di Enrico
Per i tifosi del Manchester United, il più grande calciatore nella storia del calcio inglese (e non solo). Per alcuni invece, il più grande sbruffone del secolo scorso. Irriverente, geniale, un artista del pallone, poco avvezzo al “Fair Play”. Sì, stiamo parlando proprio di lui; il leggendario numero 7 dei Red Devils, Eric Cantona.
È però legittimo chiedersi il perché si parli di Eric Cantona proprio oggi, a distanza di così tanto tempo e, apparentemente, senza un motivo ben preciso? Ebbene, dopo aver assistito alle ultime competizioni sportive è più che necessario riscoprire i grandi campioni del passato come Cantona; campioni di epoche passate, prima che anche il calcio diventasse teatro di futile egualitarismo, genuflessioni e – orrore – di “Fair Play”. Non che non ci siano più giocatori che abbiano ancora quella concezione del calcio che lo rende uno sport meraviglioso ed unico, sia ben chiaro; tutti ci ricordiamo Giorgio Chiellini che, durante un contropiede dell’Inghilterra nella finale degli Europei, (non avendo altro modo per fermarlo) ha trattenuto per la maglia e sbattuto per terra come un tappeto l’esterno offensivo della Nazionale Inglese Bukayo Saka; un grandioso fallo tattico che ha portato a Chiellini gli elogi persino dell’ex-difensore proprio dello United (oggi della Roma), Chris Smalling:
«È stato orribile da vedere come tifoso dell’Inghilterra, ma se i ruoli fossero stati invertiti, se mi fossi trovato al suo posto, avrei fatto la stessa cosa. Se l’Italia ha resistito e vinto è proprio grazie a lui e a Bonucci».
Tutti i fan del cosiddetto “Fair Play” invece, si sono scagliati contro il capitano della Nazionale, definendolo “buzzurro”, “antisportivo” e chi più ne ha più ne metta. Ecco, chissà cosa sarebbe successo se questi soggetti avessero visto giocare Cantona; gli sarebbe esploso il fegato probabilmente. E ora vediamo perché.
Partiamo proprio dagli inizi. Nato a Marsiglia nel 1966, Eric Cantona non aveva di certo un carattere facile. Iniziò la sua carriera nell’Auxerre (dopo un periodo trascorso nella giovanile della stessa squadra) a 21 anni e, pronti-partenza-via, mollò un diretto in pieno volto al portiere della sua stessa squadra: squalificato. Dopo il suo rientro dalla squalifica, un altro matto come lui, Bernard Tapie insistette per il suo trasferimento all’Olympique Marseille (la squadra per cui, tra l’altro, lo stesso Cantona tifava da ragazzino). Ma non durò molto: dopo essere stato convocato nella Nazionale Francese, litigò dopo poche settimane con il CT Henry Michel, per poi definirlo in un’intervista “sacco di m*rda”. Sospeso a tempo indeterminato e quando, dopo essere tornato a giocare, andò da Tapie per ritirare lo stipendio gli mollò un ceffone; il motivo non lo disse mai. Giocò per brevi periodi in diverse squadre francesi approdando nel 1991, a venticinque anni, al Nimes Olympique, squadra nella quale militerà per pochissimo tempo; qui infatti in una partita, dopo essere stato ammonito, raccolse il pallone con le mani e lo lanciò addosso all’arbitro, che lo espulse senza pensarci troppo, ovviamente. Per quel gesto la Federazione gli diede un mese di squalifica, Cantona rispose con un sonoro “siete degli idioti”. La Federazione ribatté con l’aggiunta di altri due mesi fuori dal gioco e Cantona la spuntò brutalmente dicendo “allora siete davvero idioti, così idioti che io faccio una cosa: smetto di giocare, perché voi – sottintendendo i francesi – non mi meritate”. E lo fece sul serio. Ma qui entrò in scena Michel Platini, che adorava Cantona. E Platini gli disse che non poteva smettere proprio in quel momento, era troppo forte e il suo talento e la sua voglia di dare spettacolo, sarebbe stata sprecata. Conscio che in Francia non sarebbe mai stato capito, Cantona fece le valigie e andò in Inghilterra. E in Inghilterra nacque la leggenda.
La prima squadra a volerlo fu lo Sheffield United che però, non particolarmente convinto delle doti calcistiche di Eric Cantona, gli propose un provino per dimostrare quanto fosse veramente forte. E lui rispose: «voi osate chiedere un provino a me che sono il più forte di tutti? Ma andate a fare in culo». Va quindi al Leeds United, dove vince la Premier League e una FA Cup. E nell’estate 1992 viene acquistato dal Manchester United, squadra per la quale vince per quattro volte la Premier League e nel 1994 viene eletto giocatore dell’anno. E i tifosi lo adorano, lo venerano come un dio, arrivano a soprannominarlo addirittura “King Eric”. È amato tanto dai tifosi quanto dai compagni di squadra, per le sue doti calcistiche, il suo carisma, la sua stoffa del leader, la sua irriverenza e, perché no, anche le sue mattate e i suoi eccessi, che sono tanti. Finché un giorno, che rimarrà per sempre negli annali del calcio inglese (e forse anche mondiale), King Eric esagerò, in quello che passerà alla storia come “l’incidente di Selhurst Park”.
