Di Moro
La cultura greca ebbe un ruolo universale nello sviluppo della civiltà. In essa si svilupparono i concetti principali che mossero la grande macchina della cultura occidentale, arrivando ad influenzare in maniera più o meno diretta le civiltà di tutta la storia. L’Europa, sull’influsso della comune matrice classica, produsse esempi di valore e di verticalità impressionanti, plasmando il mondo a sua immagine – almeno fino al ventesimo secolo.
Se questo discorso vale per l’Europa, l’eredità del pensiero greco copre in realtà anche culture non tipicamente europee. Con l’epopea di Alessandro Magno, infatti, la grecità ha messo in pratica il suo spirito universale e civilizzatore, aprendo il mondo alla sua conoscenza e, viceversa, la sua conoscenza al mondo. Con l’Ellenismo, la classicità diventa quindi un fenomeno sovranazionale, con conseguenze inimmaginabili ancora dopo un millennio.
Nel 634 d.C. – 957 anni dopo la morte di Alessandro Magno – il primo Califfo musulmano, Abu Bakr iniziava l’invasione islamica del Levante. All’epoca, quella che era conosciuta come la Siria bizantina, era un grande mosaico di popoli e culture presenti da millenni. In particolare, dopo lo scisma d’Oriente, si era poi affermata la lingua greca come appartenente alle classi dominanti e colte, in linea con lo spirito della capitale Costantinopoli.
La conquista si concluse 4 anni dopo, sotto il califfato di ‘Omar, in quello che fu il primo successo militare del Califfato. Gli arabi si posero in maniera distinta rispetto ai loro predecessori, e se prima la Siria era contesa tra bizantini e sassanidi, il Califfato riuscì a valorizzare la regione, ponendo inoltre fine alle dure persecuzioni religiose dei bizantini tramite il regime della Jizya, una tassa da pagare in cambio della sicurezza della comunità religiosa.
In appena 20 anni il Califfato si espanse fino alla Tunisia e al Pakistan. Tuttavia, il nuovo stato dovette presto fronteggiarsi con la Fitna, la guerra civile scoppiata tra il califfo Ali e il governatore della Siria Mu’awiya. Il conflitto fu alle origini della differenziazione tra sunniti e sciiti e vide il trionfo di Mu’awiya, il quale instaurò a Damasco il Califfato ‘Umayyade. È da questo momento che la grecità acquisirà importanza nella cultura islamica.
Il nuovo Califfato divenne sostanzialmente un sistema clientelare e dinastico al servizio degli eredi di quegli stessi personaggi che inizialmente osteggiarono l’Islam. Di base il nuovo impero, ormai sbarcato in Spagna, fu un’evoluzione del sistema delle vecchie aristocrazie tribali arabe, un accordo tra la moralità islamica e le dinamiche politiche interne che generarono una civiltà che tutt’oggi dimostra vitalità e dinamicità.
Da Damasco, una ristretta élite arabo-musulmana governava quindi su uno degli imperi più estesi della storia. Lo faceva, tra le altre cose, contando anche sulle vecchie classi di burocrati e funzionari. Tra questi, i greci potevano contare su una lunga tradizione di pubblica amministrazione databile ai tempi dell’instaurazione dei regni ellenistici. Gli Umayyadi utilizzarono questa loro capacità, con buoni risultati per il funzionamento dello stato.
Gli ‘Umayyadi, tuttavia, non furono il reale motore dell’islamizzazione. L’Islam rimaneva inizialmente una prerogativa del nuovo popolo eletto, gli arabi, e non si estendeva alla grande maggioranza non convertita, la quale altrimenti avrebbe smesso di pagare la Jizya. D’altro canto, la Siria era ancora una terra profondamente grecizzata e – vista l’accessibilità di greci e grecofoni – non vi fu un reale incentivo a riscoprire il sapere degli elleni.
Le cose cambiarono appena un secolo dopo. La dinastia degli ‘Umayyadi fu sconfitta dalla rivoluzione degli abbassidi, la quale riformò completamente il cosiddetto mondo islamico, plasmandolo e guidandolo verso la sua epoca d’oro. Questi, misero fine all’esclusivo controllo degli arabi tornando ad un iniziale universalismo islamico, aprendo altresì a numerose innovazioni dalle varie popolazioni presenti dentro e fuori l’impero.
La capitale venne spostata da Damasco ad una città costruita ex-novo in Mesopotamia, Baghdad. Il nuovo centro abitato si evolse rapidamente fino a divenire uno dei più popolosi al mondo. Fu favorita una classe mercantile e una di dotti che si affiancarono a quelle già mature di funzionari, burocrati e militari. Il Medio Oriente si trasformò quindi da zona di scontri e confini a baricentro mondiale della cultura e del commercio.
La corte e la classe dominante califfale, iniziarono quindi a richiedere un numero sempre maggiore di conoscenze specifiche in molteplici ambiti, come quello filosofico, teologico, astrologico, medico e scientifico. Complice anche lo spostamento della capitale fuori dalla vecchia area di influenza greca, ciò favorì quindi l’importazione nella biblioteca e nelle residenze di Baghdad di testi tradotti in arabo da numerose lingue.
Vi fu chiaramente una predominanza della prestigiosa cultura ellenica. I greci, ormai, avevano rigettato la scienza pagana in favore del cristianesimo ortodosso, numerosi testi finivano banditi o al rogo. Molti di questi trovarono rifugio alla corte di Baghdad, dove spesso vennero tradotti in arabo, ritradotti in latino ed esportati verso l’Europa. È il caso di Aristotele, il quale conobbe prima a Baghdad e poi a Firenze una fortuna unica.
