di Enrico
Ecco una domanda bella spinosa: esiste il principio di autorità? E, soprattutto, è legittimo criticare i grandi pur non essendo al loro livello?
La risposta immediata potrebbe essere questa: certo che no! Figuriamoci se chiunque tra noi può permettersi di criticare chi ad un determinato argomento ha dedicato una vita intera o una carriera accademica. E invece, questo è uno di quei casi in cui la risposta immediata ed emotiva non basta.
Per snocciolare meglio la questione è opportuno dividere questa breve riflessione in tre punti:
- Il pensiero, filosofico, scientifico e letterario, è andato avanti nel suo processo evolutivo proprio perché molti (spesso gli stessi allievi dei “grandi”) hanno avuto il coraggio di alzare la mano e di contraddire i maestri. E questo è possibile anche per un’altra caratteristica propria del pensiero umano (in particolare di quello filosofico); nessuno, per quanto grande sia il suo contributo alla conoscenza umana, ha la presunzione (o ce l’ha molto raramente) di avere la verità definitiva in tasca, sin dalla grande ammissione socratica di “sapere di non sapere”. E questo si è concretizzato in quasi tutta la storia del pensiero scientifico-filosofico. Un esempio su tutti; nella Critica della Ragion pura Immanuel Kant, massimo ed ultimo esponente dell’Illuminismo, giunge ad una conclusione per certi versi simile a quella socratica: la nostra conoscenza, entro i limiti della sola ragione, è estremamente limitata. Ciò che possiamo conoscere si limita al campo del fenomeno, ciò che ci si manifesta, del noumeno, ciò che non ci si manifesta, non possiamo sapere assolutamente nulla allo stato attuale delle cose. Non a caso, questa parte della Critica della Ragion pura è nota anche come “filosofia del limite”. Se il primo passo verso la conoscenza, da Socrate a Kant, è l’ammissione dell’ignoranza, come si può pensare che un “grande” abbia la verità assoluta?
- Nessuno è tanto “grande” dall’essere esente dalla possibilità di sbagliarsi, giacché se così fosse noi dovremmo ancora basarci sulla fisica aristotelica (superata da Galileo) in campo scientifico, o sul creazionismo (superato da Darwin), solo per il fatto che consideriamo “grandi” coloro che ci hanno preceduto.
A questa affermazione si potrebbe obiettare che queste critiche sono state mosse da “grandi” ad altri “grandi” e quindi il ragionamento cadrebbe all’istante. Ma così non è: noi riteniamo grandi Galileo e Darwin in virtù proprio delle loro critiche ad altri ritenuti “grandi”. Prima di muovere tali critiche, Galileo era uno scienziato come tanti ce ne erano al suo tempo; è la sua critica innovativa ad averlo fatto passare alla storia.
- Questo naturalmente porta un corollario; le critiche vanno fatte cum grano salis. Per avere validità non possono essere fondate sul nulla. Per quanto ciò possa sembrare paradossale, esse devono anche essere a loro volta falsificabili, ossia deve essere possibile smentirle: motivo per cui Karl Popper riteneva il marxismo una pseudo-scienza al pari della psicanalisi, proprio perché tali teorie non sono falsificabili e ad ogni smentita da parte dei fatti, i loro sostenitori possono formulare delle ipotesi ad hoc per giustificare il fallimento di tale teoria, ma questo è un altro paio di maniche.
Dunque, alla luce di quanto abbiamo detto sino ad ora, possiamo rispondere alle domande da cui siamo partiti.
Esiste il principio di autorità? No, esiste altresì l’umiltà da parte di chi muove la critica nei confronti del “grande” in questione e soprattutto la cognizione di causa richiesta a chi muove la critica, anche se non è al livello di chi viene criticato. Ma ciò deve avvenire, appunto, cum grano salis.Insomma, possiamo dire che esiste un giusto mezzo che distingue l’uomo acuto dall’arrogante.
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