È il 25 gennaio del 1995, durante una partita contro il Crystal Palace. Cantona è appena stato espulso, tanto per cambiare, dopo aver mollato un calcio nelle caviglie al difensore del Crystal Palace, Richard Shaw, che lo ha preso di mira dall’inizio della partita. Mentre stava uscendo, nervoso, dal rettangolo verde un tifoso del Crystal Palace lo insultò pesantemente con la seguente frase: «tua madre è una p*ttana e tu sei un f*ttuto francese di m*rda». Cantona si bloccò per un attimo, scosso, e dopo essersi trasformato in Bruce Lee si lanciò sugli spalti e fece partire un calcio volante in stile kung-fu con il quale colpì in pieno petto (con i tacchetti di ferro degli scarpini da calcio, tra l’altro) il tifoso che lo aveva appena insultato. Dopo alcuni giorni di assoluto silenzio, Cantona organizzò una conferenza stampa nel corso della quale pronunciò la mitologica frase «Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che delle sardine stiano per essere gettate in mare. Grazie a tutti». E poi se ne andò. I giornalisti si saranno probabilmente chiesti “ma che diavolo ha detto questo qua?”. Nessuno ha mai capito fino in fondo questa frase, forse nemmeno lo stesso Eric. Anni dopo, commentando l’episodio del calcio volante, dirà: «mi pento solo di non averlo colpito più forte».
Questo episodio gli costò nove mesi di squalifica e due settimane di carcere, poi commutate in 120 ore di lavoro socialmente utile. E il lavoro socialmente utile fu insegnare a dei bambini il gioco del calcio, con l’obbligo di porre l’accento – proprio lui – sul “gioco corretto” e il rispetto per gli avversari.
In quei nove mesi senza Cantona i Red Devils persero la Premier League (nota bene, in cinque anni di permanenza al Manchester United, l’unico anno in cui Cantona non vinse la Premier League fu quello in cui venne squalificato per il calcio alla Bruce Lee). E al suo rientro in campo persino i suoi avversari avevano smesso di avere paura di lui; Eric era completamente rasato e anche un filo in sovrappeso. Non sembrava più lui, tutti lo davano già per spacciato. E invece Cantona era ancora King Eric. Sempre lo stesso ribelle, litigioso e affamato di gol. E in quel campionato del 1996-97 Cantona vinse con lo United la sua quarta e ultima Premier League e la seconda FA Cup, in una finale con il Liverpool vinta per 1 a 0 proprio con una sua rete (probabilmente una delle più belle e famose), segnata con un tiro al volo da fuori area dopo che il portiere del Liverpool aveva allontanato con i pugni la palla battuta con un calcio d’angolo.
Tuttavia, nonostante fosse ancora il King, qualcosa in lui era cambiato. Giocare a calcio non era più la sua fiamma, aveva (come disse lui stesso) portato a compimento la sua passione. Ad appena trentuno anni si ritirò definitivamente dai campi di calcio, almeno come giocatore. Continuò ad allenare diverse squadre fino al 2014, quando venne licenziato dal ruolo di commissario tecnico a seguito di una rissa (il gatto perde il pelo ma non il vizio, come si dice in questi casi).
Nel bene e nel male, Cantona resterà sempre nella memoria di tutti gli amanti del grande calcio un vero “dio del pallone”. Lo è ancora senz’altro per i tifosi dei Red Devils, che nel 2001 lo elessero “Calciatore del secolo del Club”. Insomma, Eric Cantona è ancora in grado di suscitare emozioni contrastanti: entusiasmo e nostalgia se si è tifosi del Manchester United, odio e a tratti paura se si è tifosi di qualsiasi altro Club inglese (n. b. soprattutto del Crystal Palace). La riprova dell’amore che i tifosi dello United provano ancora per lui, sono i cori a lui dedicati che ancora oggi risuonano all’Old Trafford durante le partite di casa dello United. Uno di questi tanto per intenderci, anche se non è proprio la traduzione letterale, dice:
«Noi abbiamo il nostro Dio, è il nostro salvatore da lontano. Noi abbiamo il nostro Dio… e il suo nome è Cantona!»
Un altro esempio di questo amore sconfinato è una delle battute provocatorie dei tifosi dello United: «Il ’66 è stato un anno fantastico per il calcio inglese; nel ’66 è nato Eric Cantona». Battuta doppiamente provocatoria, se si pensa che nel 1966 l’Inghilterra conquistò la sua prima ed unica Coppa del Mondo. In fin dei conti, il carattere goliardico e strafottente del “Re” è stato trasmesso anche ai tifosi. E sarà sempre lì, a guidare tanto la squadra quanto la curva in ogni partita, con il suo caratteristico colletto alzato e il suo carattere carismatico e litigioso da attaccabrighe. Per concludere questo articolo, non potrebbe esserci modo migliore che una citazione dello stesso Cantona, che però non ha mai pronunciato nella realtà (anche se, visto il carattere, non ci sarebbe stato da stupirsi), ma solo in un film (Il mio amico Eric, 2009) in cui l’ex-calciatore interpreta sé stesso: «Io non sono un uomo, sono Cantona».
Commenti recenti