Di Luca

La transizione ecologica è parte integrante della agenda progressista europea e mondiale, transizione fondamentale per i profitti di una certa élite nonché una trovata interessante per non disabituare la collettività al clima da emergenza che si respira dall’undici settembre a questa parte.

Non c’era da sorprendersi come due giorni fa, in seguito al nubifragio, si siano prontamente destati i paladini del green puntando il loro dito inquisitore e gridando “Ve lo avevamo detto!”. Non aspettavano altro…

Dopotutto non servono grandinate, tornado e tempeste come quella degli ultimi giorni, basta molto meno: una giornata particolarmente calda o una giornata particolarmente fredda ed ecco che il meccanismo giornalistico del “procurato allarme” si mette in moto.

Questo sistema di allarmismo mediatico vive con l’eccezione, con l’inusuale e l’occasionale per  creare una emergenza e fare leva sulle menti di chi, o per cieca fiducia o per scarso interesse di approfondire, si affida alla narrazione da loro fornitagli.

L’Italia è al 62° posto al mondo per emissioni pro capite di CO2 ma non leggiamo questo nelle principali testate giornalistiche (Repubblica per citarne una). Tuttalpiù si enfatizzano gli eventi climatici che purtroppo hanno colpito la nostra nazione e se ne da la colpa al cittadino medio. Tutto ciò da vita ad una isteria generale che legittima o fomenta anche quella “forza militante” tristemente nota, composta da sfigati che imbrattano i monumenti o bloccano le autostrade, della quale abbiamo già parlato in altri articoli.

Ora non si vuole aprire un dibattito scientifico sul clima, ma si vuole invitare a riflettere sul fatto che i tempi siano drasticamente cambiati e come le cose forse non torneranno più come prima. Il campo scientifico si è spaccato in due, da una parte vi è chi resta fedele al metodo, allo studio, cercando in maniera nobile una risposta mettendo anche in dubbio le proprie scoperte. Dall’altro lato vi è chi, per il giusto prezzo, si adopera per trasformare una tesi in una evidenza scientifica, in un dogma inconfutabile a sostegno di una certa narrazione.

Come si potrebbero altrimenti legittimare profondi cambiamenti sociali, economici e politici? In poche parole forniscono lo zucchero per addolcire la pillola di un cambiamento che richiederà sacrifici e privazioni al cittadino medio. Dietro alla “necessità” della transizione energetica vi è un business miliardario. Guarda caso il cambiamento climatico torna protagonista delle prime pagine proprio quando si parla di stop alla vendita di auto endotermiche nel 2035.

E poi solo il profumo del denaro spiega perché al posto della soluzione Nucleare certuni sostengono essere più Green riempire il territorio di ecomostri eolici e fotovoltaici.

Ci sono persone estremamente competenti che parlano dell’argomento, ad esempio il premio nobel per la fisica John F. Clauser, che ogni giorno devono scontrarsi con gli studiosi al soldo della grande finanza ed ancor peggio con la censura e le stravaganti etichette. Se la scienza non accetta confronto non può essere definita tale.

La stessa spaccatura che si è verificata con il covid, dove poco importa se non si hanno evidenze scientifiche basta solo aggrapparsi a quei dati che avvalorano una certa tesi, tutto il resto è complottismo o negazionismo. Il clima varia secondo una infinità di variabili ed al momento quella a cui si aggrappano per gridare alla fine del mondo è un aumento di poco meno di 1°C della temperatura globale e lo associano  brutalmente alle emissioni prodotte dall’uomo.

Gli eventi climatici estremi si sono sempre verificati e le testimonianze ci vengono tramandate nei testi storici, ne è un esempio il diluvio universale, con la differenza che la causa, un tempo chiamata ira divina, oggi si chiama cambiamento climatico.