Di Alessia

Nel luglio 2020 è stata approvata, sotto proposta della Commissione europea, la strategia da mettere in atto per rispondere alla crisi economica determinata dalla pandemia.

Anche se, di fatto, è errato parlare di pandemia in termini di causa scatenante della crisi attuale.

Il piano di ripresa è stato presentato come una vera e propria occasione di rilancio economico, con la prerogativa che l’Unione abbia tutte le carte in regola per attualizzare quanto prefigge.

Da un sempre più intimo collasso dell’economia italiana, la Commissione europea avanza dunque in parlamento una lista in cui stila 557 progetti come proposta di ripresa economica, che prende il nome, oramai popolare, di Recovery Fund.

L’Eurozona gioca l’ennesima carta di politica economica dell’austerità, definendo quanto presenta, una proposta innovativa per la ripresa degli Stati.

Ma la storia si ripete: tutto ciò che nasce per conto delle istituzioni europee e dai suoi trattati, è destinato a essere un ricatto contabile basato su prestiti e falsi finanziamenti.

L’UE dispone di 750 miliardi di fondo per il rilancio dell’economia; che sia prestito o finanziamento a fondo perduto? Non ci è dato intendere. In ambedue i casi basti sapere che vorranno restituite le somme sottoscritte fino all’ultimo centesimo.

Condizione che si addiziona al debito pubblico già esistente e a cui le nostre istituzioni sono impossibilitate a opporsi.

 Non ha esitato a farsi avanti Vladis Dombrovskis, vice presidente della Commissione europea, a seguito delle posizioni euroscettiche di molti in merito, affermando:

«Di Europa non ce n’è abbastanza…è vero abbiamo dei limiti, ma perché non siamo un’Unione federale quanto un’unione di Stati indipendenti, e l’assenza di un vero potere centrale si fa sentire soprattutto adesso…questa crisi è derivata da altre, è qualcosa di diverso, mai visto prima…»

La stessa « assenza di un vero potere centrale» che ha sanato fino ad oggi le crisi economiche con la logica dell’austerità e del mercato unico.

E ancora: «questa crisi è qualcosa di mai visto prima», affermazione paradossale proferita da un rappresentante di un’élite non eletta che tassa, taglia e privatizza senza pietà, ingiuriando l’interesse e gli investimenti pubblici oltre che la vitale autodeterminazione degli Stati, quest’ultima inoltrata al pubblico come movente del degrado economico che viviamo.

Solo proposte incerte e confusionarie da parte dell’Eurozona, che innalza a vessillo il Recovery Fund, come esclusivo cardine per la risalita.

Nella realtà, questo strumento spacciato per guidare le politiche degli Stati membri, non è altro che l’ennesimo salto nel baratro della crisi finanziaria italiana risultato di anni di politiche omicide.

L’Italia oggi non ha bisogno di riforme o elenchi di progetti utopici e marginali stilati da burocrati, ma di occupazione, piani di lavoro, prospettive per l’interesse pubblico e perché no, di esponenti con coraggio da vendere in grado di sostenere fermamente che in una condizione di sovranità nazionale e monetaria, oggi la nostra nazione non sarebbe né la fossa comune dell’economia né lo zimbello di tutta l’Eurozona.