I musulmani vollero anche rifarsi sul fronte della sapienza teologica. Spesso nei dibattiti metafisici, gli stessi dotti islamici finivano scalzati dalle controparti cristiane. Questo, almeno finché non iniziò a circolare una cultura pura, una ragione kantianamente aprioristica, che consentì ai giurisperiti di acquisire una sempre maggiore abilità nel sostenere le proprie argomentazioni e di indagare essi stessi la realtà fisica e metafisica.
Oltre alla grecità, influì anche l’ideologia imperiale zoroastriana. I persiani erano storicamente un popolo abituato ad un sistema assolutista, dando spunti all’instaurazione del potere abbaside. La tradizione legata al libro dell’Avesta, e alla scienza universale smembrata e dispersa, fornì poi una base della futura corsa alle conoscenze. Gli stessi aiutarono la rivoluzione abbaside, ospitando la prima roccaforte di Abu al-Abbas.
In questo stesso periodo iniziavano inoltre a formarsi gli aspetti salienti della dottrina islamica. Le principali scuole giuridiche sunnite – i malikiti, gli shafiiti, gli hanafiti, gli hanbaliti e i mutaziliti, questi ultimi estinti – dibattevano aspramente sulle questioni di fede. La filosofia greca ebbe un’importanza fondamentale nel fornire metodi di indagine originali, tanto che comparvero presto i primi filosofi musulmani.
Da tenere conto fu il dibattito tra al-Ghazali e Averroé. Mentre il primo attaccò la “scienza greca” nel suo trattato “l’Incoerenza dei Filosofi”, il secondo gli rispose a tutto tono con il suo “l’Incoerenza dell’Incoerenza”. Diatribe di questo genere portarono anche a scontri di piazza, come quelli che videro a Baghdad molteplici guerriglie urbane trai mutaziliti (razionalisti e grecisti) contro gli hanbaliti (invece letteralisti e tradizionalisti).
Così, a parte per le correnti più tradizionaliste, la formazione Sunna fu influenzata da testi come l’Organon e Metafisica di Aristotele e l’Enneadi di Plotino. Platone, dal canto suo, influenzò l’opera di autori come al-Farabi, il quale scrisse abbondantemente di politica. Grande influsso ebbe anche la scienza medica di autori come Ippocrate, nonché le scienze aritmetiche e astronomiche, sintetizzate da menti del calibro di Alhazen.
Come con la filosofia, l’ambiente scientifico si sviluppò grazie al patrocinio dei califfi abbasidi al-Mansur e al-Mamun. Mentre in Europa non si poteva violare un corpo morto, a Baghdad si eseguivano approfonditi studi di anatomia che prevedevano anche autopsie e sezionamenti. In questo contesto, aiutarono gli studi che già gli elleni fecero sul corpo umano, stimolando anche una visione classicamente ideale del corpo umano.
A ricevere influssi greci fu anche l’ambiente sciita, ormai sintetizzatosi in una dottrina religiosa autonoma rispetto a quella sunnita. Visse nel periodo della rivoluzione abbasside il sesto imam sciita, Ja’far al-Sadiq, il quale avrebbe dato poi il nome alla scuola giuridica jafarita. In questo periodo lo sciismo era osteggiato dalle autorità califfali e questo permise il pieno fermento di idee rasenti l’eresia in seno alla “Fazione di Ali”.
La concezione sciita si caratterizza per una componente esoterica e verticale, che platonicamente vede l’Imam alla sua cima. Quando nell’874 Muhammad al-Madhi (il messia) scomparve, gli sciiti dissero che era entrato in stato di occultamento e che sarebbe tornato alla fine dei tempi per instaurare un regno di giustizia e prosperità. Questo, è il caso più eclatante di come gli Imam arrivino a ricevere connotati quasi divini.
Così, tra i sunniti come tra gli sciiti, la filosofia influenzò anche la stessa idea di Dio. I dotti di ogni parte dell’Umma dibatterono quindi su concetti come la trascendenza, l’unicità, la moralità, la sostanza di Allah come anche dell’allegorismo e della natura increata del Corano. Se quindi, ad esempio, i mutaziliti credevano che Dio fosse una sostanza pura e astratta, gli hanbaliti sostenevano che avesse un corpo antropomorfo.
A tal proposito anche l’etica islamica subì le influenze di quella greca. L’esempio più rilevante è quello dei sufi, ovvero mistici e asceti che passavano le loro giornate a meditare, a operare il bene e a invocare i vari nomi di Allah. Diverse di queste confraternite attingevano direttamente alla purezza degli ideali e alla liberazione dalle passioni tipiche di dottrine come quella di Platone, Zenone, Diogene e come anche delle altre religioni abramitiche.
Analogamente all’esperienza di Roma, non furono i musulmani a “conquistare la Grecia” – sebbene debbano passare altri secoli prima della conquista della Grecia da parte di un’entità musulmana – ma “furono i greci a conquistare l’Islam”. Naturalmente questa affermazione va calibrata, e non basterebbero libri interi a chiarire esattamente in quale misura la grecità influenzò la cultura e il pensiero dei musulmani.
In ogni caso, ancora al giorno d’oggi si possono chiaramente distinguere componenti di derivazione ellenica, questo nonostante l’opera di purificazione condotta dai wahhabiti. Ciò ci dimostra come l’eredità greca sia in realtà un fenomeno universale e non solo occidentale, che ha avuto un’importanza cruciale per culture lontane, sebbene l’Europa possa legittimamente rivendicare per sé il titolo di principale erede, se non prosecutore.
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