Di Elena
Per molti il 14 ottobre può sembrare una data insignificante come tante altre, ma il 14 ottobre del 2007 nasce ufficialmente il bipolarismo in Italia con la fondazione del Partito Democratico.
In un’Italia che faticava ad allinearsi agli schemi politici in continuo cambiamento sin dalla nascita della seconda Repubblica, che aveva spazzato via tutti i vecchi partiti di massa, a sinistra si guarda al grande partito dei Dem americani.
Dopo mille coalizioni miseramente naufragate e sigle mai entrate nelle teste degli elettori, alcuni tra progressisti, socialdemocratici, europeisti e altri portabandiera danno vita a quello che diventerà uno dei maggiori partiti dell’Italia della seconda Repubblica: il partito di governo anche in assenza di consenso popolare. Questa d’altronde è solo una piccola parentesi, come insegna Bernard Henri Levy «l’elettorato non va sempre rispettato». Le scelte dei cittadini vengono prese in considerazione quando rispettano le trame delle benpensanti eminenze che regolano i fili dei burattini che siedono a Bruxelles.
Il PD, come ogni partito che si rispetti nasce con una carta dei valori, dei principi da difendere e da far rispettare (per maggiori approfondimenti basti leggere il libro di Francesco Totolo ‘’La Morale Sinistra’’ dove per ogni valore etico c’è il corrispettivo in azioni dei militanti del PD). Dico far rispettare perché a quanto pare l’etica tanto sbandierata non riguarda poi direttamente le azioni dei propri rappresentanti. Questi tendono a schierarsi dalla parte della vittima il 90 percento delle volte, a noi gente normale queste cose sembrano un po’ strane ma dopo tutto, non abbiamo un cane che nasconde i soldi nella cuccia in giardino.
Essendo sorto grazie a politici nati e formati nella prima Repubblica (principalmente della DC e del PCI), anche il PD non può non aver subito l’influenza di personalità che ragionavano ancora con gli schemi mentali precedenti al ’94 che ricordiamo essere saltati in aria in seguito allo scandalo di mani pulite.
Garanti del progetto europeo fin dalla nascita e traghettatori dell’attuale idea di Unione Europea, i membri del PD dimostrano continuamente di sentirsi più cittadini europei che italiani, asserviti al braccio mosso da Bruxelles.
In tanti si domandano cosa del PD piaccia ai giovani, perché questi hanno anche un elettorato giovane che invece di credere nella rivoluzione come i ragazzi della sinistra sessantottina, si istituzionalizzano. La chiave del successo risiede nell’efficacia e pervasione della comunicazione della sinistra. Possedendo la maggior parte dei media (per conformità politica ai gestori dei social), è facile proporre delle battaglie che finiscono quasi sempre in carri carnevaleschi. Il clima, come la martellante ossessione per il mondo queer deriva dalla forte concentrazione di contenuti di questo tipo nel mondo social. Lotte che fanno marketing, che attirano lacrime, che spingono campagne di beneficenza e quindi sollevano l’animo di tanti esseri umani che vogliono andare a dormire più sereni donando due euro a Malika per comprarsi il Mercedes.
I colori dell’arcobaleno, il rosso delle bandiere, gli asterischi alla fine delle parole accecano, tanto che lo scontro si è spostato dal campo ideologico a quello semantico. Non si parla di parità di opportunità come la sinistra imporrebbe, ma di maschile e femminile. Si parla di direttore o “direttora” d’orchestra e si perde di vista la persona.
È difficile non entrare nel loop, non esserne miserabilmente attratti quando viviamo in un mondo di sponsorizzazioni, per vendere di più si cambiano i colori dei grandi marchi, si sconvolge l’aspetto fisico di personaggi entrati nella storia e nella memoria di tutti gli occidentali, basti pensare al recente scandalo legato alla scelta dell’attrice di Ariel.
Non è il colore della pelle della ragazza che dà fastidio al pubblico, nemmeno quello che c’è scritto sulla carta d’identità alla voce “luogo di nascita”. Lo sbaglio nasce nel voler imporre un modello sbagliato di inclusività che finisce per infastidire gli spettatori che ormai, a forza di essere imbottiti di luoghi comuni, cominciano ad avere difficoltà a digerirli. Se la priorità è quella di introdurre personaggi di colori nel mondo del cinema, basta creare nuovi eroi per nuove storie senza stravolgere il mondo creato da un Collodi, proveniente dalla Toscana dell’ottocento e che quindi una fata turchina di colore non avrebbe potuto immaginarla. Allo stesso modo, non riusciamo a figurarci una Mulan bionda e con occhi azzurri.
La fantasia è una risorsa senza limiti che ultimamente pare essere messa all’angolo, abbandonata in favore di una politica di omologazione a cui contribuiamo involontariamente tutti quanti scadendo negli inganni della semantica. Quando diciamo no-vax, complottisti e termini simili, ci adeguiamo alla narrazione comune. La storia cambia se consideriamo i no-vax come persone che hanno scelto consapevolmente di rifiutare il vaccino per Covid-19 e i complottisti come individui che vedono la possibilità di una narrazione alternativa alle vicende storiche contemporanee, che nel secolo scorso si sarebbero chiamati eversivi e nel 1400 eretici.
Le parole possono essere pallottole, le poche che abbiamo a disposizione. Cambiando il nostro modo di porci e sforzandoci di uscire dagli schemi impostaci da qualcun altro garantiamo a noi stessi la libertà che ci dà la forza di combattere il sistema.
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