Di Lemmy


“Sono confuso, sento che devo prendermi una pausa” è una delle frasi che spesso si sente dire dopo una relazione di quattro anni, tendenzialmente burrascosa e impegnativa. Ma è una frase che evidentemente Donald Trump non conosce. L’ormai ex presidente degli Stati Uniti ha passato gennaio e febbraio in (quasi) totale silenzio stampa, tanto che noi della redazione iniziavamo a temere per la sua salute. E invece eccolo qui, più in forma che mai, il Tycoon newyorchese.

Alle 21:40 – ora italiana – del 28 febbraio si è ripresentato sul palco del Cpac di Orlando, Florida, con il suo fidato tra(m)pianto di capelli e la consueta aria di sfida al mondo intero.

(Per i non addetti ai lavori: il Cpac (o per esteso Conservative Political Action Conference)è la kermesse conservatrice annuale di tutti i simpatizzanti, attivisti, movimenti e partiti politici di stampo repubblicano, organizzata dall’American Conservative Union. – n.d.r.)

La convention americana dà l’occasione ai repubblicani di riorganizzare l’agenda in vista delle elezioni di Midterm e le prossime presidenziali, che avranno luogo nel 2024. Sorge quindi spontaneo chiedersi se sarà ancora Trump l’uomo di punta dei conservatori.

Facciamo subito un paio di conti: tra 4 anni, l’inossidabile uomo d’affari di New York avrà ben 78 anni, età venerabile e rispettabile ma impegnativa da sostenere per un Presidente, come testimonia nei mesi passati lo stesso zio Biden. L’arzillo 78enne di Scranton, Pennsylvania ha già mostrato segni di cedimento in passato: ricordiamo il capillare dell’occhio sinistro esploso in diretta tv, l’asma conclamata, il colesterolo alle stelle, le microfratture al piede… Insomma, tutte quelle problematiche e quegli acciacchi che la vecchiaia, volenti o nolenti, ci regala col passare degli anni.

Il fatto è che per entrambe le fazioni, repubblicani e democratici, la classe politica è dannatamente, inesorabilmente vecchia. Ma non solo vecchia dal punto di vista anagrafico. È vecchia perché legata a idee polverose, idee superate e folli, che ben poco hanno da spartire con il reale bene degli USA. Idee che sono le stesse dettate dall’agenda dei vecchi alti papaveri dell’UE come la von der Leyen, la Merkel o un certo Draghi che mi dicono essere oggi il nostro Presidente.

Per i conservatori sarebbe quindi arrivata l’ora di cambiarele regole del gioco, iniziando a cercare un nuovo volto, giovane, dinamico e che magari non strizzi l’occhio alle politiche filoisraelian…no ok questo è fantascientifico.

Lasciando da parte questa breve disquisizione dal carattere futurista su quanto siano inutili gli anziani candidati alle elezioni o eletti, analizziamo brevemente il discorso pronunciato da Donald. Il Tyconn parte subito calando l’asso, con la frase ad effetto che lo contraddistingue sempre: “Mi riprendo il partito” e in effetti va ammesso che le sue parole fondano le basi su solide argomentazioni.

Seppur con qualche defezione, il partito Repubblicano ha retto quando si è trattato di assolvere Trump dall’accusa di aver istigato la folla dei suoi sostenitori ad assaltare il Congresso. Una condanna avrebbe potuto infatti impedire al magnate di ripresentarsi alle elezioni e di ricoprire incarichi pubblici. Ma alla fine, in pochi gli hanno voltato le spalle.

Ecco i suoi fedelissimi, i pochi superstiti del governo, come l’ex segretario di Stato, Mike Pompeo, seguito dalla pattuglia dei senatori in cui spiccano tre nomi: Ted Cruz (Texas), Josh Hawley (Missouri) e Tom Cotton (Arkansas).

Durante il discorso di un’ora e mezza – e qui lanciamo un appello al suo responsabile della comunicazione, ti prego stringi i tempi dei discorsi – Trump ha espressamente dichiarato che non intende fondare un nuovo partito, perché «abbiamo già il Partito Repubblicano», smentendo le voci che lo vedevano come un secessionista da corrente del PD neanche fosse il Renzi dei tempi d’oro.

Ha però confermato l’idea di candidarsi di nuovo alla presidenza, e nel farlo ha lanciato nuovamente una stilettata anti-dem: “Potrei perfino decidere di batterli per la terza volta”…

Dopodiché, ha attaccato i senatori che hanno votato contro di lui al secondo processo di Impeachment: Lisa Murkowski dell’Alaska, Bill Cassidy della Louisiana e Susan Collins del Maine. E poi la deputata Liz Cheney e Mitch McConnell, il capogruppo dei Repubblicani al Senato.

“Liberiamocene – ha detto Trump – Questi RINO (Republicans In Name Only, ovvero Repubblicani solo di nome, acronimo usato dai trumpiani per ridicolizzare i moderati, ndr) che ci circondano distruggeranno il Partito Repubblicano“.

E poi che fai, non critichi un po’ anche chi ti ha soffiato la vittoria sotto il naso?

“Sapevamo tutti che l’amministrazione Biden avrebbe fatto male, ma non immaginavamo che sarebbe andata così male e quanto si sarebbero spostati a sinistra. Nel giro di nemmeno un mese, siamo passati da America first ad America last», ha detto, parafrasando uno dei principali slogan della sua presidenza.

Insomma un Donald Trump cazzuto e cattivo, come tutti i mascheroni e i carri allegorici che si rispettino e che spesso si vedevano in questo periodo. Rimane solo da vedere quanto ci sia di vero nelle sue parole e quanto invece rimarrà verbo disincarnato. Tutti noi sappiamo bene quanto siano spacconi gli americani quando sono ubriachi e fomentati, quanto le loro parole siano come sassi lanciati in un lago. Per quanto il sasso possa creare cerchi ed increspature, nel giro di pochi minuti ritorna sempre tutto uguale.

Mai fidarsi degli americani – diceva sempre mio nonno – sono come i pescatori, dei racconta palle di prima categoria”. E anche se votava Rifondazione, bisogna ammettere che tutti i torti non li aveva…