Di Alessia
Theodor Herzl fu giornalista e avvocato ungherese, visse tra il 1860 e il 1904, ebreo assimilato che dedicò la sua esistenza come attivista contro l’antisemitismo radicato nell’Europa civile, travolto da un senso di persecuzione che tormentò ogni istante della sua vita.
Il sentore di questa minaccia lo spinse a elaborare delle soluzioni alla piaga che vessava il popolo ebraico ormai da troppo tempo, da questo sentimento nasce il sionismo come movimento politico e laico, di cui Herzl stesso fu padre fondatore e pose come primo obiettivo la fondazione di uno Stato ebraico.
La soluzione al problema, secondo Herzl, viene estesa in un saggio pubblicato nel 1896, considerato il manifesto pragmatico sionista, Der Judenstaat, lo stato ebraico, un’attenta descrizione curata nei minimi dettagli del progetto sionista.
Nello scritto si coglie un presagio di estrema urgenza nel trovare una soluzione al problema ebraico oltre che un’enorme volontà di imporsi contro chiunque voglia impedire il trionfo di Israele come Patria degli ebrei.
‘Sono intimamente persuaso che ho ragione – scrive Herzl – lo Stato ebraico è una necessità universale: esso quindi sorgerà… gli ebrei che vogliano, avranno il loro Stato e lo meriteranno.’
Egli fu spinto a sostenere che gli ebrei avevano bisogno di uno Stato come gli altri per affermarsi, la pace col resto del mondo non era obiettivo contemplato, a ogni costo gli ebrei dispersi dovevano reclamare la propria Patria.
Il progetto di stato ebraico esposto nel saggio è delineato e soprattutto strutturato, si parla della creazione di un assetto socio-politico ben preciso, la realizzazione di un mercato, abitazioni, raccolta di denaro, lingua, teocrazia, leggi.
La scelta della regione è un punto discusso da Herzl, quelle prese in considerazione furono Argentina e Palestina, la prima perché ricca, con scarsa popolazione e di grande estensione, la seconda invece perché terra storica, legata alle radici della fede ebraica, oltre che luogo strategico per instaurare rapporti con l’Europa la quale si sarebbe impegnata a garantire l’esistenza dello Stato ebraico che a sua volta avrebbe con premura assicurato, con il ruolo di guardia d’onore, i luoghi sacri ai cristiani in Palestina, una forma extraterritoriale garantita dal diritto internazionale. Della parola arabi, nemmeno l’ombra.
Il passo successivo fu il trapiantamento, un vero e proprio schema di migrazione ebraica nella terra prescelta, una procedura che si sarebbe completata con gradualità, come evidenziato, seguendo una linea di azione precisa, un esodo fatto da gruppi locali con una guida spirituale a capo, fino all’insediamento nel territorio da colonizzare.
‘Si potrà così avere una forma di occupazione d’un territorio e di fondazione d’uno Stato, la quale non troverà riscontri nella storia, e offrirà tante probabilità di successo, quante finora mai non se ne sono date.’
Si sottoscrive poi la creazione di due organi, la Jewish Company, la forza creatrice dello Stato, con lo scopo di provvedere alla liquidazione e agli interessi patrimoniali degli ebrei, e la Society of Jews, il fulcro dello Stato ebraico, fondato per ricreare il nuovo paese, elaborare un piano unitario per la migrazione e la colonizzazione.
Nel 1897 l’utopica teoria divenne realtà, si svolse a Basilea il primo congresso sionista, le tesi esposte da Herzl vennero accolte, come fu anche la richiesta del diritto a una Patria, la Palestina venne detta terra senza popolo per un popolo senza terra. Quel giorno iniziò la pianificazione della pulizia etnica ancora oggi perpetrata.
‘Ci si dia la sovranità di un pezzo della superficie terrestre che basti per i giusti bisogni del nostro popolo, e di tutto il resto ci occuperemo noi stessi.‘
Gli insediamenti in Palestina cominciarono già nel 1881, le ondate migratorie penetrarono lo Stato palestinese creando le prime realtà ebraiche omogenee.
Solo nel 1917, con la dichiarazione di Balfour, viene promesso agli ebrei il territorio palestinese ai quali rimase solo il 20% della terra.
Il 14 maggio 1948 il sionista Ben Gurion proclama la nascita dello stato d’Israele, 4 milioni 700 mila gli sfollati palestinesi che lo resero possibile.
Herzl non visse mai l’olocausto e non vide il suo sogno sorgere nel nostro mondo, ma seppe bene quanto folle sarebbe stata l’attuazione del suo piano e quali danni avrebbe causato il sionismo, frutto non di una fede religiosa, ma di un astio irragionevole.
Ancora oggi, nonostante la rinascita demografica e culturale del popolo ebraico, l’antisemitismo non ha ancora cessato di esistere a loro dire, infatti i tentativi sionistici di combatterlo ci sono ancora. Pare che oggi la minaccia siano 2 milioni di civili dietro un muro di 8 metri, nel più grande campo di prigionia che il mondo abbia mai visto. Impossibile non chiedersi se il sedicente stato ebraico riuscirà a sopravvivere anche a questo temibile pericolo.
Infine chiudiamo con un’ultima citazione dal saggio di Theodor Herzl:
‘Risolveremo il problema ebraico, operiamo non solo nel nostro interesse, ma anche per molti altri travagliati ed oppressi. non dovremmo portare nuove distinzioni tra gli uomini né innalzare delle barriere.’
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