibili Luciano Manara e del Comandante Cappellini, i quali allo scoppio della guerra si impegnarono a bloccare le rotte marittime tra Usa e Regno Unito. In seguito all’affondamento del Cappellini, nel gennaio del 1941, causato da un piroscafo armato inglese, Todaro chiese con grande insistenza il trasferimento alla Xª Flottiglia Mas, con la quale partecipò alle operazioni sul fronte orientale, dove si distinse per ardimento ottenendo la terza medaglia d’argento al valor militare. Il 13 dicembre 1942, al comando del Cefalo, al largo della Tunisia, venne attaccato dagli inglesi e a soli 34 anni perse la vita eroicamente.
Salvatore Todaro era un fascista, un eroe militare, un uomo che amava così follemente la propria patria da difenderla ardentemente, donando per questo la sua stessa vita e che sicuramente non può essere paragonato a chi oggi contribuisce ad un’invasione programmata. La sua scelta di salvare i superstiti dei suoi cannoni, cosa che fece almeno in un’altra occasione, fu dettata dal nobile spirito di giovane fascista, l’opposto di chi recupera “nuovi europei” direttamente dalle loro case. Le sue celebri frasi con cui spiegò la sua opera di aiuto, al tempo addirittura premiata e riconosciuta dal governo fascista ma non apprezzata (sembrerebbe) dall’alleato tedesco, vengono ora distorte dal politicamente corretto. Il comandante rispose con una frase: “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”. Una verità lapidaria, simbolo di identità, coraggio e virtù tipiche del periodo, e che nella mediocrità odierna, nessuno può dirsi degno di fare sua.
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