di Saturno

La democrazia parlamentare in Italia è quel sistema politico in cui ogni tot anni gli elettori votano membri di partiti politici da cui si vedono rappresentati, ma da cui poi si sentono puntualmente traditi perché spesso, non formandosi una maggioranza stabile, i partiti tendono a fare larghe coalizioni che portano alla formazioni di governi (talvolta anche non eletti, si pensi anche solo a quello attuale) che non sono ne carne e ne pesce, frutti di compromessi che gli impediscono di avere una visione ed un piano coerenti ed a lungo termine.

L’attuale legge elettorale prevede che il 37% dei seggi siano assegnati con un sistema proporzionale (in cui si compete per dei seggi uninominali dove il candidato con più voti viene eletto, mentre tutti gli altri no), il 61% con un sistema proporzionale (i seggi vengono assegnati ai partiti in percentuale rispetto ai voti presi) ed il 2% restante è destinato a rappresentare gli italiani all’estero (sempre in modo proporzionale).

Le alternative fino ad ora proposte dai partiti in parlamento tendono a voler adottare un sistema meno misto e rispettivamente più proporzionale a sinistra (si veda il germanicum promosso dal M5S) e più maggioritario a destra (si veda il mattarellum proposto dalla Lega). I sistemi maggioritari e proporzionali meno misti e più “assoluti” hanno indubbiamente i loro vantaggi, ma gli svantaggi sono troppi per poter essere accettati.

Un sistema più proporzionale porterebbe alla formazione di un parlamento che (in un certo senso) sarebbe una rappresentazione più organica della Nazione, in quanto le percentuali di voti dei partiti sarebbero (grossomodo) le percentuali dei seggi che gli spetterebbero nelle camere; esse (le camere) sarebbero quindi un riflesso più preciso dello stato ideologico dell’elettorato. Ma si andrebbe però ad aggravare il problema della difficoltà nel formare una maggioranza stabile e coerente, andando invece a favorire le grandi coalizioni.

Con un sistema più maggioritario invece tale problema sarebbe sicuramente arginato, ma ne sorgerebbe un altro non da poco: le camere rispecchierebbero di meno lo stato ideologico dell’elettorato creando un grosso dislivello fra ciò per cui hanno votato gli elettori e la loro effettiva rappresentanza delle camere. Per dirlo più semplicemente, il governo potrebbe avere una maggioranza assoluta senza però aver effettivamente preso nel complesso più del 50% dei voti, ed anche se la differenza fra chi ha vinto e chi no a livello di voti è bassa, la minoranza sarebbe lo stesso molto ridimensionata e quindi incapacitata a fare un’efficace opposizione. Insomma, si rischierebbe di trasformare la democrazia da “dittatura della maggioranza” in “dittatura della minoranza”, dove una percentuale di elettori che in percentuale non sono la maggioranza, finirebbe per decidere le sorti del Paese. Un altro svantaggio non da poco è quello dell’essere un sistema conservatore, che svantaggia i partiti piccoli e nuovi, ma che favorisce invece quelli che sono già in parlamento ed hanno già percentuali alte; d’altronde tale problema è presente anche nel proporzionale se si mette una soglia di sbarramento alta. Un discorso analogo potrebbe essere fatto per sistemi come il premio di maggioranza ed il presidenzialismo, che però sono anticostituzionali.

In un sistema di democrazia parlamentare liberale come lo intendiamo oggi, per ottenere un sistema che faciliti la formazione di una maggioranza stabile bisogna cedere dal punto di vista della rappresentatività organica dell’elettorato, o viceversa. Quindi la vera domanda da porsi non è “come riformare il sistema?”, ma “quale altro sistema dovremmo adottare?”. L’attuale sistema sta dimostrando tutti i suoi limiti, esso poteva essere considerato l’ideale e all’avanguardia quando le alternative erano le varie forme di monarchia, ma ormai è un sistema vecchio, obsoleto e limitato.

Questo però non va frainteso come una volontà di tornare a sistemi precedenti (in quanto sarebbero ancora più inadatti in una società come quella odierna) come la monarchia assoluta, tanto meno a sistemi “senza Stato” proposti da ideologie grottesche come l’anarchismo o il comunismo. Il sistema che sarebbe oggi all’avanguardia è il corporativismo (detto anche democrazia organica).

Per corporativismo si intende una forma di governo in cui i cittadini sono politicamente suddivisi in Corporazioni in base al ruolo che ricoprono nella società, es. chi lavora nel settore dell’agricoltura farà parte della Corporazione degli agricoltori, chi nell’allevamento nella C. degli allevatori, chi nella pesca nella C. dei pescatori, etc. Categorie che non sono limitate a quelle puramente “economiche”, ma comprendenti chiunque svolga un ruolo fondamentale nella vita della Nazione, quindi membri delle forze armate, personale sanitario, ma anche studenti, chi fa volontariato, musicisti, ricercatori storici, etc. Si tenga conto anche del fatto che le C. sono suddivise in sottocorporazioni così da rappresentare in modo più preciso i loro appartenenti. Così come oggi i politici sono eletti nelle Camere, i rappresentanti delle C. sono eletti anche loro in una Camera dove svolgere le proprie funzioni di governo. A coordinare tale Camera ci sarebbero i ministri ed il presidente del consiglio.

