Di Sembe
L’attenzione del mondo intero da mesi è focalizzata dal conflitto scaturito nell’est del nostro continente. Ciò porta i media a parlare, ancora più di prima, della politica Russa, più specificamente del suo leader Vladimir Putin.
Se ne stanno sentendo di tutti i colori, dal presunto cancro che avrebbe preso, all’amante segreta e chi più ne ha più ne metta. Noi però non vogliamo né parlare di cronaca né di strategie geopolitiche ecc.
Vogliamo parlare di un filosofo fascista russo le quali idee da quasi vent’anni vengono riportate nei discorsi di Putin, del Patriarca della chiesa ortodossa, dei generali e degli uomini di poteri della Federazione Russa.
Ivan Il’in. Di famiglia aristocratica nacque a Mosca nel 1883, continuò la sua formazione universitaria in Europa trasferendovisi per lavorarci e appunto per approfondire i suoi studi centrati su Hegel, al punto che si trovò Vienna allo scoppio della prima guerra mondiale.
Uomo di profonda fede religiosa, vedeva la colpa del decadimento della società russa nella debolezza di Dio che è al centro del pensiero del filosofo.
Lo scoppiare della rivoluzione bolscevica del 1917 lo avvicinò alla causa dei Bianchi, coloro che lottarono per la restaurazione dell’aristocrazia. Con la loro sconfitta dovette però emigrare nuovamente in Europa fu a questo punto che il Fascismo entrò nella vita e nel pensiero del filosofo.
La Marcia su Roma di Benito Mussolini fu per lui un faro e lo convinse che i gesti audaci da parte di uomini audaci potevano annullare il carattere imperfetto dell’esistenza. Il’in per descrivere l’ispirazione dei fascisti usò la parola Spirito e scrisse che la presa di potere del fascismo fu un atto di salvezza. Visitò a più riprese l’Italia e scrisse articoli pieni di ammirazione per il Duce.
Applicò il suo pensiero teologico in politica, sostenendo l’uso dell’azione violenta contro i nemici dell’ordine divino citando le democrazie che non si opposero al comunismo. Attivo sostenitore del movimento Bianco russo e del fascismo italiano arrivò a considerare la guerra civile dell’armata bianca come la preistoria del movimento fascista universale.
Negli anni 30 lavorò come professore in Germania ammirando il Führer così come con Mussolini, «solo grazie a loro due la sentenza di morte che è stata data all’Europa viene sospesa» scrisse in merito ai due leader europei.
Durante la seconda guerra mondiale si trasferì in Svizzera e nel dopoguerra, con l’Unione Sovietica più forte che mai decise di scrivere pensieri e visioni per una futura Russia liberata dal potere sovietico. Morì infine nel 1954 proprio in Svizzera senza rivedere mai casa.
Nel 2005 le sue ceneri sono state riportate in patria dal presidente Vladimir Putin. Il pensiero di Ivan Il’in infatti non si limita a quanto detto ma approfondisce l’anima e la storia della Russia, quella dei suoi nemici spirituali, tutte chiavi di lettura riprese dalla dirigenza russa attuale anche per situazioni geopolitiche (ma di questo non parleremo oggi).
Il punto di oggi è stato scoprire un approccio russo al grande fenomeno del fascismo e il riscoprire una figura rimasta nell’ombra della Storia.
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