Di Andrea

In seguito al sedicesimo corteo consecutivo No Green Pass organizzato a Milano, l’appena rieletto sindaco Beppe Sala ha espresso, con una dichiarazione durante un evento organizzato presso l’Università Cattolica, delle considerazioni chiare sulla sempre più crescente contestazione contro il famigerato certificato verde:

«A questo punto la politica dovrebbe cercare di essere ancora più coesa, perché se c’è un minimo distinguo non si riesce a fare granché. Ieri ci sono stati momenti preoccupanti per cui bisogna trovare formule per cui la politica, senza se e senza ma, dica da che parte vuole stare».

La gravità di queste affermazioni non sembrerebbe essere stata recepita: stiamo parlando del sindaco di un’importante metropoli europea, centro nevralgico di decisioni politiche e economiche di assoluta rilevanza non solo per il nostro paese ma per tutta l’Eurozona (e oltre), si schiera in modo così fermo contro migliaia di propri concittadini che da settimane (sempre in numero crescente secondo i dati e le foto della piazza) scendono in piazza per manifestare un malessere evidente.

La cosa più importante da notare non è solamente l’esporsi di Sala contro le contestazioni, fatto sicuramente scontato e comprensibile data la sua appartenenza ad una parte politica che è l’espressione massima di tutto ciò cui il “movimento no green pass” si oppone strenuamente, su tutto la contrarietà a quello che nei fatti è un vero e proprio obbligo vaccinale ma senza un’assunzione di responsabilità da parte del governo.

La reale gravità va ricercata nei toni e nell’immaginario che queste parole creano e che danno per scontato, tralasciando il contesto della dichiarazione, un evento universitario, in un luogo che dovrebbe essere centro di dibattito, ricerca, studio e libertà di parola, invece che altare per sentenze dogmatiche e senza scampo. Sala invoca la “coesione della politica” in contrasto alle manifestazioni, come se questa fosse un’entità esterna ed estranea al fenomeno no green pass, che viene così identificato come fuori da un qualsiasi discorso di legittimità e comprensione, una sorta di nemico dal quale la politica deve cercare di difendersi. Un atteggiamento ormai tipico della schiera progressista liberal che, con la consueta ‘reductio ad hitlerum’, esclude il nemico da qualsiasi possibilità di legittimazione, monopolizzando violentemente e di fatto annullando immediatamente qualunque possibile dibattito.

Il tentativo già avviato del sistema è sempre quello di delegittimare ogni istanza che abbia al suo interno delle possibili vie d’opposizione. Il green pass è uno strumento di controllo coercitivo e capillare della popolazione che scientificamente nulla ha a che vedere con norme sanitarie o aspetti gestionali del virus, altrimenti perché non rendere gratuiti i tamponi, ad oggi unico metodo per avere la certezza di non essere positivi al virus?

Il certificato verde ha tutta l’aria di uno strumento politico, un lasciapassare di salsa orwelliana, che intende abituarci ad una futura normalità dove appunto il controllo del Sistema sui cittadini di questo passo diventerà una prassi. La linea del progresso ci porta in quella direzione e noi non possiamo farci nulla, la strada segnata è unica. La protesta contro il green pass ovviamente si focalizza sul certificato verde, ma porta con sé, in alcune parti, un’opposizione a queste tendenze restrittive e distopiche figlie del sistema democratico intriso del liberismo più sfrenato. La politica dei palazzi ha già mostrato da che parte sta, schierarsi ora è necessario.