Di Sergio

Se gli Ucraini combattono per la Nato e Black Rock soltanto perché ricevono armi da alcune Nazioni occidentali, Mussolini e il Fascismo non hanno fatto la rivoluzione nazionale ma hanno difeso gli interessi industriali; Garibaldi e Mazzini non hanno fatto l’Italia indipendente ma aiutato gli inglesi nel Mediterraneo; l’Italia non ha combattuto sul Piave per riprendere Trento e Trieste italiane ma per difendere il mondo liberale di Giolitti ed impedire all’Austria di avere i suoi “legittimi” territori.

Questa è la sostanza a cui arriva il ragionamento filo-russo riportato sulla storia. Uno s-ragionamento in realtà, che nell’anti-americanismo tout-court finisce per schiacciare ogni complessità in una dialettica profondamente antifascista, perché scambia la causa internazionale con quella nazionale ed arriva perfino a scegliere l’internazionale globalista di “sponda asiatica” per pura e semplice partigianeria di stampo conservatore. Questo sragionamento arriva a sostenere che i popoli non esistono per volontà degli stessi, ma esistono per i trattati, le “concessioni” dall’alto, con la stessa spocchia di un Klemens von Metternich – che definiva l’Italia come “una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle” – questi antifascisti di destra sostengono che “l’Ucraina non esiste”. Cosa state dicendo?

A noi, che ancora piace il ragionamento nella complessità e non nella faciloneria che abbraccia qualsiasi “messia” purché non si debba impegnare personalmente, arriviamo a riconoscere che Metternich aveva sia ragione, sia torto. Spieghiamoci: i popoli possono esistere nell’idea ma non nella carne. Tale è stata l’Italia almeno fino alla Grande Guerra e al Fascismo (già, perché i “trattati” come dicevamo non stabiliscono nulla nel sangue, figuriamoci le unità amministrative, l’Italia era stata fatta ma mancavano gli italiani che sapessero incarnarne la missione rivoluzionaria e il principio originario). Con la stessa possibilità che si continui ad esistere solo nell’immaginario, può accadere la transustanziazione dell’idea nella carne: è allora che un Popolo che esisteva nelle idee, nella lingua e nella cultura diventi reale con la stessa legittimità di un impero millenario. I popoli esistono da questo preciso istante del loro divenire storico, quando l’idea rivoluzionaria ed originaria si incarna nelle azioni di una comunità prima soltanto “ideale” e più o meno grande. Può avvenire tutto insieme – come nell’atto fondativo di Roma – o può avvenire a tappe e riprese (come il caso italiano), può fallire e può riuscire come tutte le maree delle cose umane. Non può quindi il Fascismo in quanto movimento “risorgimentale” romano, italiano ed europeo, non riconoscere nelle grandi guerre un movimento di élite e popoli rivoluzionari contro élite e popoli conservatori.

Leggere le guerre come scontro tra blocchi “esterni” alla nostra volontà significa aver vanificato il sangue del Monte Grappa e di El-Alamein, significa riconoscere legittima la spartizione dell’Europa operata a Yalta sulle macerie di Roma e Berlino, significa abbandonarsi all’internazionale globalista di sponda atlantica e di sponda asiatica che riconoscono i popoli soltanto come espressioni geografiche, anzi, come categoricamente e aprioristicamente falsi nella migliore tradizione marxista e giudaico-cristiana. “Quel popolo non esiste” è la più grande professione di antifascismo dei tempi moderni. Il popolo Siriano non esiste soltanto perché la Siria è frutto della spartizione operata sulla carcassa dell’Impero Ottomano? Il popolo ungherese non esiste soltanto perché frutto dello sfaldamento austriaco? O esistono perché sia il primo che il secondo hanno combattuto a più riprese contro gli imperialismi per una volontà di esistenza superiore ad ogni contingenza? Hanno combattuto “per gli americani” i Mujaheddin che hanno sfidato per un decennio l’Armata Rossa in Afghanistan?

Per altro, questo stesso errore d’interpretazione fu fatto dal Partito Socialista Italiano – all’alba del 1914 – quando miope sugli avvenimenti scambiò la guerra per una bega borghese, ignorando la potenza rivoluzionaria che viveva nelle trincee malgrado le alleanze, gli allineamenti e le classi. Ignoranza? O dovevano difendere quel sistema democratico e parlamentare in cui si erano inseriti? Forse entrambe, ma è sostanzialmente lo stesso ragionamento dei partigiani che nel 1943 hanno scelto un blocco internazionale conservatore e reazionario invece delle Nazioni che marciavano per la rivoluzione nazionale e sociale in tutta Europa. Chi invece conosce la storia come un’avventura, come l’irruzione dell’assurdo nei sistemi lineari del tempo e dello spazio, chi crede “niccianamente” alla potenza trasfigurante dell’azione sa benissimo dove sta pulsando il cuore dell’Europa – e oggi come cento anni fa – sa dove si sta cambiando il volto dell’universo. Non esistono popoli eletti, popoli divini investiti di un’autorità morale superiore. Chi vede nella Russia tutto questo è fanatico e cieco al pari di chi vede negli Stati Uniti ed Israele “le più belle democrazie del mondo”. Esistono i popoli volontari, quelli fondati sulla necessità di esistere e perseguire il proprio imperativo ad ogni costo contro le minacce interne ed esterne, per uno scopo originario e rivoluzionario. Esiste la missione che un popolo si dà, ed è questa missione e l’arte “di condursi nell’universo e di sapersi battere se ciò diviene necessario” (Goethe) a qualificarlo, elevarlo o distruggerlo. E non capire che questi popoli esistono malgrado i governi, significa avallare lo stesso ragionamento di chi vede nell’Italia un popolo di traditori perché ogni governo dal 1943 è sorto sul voltafaccia dell’8 settembre. I popoli esistono e scompaiono nella volontà.

I popoli si fondano nella trincerocrazia, nei proscritti, negli arditi e nei volontari. I veri protagonisti delle rivoluzioni di ogni tempo. Le rivoluzioni Fasciste: sociali e nazionali, sacre ed originarie. Immaginarie – aggiungiamo – perché richiedono lo sforzo di pensare nuove forme oltre gli schemi dogmatici e lo sforzo di tenerle in movimento permanentemente. Ogni comunità, ogni popolo, ogni Nazione, prima di vivere deve essere immaginata (che non vuol dire “non esistere”, ma essere fondata prima nell’anima: Stato Etico, Evola e Gentile vi dicono ancora qualcosa?) poi fortemente voluta. Ed esiste dall’esatto momento in cui una compagnia di ventura, un eroe, un esercito o un manipolo si battono per crearlo o ri-crearlo nel presente. Siamo gli Europei di Annecy, o quelli di Kharkiv? Quelli delle Ong o quelli di Revanche? Quelli di Mosca e Washington o quelli di Roma? Noi lo sappiamo, noi “buoni europei”, noi che “la sentiamo ancora, tutta la pena dello spirito e la tensione del suo arco”.