Di Andrea
In seguito agli ultimi accadimenti nello scenario geopolitico del conflitto tra Russia e Ucraina e dei conseguenti sviluppi riguardanti il rapporto tra la Compagnia militare privata “Wagner” e il Cremlino, in merito ai quali non si approfondirà la questione, il dibattito teorico-politico sulle milizie mercenarie ha ritrovato uno spazio che sembrava ormai anacronistico. Molto si è detto, ma raramente l’opinione pubblica ha affrontato visceralmente l’argomento e, come spesso accadde, l’azione più utile è quella di affidarsi, cercando di riattualizzare, a chi ci ha preceduto.
L’argomento delle compagnie di ventura e dei soldati mercenari è stato ampiamente affrontato da Niccolò Machiavelli, politico, filosofo e molto altro, il quale, nella Firenze dei primi decenni del ‘500 ha contribuito a fondare la scienza politica moderna.
Machiavelli, all’interno de Il Principe, nel capitolo XII intitolato “Di quante ragioni sia la milizia e de’ soldati mercenari”, tratta approfonditamente la questione. Il segretario fiorentino indica come principali fondamenti dello Stato “le buone legge e le buone armi”, convenendo come sia impossibile avere buone leggi senza un esercito ben strutturato e viceversa; conseguentemente afferma come “le mercennarie e ausiliarie sono inutile e periculose”, spiegando come uno Stato fondato su di esse non possa mai essere né saldo né sicuro dal momento che le stesse sono “disunite, ambiziose, sanza disciplina, infedele, gagliarde in fra gli amici, in fra’ nimici vile”, condizioni causate dall’avere solamente lo stipendio come unica ragione di unione a un principe. Nel proseguo del capitolo, Machiavelli afferma ancora come gli stessi “capitani mercennari”, anche nel caso siano uomini virtuosi “non te ne puoi fidare perché sempre aspireranno alla grandezza propria”.
Anche all’interno dei Discorsi, capitolo XX libro II, intitolato “Quale pericolo porti quel principe o quella repubblica che si vale della milizia ausiliare o mercenaria”, afferma ancora in modo lapidario “quanto sia inutile la milizia mercenaria e ausiliare, e quanto utile la propria”. In questo passo spiega come “di tutte l’altre qualità dè soldati gli ausiliari sono i più dannosi; perché in essi quel principio o quella repubblica che gli adopera in suo aiuto non ha autorità alcuna, ma vi ha solo l’autorità colui che gli manda”, e ancora, come questi soldati “vinto ch’eglino hanno, il più delle volte predano così colui che gli ha condotti come colui contro a chi è sono condotti; e lo fanno o per malignità del principe che gli manda o per ambizione loro”.
In un’epoca nella quale le strutture dello Stato-Nazione si stanno sgretolando, dove ogni ambito pubblico viene svenduto e privatizzato, compreso quello relativo alla violenza, la prospettiva di un mondo governato da superpotenze private, dove anche la guerra sarà interamente assegnata al privato, è sempre più attuale. La riflessione di Machiavelli sul primato politico del pubblico, dell’interesse comune sui particolarismi e individualismi e della forza dello Stato, inteso come comunità, sul privato, può e deve essere uno strumento per arginare queste tendenze entropiche di dissoluzione.
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