di Cerotto

A pochi giorni dalla riapertura degli impianti di risalita sul territorio nazionale, dove finalmente, sembrava scorgersi uno spiraglio di ritorno alla normalità anche in quei contesti, come le funivie, seggiovie e via dicendo, viste fino ad un giorno prima come il male assoluto per la situazione Covid, e ora di nuovo fruibili, su una nota linea Piemontese la Funivia Stresa-Mottarone, una cabina precipita nel vuoto, condannando ad un’atroce morte ben 14 persone, tra queste anche alcune giovanissime vite.

Di fronte ad un evento così tragico, serve non altro che un istante di silenzio in rispetto del grande momento di lutto, ma a tutto questo, però, c’è anche un limite, non si può stare sempre zitti e in silenzio, di fonte a certi avvenimenti.

Sì, perché a pochissimi giorni dall’accaduto, le principali testate giornalistiche già rendono noto «tre fermi nella notte», «si tratta di fattore umano», «lo sapevano e hanno nascosto».

Ebbene, sembra proprio che queste tre persone, ora indagate, abbiano coscientemente manomesso o comunque “modificato” (senza entrare nello specifico tecnico) parti dell’impianto frenante per eludere un ulteriore possibile “stop”, dopo quello legato al Covid, da parte dei controlli, in quanto non a norma di funzionamento.

Sembra veramente assurdo, siamo di fronte ad un omicidio in piena regola, che per di più sembrerebbe anche già confessato alle autorità. Negligenze ormai viste e riviste più volte negli ultimi anni. Il silenzio che uccide, nelle situazioni più normali della vita, questa volta ha colpito la montagna.

Ma come è possibile anche la montagna?

Ritorna così in “campo” l’eterno discorso degli impianti di risalita, delle seggiovie che “sporcano” le nostre meravigliose montagne; per conto di chi? Di che cosa?

Questa vicenda per certi versi, se analizzata correttamente, ha delle similitudini con altri eventi degli ultimi anni, tutti avvenuti per una “leggerezza” umana, che ancora una volta è costata troppe vite.

Ancora una volta il bisogno di guadagno sembra essere troppo forte, sia per chi non ne ha alcun bisogno (vero Benetton?) ma soprattutto per chi ne ha, in particolar modo in questo periodo di crisi finanziaria causata dalla pandemia, non c’è tempo per fermarsi a controllare piccolezze come la sicurezza. Il tempo è denaro.

Immagini strazianti, pezzi di ferro accartocciati, corpi a terra, ma per che cosa?

Perché spesso offrire un servizio in Italia diventa una maledizione e una condanna. Allora perché non tornare a vivere una montagna pulita? Libera da questa negligenza figlia delle metropoli, delle fabbriche, del modello di vita che non concepisce altro che il denaro e il guadagno, spesso a discapito di chi, come in questo caso, ha commesso il peccato di voler passare una giornata in montagna, a respirare un po’ di aria fresca.

Chiaramente tutto questo non vuole essere un attacco indiscriminato agli impianti montani, sia ben chiaro, magari è più corretto definirlo lo sfogo di un appassionato, e perché no, uno spunto di riflessione un po’ più ampio della singola tragedia.

L’interesse nella sicurezza del territorio, infatti, dovrebbe essere prima di tutto premura dello Stato, troppe volte i beni e i servizi presenti vengono dimenticati e lasciati completamente a una negligente (se non direttamente colpevole) gestione privata.

Lo stato dovrebbe essere più presente nella verifica tecnica degli impianti e nel loro mantenimento, ricordando che tutto ciò che presenzia sul proprio territorio nazionale dovrebbe essere sentito in primo luogo parte viva dello stesso.

La situazione generale poi, seppur non giustificabile, non è stata affatto migliorata dal periodo della gestione all’insegna del “chiudere tutto” legato al Covid. In queste fasi preliminari, infatti, si può ancora concedere un beneficio del dubbio sullo stremo delle “tasche” dei proprietari, che avrà gravato sulla valutazione dei rischi, divenuti poi, triste realtà.

In queste occasioni nulla è giustificabile, ma tutto va compreso e contestualizzato all’interno di un panorama spesso estremamente precario per tutti. Sia vittime che carnefici. Da qui solo le indagini sapranno svelare il reale quadro che ha portato a questa ennesima tragedia, per il resto, il copione rimane il medesimo di sempre.