Di Jen
A pochi giorni dell’uscita del documentario “Ferro” edito da Amazon Prime sul cantante pontino, il Blocco Studentesco, non perde l’occasione per dire quanto questi faziosi personaggi in cerca di compassione abbiano rotto il cazzo.
Ricapitolando, Tiziano Ferro nasce a Latina, città che viene continuamente disdegnata nell’oretta di lagne che ci viene proposta da Amazon: città piccola, mentalità di provincia e a quanto pare piena di paparazzi. L’ unico posto che si salva è una panchina dei giardini pubblici, sì il tanto discusso parco Arnaldo Mussolini, che gli ha fatto venire l’ispirazione per una delle canzoni più trash degli anni duemila “X- dono”. Frequenta poi il Liceo Majorana, anche questo, dipinto come un postaccio pieno di bulli che non facevano che dargli del ciccione, del fallito e della femminuccia; insomma, tutti pensavano a quanto facesse schifo lui, era la vittima sacrificale di tutta la classe. Qui, però, il regista manca di fantasia perché questa pietosissima storia l’abbiamo già sentita in mille trovate cinematografiche di stampo americano che trasudano bullismo.
Le cose vanno meglio quando, già famoso, si trasferisce a Milano. Ha perso 40 chili e sta malissimo a detta sua, il lavoro lo stressa e non può fare coming out perché l’Italia è un paese di ignoranti, poverino. L’ Italia, da questo documentario disponibile sulla piattaforma più globalizzante in assoluto, ne esce dipinta come un paesino sconfinato dove tutti si fanno i fatti degli altri e dove non si può essere grassi e gay perché sennò i produttori non ti fanno i contratti discografici. La stessa Italia che lo ha reso ricco, gli stessi italiani, un po’ sfigati, che sono andati ai suoi concerti, insomma la stessa gente che gli ha permesso di diventare “famoso”.
La sua vita diventa magicamente perfetta quando si trasferisce a Los Angeles, trova l’amore della sua vita e lo sposa, va nei gruppi di recupero per alcolismo e ne esce ma soprattutto, per ostentazione di una maschera pirandelliana ridicola, lì non è famoso e gli sta bene così perché può andare al supermercato, portare a passeggio i cani e in palestra senza che nessuno gli stia addosso. Beh, caro il nostro Tiziano, ci terremmo a ricordarti che fare il cantante e diventare famosi è una scelta, nessuno ti ha costretto a vivere questa maledizione da cui fuggi.
In ogni caso, al di là del terribile documentario e dell’oscena recitazione del cantante ci si deve focalizzare su come il grande fratello che cerca di controllare le nostre vite non sia sempre il mostro del politicamente corretto: non abbiamo più il diritto di sbattercene il cazzo delle vite “travagliate” di questi personaggi che soffrono le peggiori cattiverie di questo mondo e poi diventano ricchissimi e felicissimi, non abbiamo diritto di pensare che ci sia qualcosa di più importante di questa dittatura del sorriso che cantilena slogan noiosissimi e ormai vecchi.
Razzismo, omofobia, diritti LGBT, anoressia e bulimia sono gli unici argomenti che questa società ci concede. Argomenti di cui si deve parlare ammiccando ad una telecamera e con il naso incipriato, sennò non vale.
Dai Tiziano, smettila di piangere e torna a bere le birrette con i simpatici ragazzi del Blocco Studentesco, come testimonia una vecchia foto di repertorio.
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