Di Luca

21 febbraio 2023 la terra torna a tremare in Siria ed in Turchia. Un altro sisma ed altre vittime che vanno ad aggiungersi alle decine di migliaia del più tragico terremoto di qualche settimana prima. Una tragedia non troppo distante da noi e che dovrebbe portare alla memoria ciò che accadde pochi anni fa all’Aquila ed in Emilia, specialmente quando si parla di fondi per l’edilizia scolastica.

Ad oggi in Italia nei comuni a maggior rischio sismico vi è solamente 1 edificio scolastico su 4 (25%) che rispetti i criteri antisismici.

In molti comuni questa percentuale è ben più bassa rasentando il 3%, ad esempio nel capoluogo di Reggio Calabria in cui solo 3 edifici su 107 sono a progettazione antisismica.

Solamente il 2% degli edifici sono stati adeguati sismicamente, ai quali si aggiunge un esiguo 7% degli edifici che furono progettati  inizialmente rispettando tali criteri.

Su una scala di rischio da 1 a 4 le scuole comprese nelle zone 1 e 2 dovrebbero essere adeguate o costruite in modo da poter sopportare senza esiti catastrofici un terremoto.

Tali numeri descrivono una situazione inaccettabile per i circa 4 milioni e 300.000 ragazzi che ospitano tali strutture in zone di medio ed elevato rischio sismico.

A questo problema vanno poi ad aggiungersi i restanti problemi strutturali che hanno visto gli istituti come tristi protagonisti di svariati episodi di crolli negli ultimi anni. Non da meno i problemi di riscaldamento che puntualmente tornano ogni anno, figli della vetustà di impianti e strutture, si pensi che in istituti della Bergamasca si sono toccate temperature basse fino a 11°C nelle classi. Alla triste lista si aggiunge una lunga serie di altre problematiche sulle quali sarebbe necessario agire in vista, se non di una rifondazione , quanto meno di un risanamento del sistema scolastico.

Il ministro Valditara a dicembre ha annunciato un investimento di 2 miliardi e 3 milioni di euro per l’edilizia scolastica, in buona parte fondi provenienti dal PNRR.

Non ci resta ora che monitorare e vedere se effettivamente tale investimento riesca a soddisfare le necessità sopra descritte. Sempre che la gran parte dei fondi non vadano a perdersi nel turbine della burocrazia, come acqua che scorre in una conduttura bucata ed al termine della corsa solo poche gocce rimangano per rinfrescare gli istituti di nuova vita.

Se il caro ministro pensasse così di ripulirsi la faccia, non ci si dimentichi dei tagli che sta continuando a perpetrare, seguendo passo dopo passo la “agenda Draghi” che farà piombare l’Italia in fondo alla classifica europea per spesa pubblica devoluta all’istruzione. D’altronde cosa aspettarsi da chi nel 2008 contribuì a scrivere la riforma Gelmini…