Di Luca

Non preoccupatevi, quello che segue non sarà un articolo che riguarda direttamente il COVID, che ha un po’ rotto le palle, diciamocelo, parleremo di un virus molto più pericoloso che affligge l’uomo da tempo immemore, la paura.

Partiamo dal presupposto che la paura è fondamentale e insita in ogni individuo in quanto emozione di difesa primaria, scaturisce da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia, la quale suscita reazioni organiche che preparano l’organismo ad affrontare tale pericolo con un atteggiamento che può essere di combattimento o fuga. Questa emozione ci permette di evitare banali pericoli tramite qualche precauzione (come guardare da entrambe le parti quando si attraversa una strada) e in condizioni estreme, di agire facendo persino la differenza tra la vita e la morte. Tuttavia, la paura è un’arma a doppio taglio a causa dell’incredibile potere incapacitante che può avere sull’uomo, sulla sua volontà e quindi nella sua azione.

Col passare dei secoli e il progredire della medicina, della tecnologia assieme all’apparente assenza di guerre, la ‘morte’ è un concetto che si è via via sempre più allontanato dal nostro vivere quotidiano rispetto al passato, dove era invece un evento più costante e di cui si aveva una concezione di sicuro differente. Portando inevitabilmente le persone a non considerarla come opzione e di conseguenza ad avere paura di qualsiasi genere di rischio possibile.

In un mondo in cui l’uomo è disabituato al pericolo, le paure e i timori aumentano esponenzialmente non riguardando più la sola sopravvivenza ma il quieto vivere in generale. La volontà dominante sembra essere diventata infatti la garanzia di una vita tranquilla, agiata e più lunga possibile, mettendo in secondo piano la vita che realmente si desidera. La paura della morte si è tradotta in paura di combattere per qualsiasi genere di causa, anche la più giusta secondo i propri valori.

Un esempio sicuramente attualissimo è quello delle multe per la violazione delle restrizioni anti-covid, che anche nei casi più assurdi e insensati porta i più a rimanere chiusi in casa e rinunciare a vedere i propri cari e gli amici, o meglio volendo utilizzare un termine molto di moda ultimamente, i propri congiunti. Questo tipo di paura indotta ha contagiato la società ad ogni livello, ma noi ovviamente essendo il Blocco Studentesco, ci concentreremo sui giovani. È una condizione che nasce in primo luogo dalla famiglia, che impedisce il più delle volte di fare ciò che è ritenuto giusto proprio a causa delle serie di paure descritte poco fa e ormai radicate nei genitori, insinuando così fin dalla più tenera età il sentimento di rinuncia in favore della comodità.

In secondo luogo, anche nell’ambiente scolastico prosegue il condizionamento a causa del meccanismo legato all’insegnamento per dogmi e che quindi porta i ragazzi, nella maggior parte dei casi, a ragionare appunto per dogmatismo a compartimenti stagni. La pressione diventa tale da poter arrivare al punto in cui un giovane non è più in grado di autodeterminarsi, di fare scelte e di imparare dai suoi errori essendone terrorizzato, o di intraprendere percorsi (scolastici e di vita) che lo rispecchiano veramente e nei quali riuscirebbe ad elevare se stesso proprio a causa della paura di correre qualche rischio.

Sacrificarsi e correre dei rischi per elevare il concetto di sopravvivere ad un concetto di vivere è ciò che distingue l’uomo dagli animali, ma non ci si può aspettare che tutti capiscano e condividano questo genere di scelte, altrimenti il concetto di elevazione ne uscirebbe banalizzato. Serve, necessariamente, riabituarsi a concepire il pericolo come parte integrante della vita se non vogliamo che questa transizione da homo a humus prosegua indisturbata.

Si parla però di essere arditi e non incoscienti ovviamente, bisogna certamente fare ciò che è giusto a qualunque prezzo, ma bisogna farlo nel momento del bisogno, altrimenti la linea che separa il voler vivere dal voler morire diventa molto sottile. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare l’ineluttabile: un domani moriremo, la nostra vita passerà e solo le nostre azioni resteranno.

È bene quindi fare in modo che il proprio lascito non sia un retaggio di mediocrità votata alla passiva comodità ma un mettersi continuamente in gioco per i propri sogni e ideali.