Tale sistema non va visto come un sistema piramidale, in quanto i loro rappresentanti eletti hanno tutti gli stessi diritti/doveri ed i loro voti hanno tutti lo stesso peso. Il numero dei rappresentanti delle C. nella camera, sono sì disuguali, ma sempre per un discorso di rappresentazione organica della Nazione; non si possono assegnare lo stesso numero di rappresentanti a C. con grosse disparità in termini di appartenenti. Non dimentichiamoci che lo scopo dello Stato organico è avere una Camera che sia lo specchio della Nazione. Quindi in termini di poteri no, non ci sono C. “in cima” alle altre, mentre in termini di rappresentanza, essa varia in base alla loro effettiva dimensione in termini di appartenenti (dato non fisso che può cambiare costantemente) e non in base a decisioni arbitrarie secondo cui la Corporazione A deve avere il doppio dei rappresentanti della Corporazione B “perché sì”. Le varie Corporazioni vanno viste come gli organi di un corpo, tutti di dimensione diversa e che svolgono diversi ruoli, ma che lavorano tutti in simbiosi per far sì che l’organismo (lo Stato) sia funzionante e in salute.

E non va visto neanche come un sistema che divide la società in caste, perché le persone possono far parte di più C. contemporaneamente, ad esempio un operaio può essere anche studente e volontario della protezione civile, quindi oltre a poter eleggere i rappresentanti della C. della produzione industriale, potrà farlo anche per quella degli studenti e per quella dell’associazionismo volontaristico. E non bisogna neanche credere che l’appartenenza ad una C. per un individuo sia eterna, bensì essa è permessa fintanto che egli continuerà a svolgere il ruolo che quella C. rappresenta, cosa che può cambiare in qualunque momento.

Sollevando un’ipotetica critica dei rossi, come già detto in un mio articolo precedente – partendo dallo sbagliato presupposto che la divisione in classi oggi sia rigida e ben definita come nel medioevo – dire che tali corporazioni sarebbero strumenti nelle mani della borghesia non ha senso, perché – si prenda ad es. il settore dell’agricoltura – i lavoratori salariati sono numericamente superiori a dirigenti e “padroni”, eppure tutti loro devono votare per gli stessi rappresentanti. Tale visione dello Stato, quindi, non favorisce i “padroni” rispetto ai lavoratori. Anzi, il passaggio da una forma di Stato come quella attuale, ad una organica e corporativa, porterebbe ad un’elevazione dello status dei lavoratori (anche per le politiche di socializzazione legate al corporativismo fascista, a cui si accennerà dopo).

I due più grandi sconvolgimenti che tale sistema porterebbe alla nostra società sono:  in primis l’infrangere il dogma liberale del “siamo tutti uguali” (il che non è una cosa negativa), in secundis invece il fatto che vedremmo la politica in modo totalmente diverso perché, con una Camera divisa per funzioni e non per partiti ed ideologie, non ci sarebbero più vere e proprie maggioranza e minoranza, così come sparirebbe (o comunque muterebbe radicalmente) il concetto di partito come lo intendiamo oggi. Quindi oltre ad essere un sistema con maggiore rappresentanza organica di quello attuale, sarebbe anche molto più stabile.

Cambiare sistema politico così radicalmente può spaventare, ma guardando la storia bisogna capire che con l’evolversi della società è necessario anche evolvere il sistema politico per adottarne uno che sia l’ideale per quel determinato momento storico. Ogni sistema politico col tempo invecchia, e così come oggi vediamo come vetusti il despotismo, l’oligarchia e la monarchia assoluta, bisogna capire che anche la democrazia parlamentare e liberale di oggi non è immune all’invecchiamento ed a giudicare da tutti i limiti che sta dimostrando oggi si può dire senza problemi che tale invecchiamento è già arrivato.

Bisogna comunque tenere in mente che il passaggio ad un sistema corporativista può anche essere fatto progressivamente cominciando con un cambiamento parziale, ad esempio destinando una percentuale di seggi parlamentari ad essere eletti in questo modo, oppure mantenendo il parlamento così com’è oggi ma sostituendo il senato con una Camera delle Corporazioni. Fino ad arrivare col tempo (se e quando lo si riterrà necessario) ad una transizione totale, che potrebbe persino andare a mutare gli organi di governo regionali e comunali.

Il concetto di corporativismo, tra l’altro, nell’ideologia fascista non è fine a sé stesso ma legato anche al concetto di socializzazione, in cui il modello politico organico viene applicato anche all’interno della struttura delle grandi aziende fra tutti i loro dipendenti, distribuendogli i guadagni aziendali in base ad una percentuale a loro assegnata sulla base dell’importanza del ruolo che svolgono all’interno dell’azienda. Quindi quando si parla di corporativismo fascista si intende un vero e proprio sistema politico-economico (e non solo politico).

Ed è proprio il Fascismo l’unica grande ideologia moderna a cui è intrinsecamente legato il concetto di corporativismo, infatti la differenza tra Fascismo (inteso sia come dottrina che come periodo storico) ed altre forme di nazionalismo sta proprio nella sua componente ideologica corporativista.

Per approfondire questo argomento complesso, vi consiglio in primis il libro Stato organico di Rutilio Sermonti, che spiega dettagliatamente i tecnicismi della sua applicazione pratica, ottimo come introduzione. Poi vi sono anche le opere di Gaetano Rasi e Ugo Spirito (quest’ultimo fu egli stesso un intellettuale vissuto durante il ventennio).