Di Michele

L’involuzione dell’area ha portato ad un modo di pensare dogmatico, compassato e privo di vita. Come i pussisti contro cui si battevano gli squadristi, inseguire una teoria è diventato più importante di comprendere il reale e di “andare verso la vita” (d’Annunzio). Questo contro l’anti-intellettualismo del primo fascismo e di Mussolini, della “dottrina dell’azione”, del “«me ne frego» scritto sulle bende di una ferita” che “è un atto di filosofia non soltanto stoica, è il sunto di una dottrina non soltanto politica: è l’educazione al combattimento, l’accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano” (Dottrina del fascismo). Scrive Gabriele Adinolfi nel suo recentissimo Destra terminale:

Il rapporto mentale con il Duce e con l’intero passato si è andato man mano sclerotizzando in senso mortifero, smarrendo il fondamentale. Sono nati così dogmi rigidi e si è preso a ragionare proprio come gli antichi compagni di Mussolini, quelli che ruppero con lui quand’egli colse la valenza rivoluzionaria della Nazione. I pussisti come li chiamava lui – da partito socialista unitario – si dimostrarono una massa di inutili, ottusi, incapaci di cogliere la realtà cui opponevano concetti preconfezionati (se la realtà non si adatta alle nostre idee tanto peggio per la realtà, aveva detto Lenin). Insulti, anatemi, dogmi, scemenze binarie: tutto questo attanagliò l’intero movimento socialista dal 1914 al 1925 e questo attanaglia oggi i residui marginali dei presunti eredi di Mussolini, che ne stanno invece incarnando precisamente lo spirito opposto. Che si definiscano tradizionalisti, sovranisti, rossobruni e chi più ne ha più ne metta, cambia poco: è il fatto stesso che si definiscano e immancabilmente con formule ideologiche assolute – peraltro mai verificate nel reale – che li rende cadaveri che respirano, come i pussisti di allora, come gli antifa.

Antidoto a questo immobilismo a questa pigrizia di pensiero è proprio Ezra Pound. Accanto a lui potremmo mettere il futurismo di Marinetti con le sue polemiche contro passatismo, musei e professori, o andando ancora più indietro Nietzsche che fu innanzitutto filosofo della vita contro la falsità di secondi mondi idealistici e la noia puntigliosa dei filologi.

Questa dimensione di Pound potrebbe sembrare inizialmente nascosta dalla sua stessa produzione poetica. A una lettura superficiale il Pound poeta potrebbe sembrare malato di citazionismo e di eruditismo. La sua stessa produzione nasce con la lettura dei trobadori provenzali e degli stilnovisti italiani, tanto che il suo stesso italiano è infarcito di arcaismi. I Cantos sono uno scavo incredibile nella tradizione europea, americana e perfino confuciana. Non solo, nello sperimentalismo dei Cantos con l’irrompere di temi economici con tanto di elenchi e dati che poco sembrerebbero avere a che fare con la poesia potrebbero apparire come un esercizio intellettuale eccessivo. Una incomprensibilità che solitamente riconosciamo nell’astrattezza di un certo modo di fare avanguardia snob ed elitista nel peggior senso. Questi elementi fanno effettivamente parte della produzione poundiana, ma in Pound c’è un costante sforzo per superarli. I Cantos sono un poema incompiuto – tanto che ci sono più versioni dei versi finali – e in questo sta la loro grandezza e il loro limite. È quanto fa appartenere Pound al proprio tempo, ma in essi c’è anche qualcosa che lo supera e va verso l’eterno (“Ho provato a scrivere paradiso”).

A darci una diversa idea di Pound è la sua stessa vita. Un Pound libertario “tatuato con geroglifici cinesi” per come se lo immagina un altro irregolare come Charles Bukoski. Per Adriano Scianca quella di Pound è una vita vissuta all’avventura e sfidando le convenzioni:

