di Patrizio
Anche quest’anno, il primo turno delle amministrative è finalmente passato. Si è votato in 971 comuni, tra cui Palermo, Parma, Genova, Verona, Padova, Piacenza, Lucca, Frosinone e Catanzaro, ma ciò che ha lasciato di stucco è stata l’ennesimo dato bassissimo di affluenza: le prime elezioni amministrative dopo (forse?) il ritorno alla normalità, però, non hanno segnato il ritorno ad un normale afflusso elettorale, con dati che confermano il calo del 2021. il 12 giugno, infatti, si è recato alle urne solo il 54,7% degli aventi diritto. Il COVID, però, quest’anno non era una scusante; quindi, evidentemente le ragioni vanno ricercate più a fondo.
Anche nei capoluoghi, infatti, oltre all’astensione alta si è verificato un crollo di preferenze ai partiti, scartati a favore delle liste civiche. A Piacenza, ad esempio, il partito più votato (il PD) ha preso un magro 14,86%, mentre la prima lista votata è stata una civica di centrodestra a sostegno del sindaco uscente, che ha raccolto il 15,49% di voti. Spostandoci in un’altra città più grande, Verona, possiamo vedere una situazione analoga: per ogni candidato sindaco, la lista più votata a suo sostegno è stata una civica. Particolare che, in città fortemente dominate dai partiti come queste, fa riflettere sull’effetto che la politica nazionale stia avendo sulle elezioni locali. I cittadini si sentono dunque più rappresentati da candidati locali, radicati sul territorio e magari di loro diretta conoscenza, rispetto che da politici espressione di un partito nazionale.
Queste elezioni non hanno solo sconfitti: migliorati esponenzialmente sono stati i risultati di Fratelli d’Italia che però va detto essere dovuti al crollo dell’alleato leghista, mai così male da molto tempo a questa parte. Elezioni che hanno comunque segnato la sparizione definitiva dei 5 Stelle, presentatisi come “Movimento 2050” (che volessero camuffarsi dalla vergogna?), che in alcune città non sono riusciti nemmeno a passare la soglia di sbarramento. Sicuramente, la situazione a livello locale è influenzata dal governo ammucchiata con dentro il 95% del parlamento, che agli occhi degli elettori ha fatto perdere moltissima fiducia nei partiti. Vedere infatti chi fino a ieri diceva “No Draghi”, “No Euro” e “mai col Partito di Bibbiano” andarsi ad immischiare (non si sa bene in realtà con quale scopo, date le risposte confusionarie) in un governo di banchieri europeisti ed atlantisti, non deve aver fatto molto piacere all’elettore medio, già volatile di suo.
Il messaggio è chiaro: la gente è stanca di non essere ascoltata, e si è divisa in due: chi si è stancato della politica, astenendosi, e chi ha deciso di dare l’ennesimo voto di protesta a formazioni locali radicate sul territorio. Questo segna per certi aspetti anche un’interessante prospettiva di ritorno alla cosiddetta “realpolitik”, alla politica da strada, al tenere più conto dell’interesse del cittadino. L’amministratore locale, infatti, a differenza del politico, non ha un padrone o dei soldi (salvo eccezioni) che gli finanzino la campagna, e deve basarsi sulle richieste di chi lo manda in assemblea comunale. I partiti invece, avendo quasi tutti perso il contatto con i problemi reali delle persone, tacciando chiunque glielo facesse notare di “benaltrismo”, hanno ricevuto un forte colpo.
Come si diceva però l’altro elefante nella stanza, è il dato per cui un italiano su due in media è andato a votare. Questo non è più imputabile alle limitazioni e alle paure causate dal virus, data l’assenza di restrizioni, ma all’apatia a cui il 46% degli italiani si è lasciato andare. A differenza di chi è andato ed ha votato le civiche, infatti, questi preferiscono starsene a casa seduti sul divano a lamentarsi dei propri problemi, aspettando che qualcuno li risolva per loro. Votare male, magari venendo abbindolati dal ciarlatano di turno, è molto meglio che guardare Canale 5, Sky o La7 senza far nulla per poi fare le vittime. Questo atteggiamento, peraltro, è molto più riscontrabile nell’elettorato della destra, che sentiamo molto fare storie sui social media e poco nella realtà. La sinistra, invece, per quanto possiamo prenderla in giro per le mille scissioni dell’atomo, quando deve presentarsi alle urne va sempre a votare, e le scissioni dell’atomo che tanto prendiamo in giro si dividono subito dopo il voto.
Per quanto sia condivisibile l’idea che i partiti stiano facendo più ribrezzo che mai e sembri facciano di tutto per non farsi votare, non è nemmeno pensabile che la gente aspetti il principe azzurro da casa sua mentre aggiorna polemicamente il suo stato su Facebook. La cosa più importante che ci hanno trasmesso queste elezioni è che partendo dal presupposto che la democrazia è morta, è comunque però dovere di ogni uomo libero fare la sua parte per poi avere il diritto ad infuriarsi.
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