Di Bianca
La recente e per ora definitiva conferma che riguarda l’estensione all’acquisto della pillola del giorno dopo alle minorenni senza ausilio di ricetta, e quindi senza una visita medica e il necessario intermezzo di un genitore (o di altra persona maggiorenne). La famosa pillola, che volendo prende anche il nome di “contraccettivo d’emergenza”, si è dunque ritrovata nuovamente in cima all’acceso dibattito fra movimenti femministi e associazioni antiabortiste.
Tutto è iniziato quando l’AIFA, a inizio ottobre dell’anno scorso, decise appunto di rilasciare il farmaco consentendo anche alle ragazze minorenni di poterlo ritirare senza ricetta, possibilità già liberamente accessibile alle maggiorenni dal 2015. L’iniziativa fu però boicottata da varie associazioni a difesa della famiglia (fra cui Pro Vita e Family Day, per citarne qualcuna), che protestarono per il ritiro dal commercio del farmaco a queste condizioni. Le ragioni si fondavano sulla presunta azione abortiva del farmaco, oltre che sui vari danni fisici anche gravi che avrebbero potuto affrontare le giovanissime dopo l’assunzione.
Considerazioni che, però, sono state dichiarate non sostenibili da basi scientifiche. La pillola impedirebbe infatti l’incontro fra ovulo e spermatozoo, e non andrebbe ad agire su una gravidanza già avviata, contro la quale non ha alcuna efficacia. Così viene stabilito dalla sentenza del 4 giugno del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio: si nega l’effetto abortivo della famosa pillola confermandone invece l’intervento puramente contraccettivo.
Con buona pace delle associazioni pro-vita.
La questione è poi ricaduta sulla legittimità o meno dell’aborto, dove da una parte si ha uno schieramento che si erge strenuo difensore dei diritti e della libertà delle donne di gestire la propria vita sessuale come meglio credono, in quanto e solo perché donne; dall’altra, un arroccarsi a priori a concetti di etica e moralità ormai del tutto estranei alla società attuale, specie alla sua componente più giovane.
Ebbene sì, l’aborto. Uno dei cavalli di battaglia per eccellenza delle femministe e non solo, noto spartiacque delle opinioni fra destra e sinistra, la nota discriminante fra bigottismo e liberalismo. O, per meglio dire secondo noi, una delle scelte più difficili che una coppia può trovarsi a dover compiere e che viene sminuita dall’ipocrisia di due estremi incapaci di contestualizzarla.
Secondo i dettami delle paladine di Venere, l’aborto non andrebbe più considerato come una soluzione estrema e dolorosa ma come una semplice e banale opzione tra cui scegliere, opzione che tra l’altro vedrebbe l’uomo del tutto escluso da una scelta così importante. È indubbio che sia la donna a dover portare avanti i nove mesi della gravidanza, affrontare i vari cambiamenti fisici, ormonali ed emotivi, controllare la propria salute durante la gestazione e dare alla luce il bambino; ma è anche vero che una gravidanza si fa in due, e la partecipazione “fisica” dell’uomo, solo perché limitata rispetto a quella della donna, non lo esclude affatto dall’aver voce in capitolo.
Il punto chiave della questione, come spesso accade, è che ci si sta focalizzando alla possibile soluzione di un problema senza invece pensare a come evitarlo a priori. Tanta aria alla bocca, tante energie sprecate per rimediare a una gravidanza indesiderata quando magari potrebbe essere una soluzione migliore per tutti trovare nuovi metodi affinché questa non avvenga proprio. Basterebbe solo questa considerazione per capire le meccaniche di funzionamento (o meglio dire: malfunzionamento) del nostro sistema, del tutto disinteressato alla reale salute e tutela dei cittadini, o incapace di agire in questo senso. Che dire infatti dell’educazione sessuale in Italia? Come si agisce a riguardo nelle scuole, che – in uno scenario solo ideale, purtroppo – dovrebbero crescere e formare l’individuo affinché possa contribuire al benessere proprio e della comunità sotto ogni punto di vista?
Certo, la disinformazione a riguardo è esageratamente diminuita negli ultimi anni, questo però più grazie a Internet e a pagine online sul tema che a una reale educazione in tal senso. Il problema è che chi si avvicina autonomamente a certi argomenti dovrebbe avere già un minimo di consapevolezza altrimenti non potrà avere i mezzi adeguati a capire cos’è realmente corretto e cosa invece una stortura. E il rischio appunto e che l’aborto, parlando della contraccezione, venga sempre di più visto come un metodo alternativo a quest’ultima; certamente drastico, ma sempre disponibile a risolvere ciò a cui si poteva ovviare prima con un minimo indispensabile di responsabilità.
In fondo, perché stupirsi dell’annientamento più totale del concetto di maternità per come lo conosciamo, quando ormai per molti un aborto viene vissuto alla stregua di un raffreddore?
Attenzione: nessuno sta negando l’utilità dell’aborto in determinati contesti. Questo, però, deve indiscutibilmente tornare ad essere visto per quello che è: uno strumento estremo per ovviare a una gravidanza indesiderata, insostenibile o pericolosa per la salute. La donna deve essere pienamente consapevole e deve essere pronta ad accettarne i rischi, sia a livello fisico che a livello mentale (parlando della famosa depressione post aborto).
Nessun baluardo di rivendicazioni di genere, nessun atto di supremazia contro il maschio, e soprattutto nessuna comoda via d’uscita a quello che non dovrebbe essere un incidente inaspettato.
Commenti recenti