È davvero un peccato contro la nostra epoca che i più abbiano una visione così convenzionale del poeta che una sera si trovò a ballare il tip tap per le calli di Venezia; che per non tradire gli amici si incasinò la vita litigando con un burocrate dell’ambasciata; che ha rivoluzionato il modo di tradurre testi stranieri in Occidente; che trovava il lato confuciano nei film Disney; che si è trovato a far poesia con i geroglifici; che riceveva hippy e neonazisti insieme, dentro a un manicomio; che aveva un amico che faceva filosofia con un tirapugni e un altro che suonava con la rivoltella appoggiata sul pianoforte; che ha denunciato il crimine del debito e della creazione di denaro; che ha fatto battute su Elvis; che, da professore, andava a scuola con le calza arancioni o viola; che mentì in tribunale per salvare un amico colpevole di essere entrato ubriaco nell’albergo sbagliato, aver cercato di sedurre la moglie del portiere e aver preso a calci la polizia; che un giorno, a tavola con Lawrance, mangiò una rosa rossa (o era un tulipano?); che denunciò lo scontro di civiltà prima e meglio della Fallaci…

D’altronde, Pound è il poeta delle “ideas into action. All’inizio, per definire un modo di pensare dogmatico e astratto abbiamo tirato in ballo anche la pigrizia. Quando parliamo di intellettualismo o di un approccio professore non intendiamo un eccesso di pensiero, anzi ci riferiamo ad una sua mancanza. Rifugiarsi in teorie assolute e preconfezionate significa crearsi un alibi per non pensare e non confrontarsi con la realtà. Non dobbiamo entrare nella trappola di uno schematismo tra ragione e azione, tra culto delle idee e culto della vita, tra corpo e mente, come se da una parte ci fossero topi di biblioteca e dall’altra energumeni acefali. Al contrario, la divisione è tra chi ha una visione agonale della vita e chi ne ha una vigliacca. In Pound c’è sempre uno sforzo per confrontarsi con il mondo circostante, mettendosi in gioco. Pound distingue tra ideé fixe e quelle dei geni o quantomeno degli uomini sagaci: “un’ideé è un’idea morta, immobile, rigida, laccata, campata in aria. Le idee dei geni, o degli ‘uomini sagaci’, sono organiche e germinali, sono il «seme delle scritture»”. Questo è anche un modo per sprovincializzarsi, per acquisire una maggiore ampiezza di pensiero e che ritrova anche nel fascismo tanto da ritenerlo “il primo movimento antisnob verificatosi in questa penisola dai tempi di Catone il giovane. Se vogliamo trovare una definizione di cos’è per Pound il provincialismo, possiamo citare quanto afferma in Provincialismo, il nemico: “il provincialismo è più che ignoranza, è ignoranza più brama di uniformità”.

Per cercare di dare una sintesi, in Pound c’è una visione della cultura come qualcosa di vivo. Un corretto modo di pensare è quello che si pone delle sfide, che non si limita a formule preconfezionate, che vivifica le proprie teorie attraverso l’agire e l’esperienza, che non si accontenta degli accademismi ma osserva e contempla la realtà al modo degli antichi, è un pensiero ordinato perché organico e non perché schematico. Tutto questo presuppone un’assialità ed un’etica che Pound trova in Confucio, nell’Asse che non vacilla. Un esempio di tutto questo lo possiamo trovare nel metodo del “dettaglio luminoso”, ovvero nello studio attraverso dettagli strategici per la comprensione, quindi non mere nozioni equivalenti. Anche gli sforzi di Pound da economista vanno in questo senso, sia perché vede nell’economia qualcosa di necessario per capire ciò che lo circonda, sia perché applica questo stesso metodo anche all’economia.

Arrivati a questo punto non dovrebbe sorprenderci che questa dimensione di Pound come educatore non sia presente solamente in una dimensione ideale, ma si traduca in qualcosa di concreto. Già titoli come L’abc del leggere o L’abc dell’economia testimonia questo sforzo. Sul lato letterario, Pound non si contentò di essere il più grande poeta del suo secolo, ma educò alla poesia e allo stile un’intera generazione. Alcuni dei principali capolavori del novecento come l’Ulysses di James Joyce o La terra desolata di T. S. Elliot, sono fortemente debitori di Pound, tanto che quest’ultimo gli dedico i versi danteschi di “miglior fabbro” che a sua volta il poeta fiorentino aveva dedicato al provenzale Arnaut Daniel. O ancora “Hemingway affermava che sostenere di fare poesia senza essere influenzati da Pound è come dire di aver attraversato una bufera di neve senza aver sentito freddo. Nel secondo dopoguerra durante la clausura al manicomio di St. Elizabeth diede vita alla cosiddetta Ezuniversity, diventando punto di riferimento tanto della beat generation tanto di esponente della destra radicale americana come John Kasper.