Di Sergio

Che cosa sta succedendo oltralpe? Cosa “non” sta succedendo verrebbe da chiedersi, se guardiamo bene. Infatti, solo nell’ultima settimana il governo transalpino ha fornito una grande prova, tutt’altro che invidiabile, di vera e propria schizofrenia. Da un lato l’approvazione di una legge storica che sanziona penalmente medici e dottori che rilasciano i cosiddetti “certificati di verginità”, ovvero una pratica (sempre meno rara) in cui si effettua un controllo sull’integrità dell’imene. Un controllo, va detto, che di solito è richiesto da genitori e futuri mariti, soprattutto appartenenti alla comunità islamica. Dall’altro lato la “rivolta delle minigonne” delle liceali francesi, una protesta pacifica a colpi di gonne, pantaloncini corti e top contro quella che è stata definita la nuova tendenza “puritana” che ha punteggiato le cronache francesi delle ultime settimane e che a quanto pare vorrebbe le donne vestite in maniera più castigata.

Che cosa intendono? Qualche esempio: due donne, il 26 agosto scorso, sono state invitate a rivestirsidai poliziotti a Sainte-Marie-la-Mer, accogliendole proteste di una famiglia preoccupata per il “turbamento” dei bambini. I media locali non riportano l’origine di suddetta famiglia, ma qualche sospetto ci ronza in testa. Venerdì scorso, invece, l’abito di una ventiduenne è stato giudicato troppo succinto dagli inservienti all’ingresso del Museo d’Orsay a Parigi che le hanno impedito di entrare, e qualche settimana fa un’altra ragazza era stata fermata all’ingresso di un supermercato di Six-Fours-les-Plages, perché “vestita succintamente” secondo il giudizio della guardia giurata. Dov’è finito quel “vietato vietare”, che nel ’68 fu parola d’ordine delle piazze e della sinistra alternativa? A quanto pare è stato sostituito da un più becero “vietato scopare”, un nuovo e calzante inno della sinistra che da quel ormai lontano e perduto 1968, ha abbandonato i sogni di rivoluzione e i “diritti delle masse e dei lavoratori” per diventare la vessillifera degli interessi delle minoranze.

Un vero cortocircuito se ci si ferma solo un attimo a pensare. Vietare i certificati di verginità è più femminista o anti-femminista? Ma soprattutto, è più anti-sessista o più anti-islamico? Domande che si saranno posti in molti (ma forse chi scrive né sopravvaluta la capacità critica) tra i fanatici della sinistra globalista che non perde occasione per ricordarci quanto l’Islam sia una religione di pace compatibile con il nostro “modello occidentale”, che si batte di giorno per i diritti e l’emancipazione delle donne ma di notte deve difendere proprio quella religione che le vuole illibate e caste  prima del matrimonio (istituzione antica e patriarcale) mentre il ministro dell’istruzione francese Jean-Michel Blanquer dichiara come un vecchio prete di campagna che “Basta vestirsi normalmente e andrà tutto bene” riferendosi alle restrizioni sul vestiario imposte nelle scuole di Francia. Una bella gatta da pelare, roba da emicrania (anche per chi scrive).

Che fare? Anche qui c’è da chiedersi cosa non fare. Prima di tutto evitare posizioni da vecchi reazionari imbolsiti, perbenisti che con il ditino alzato sognano bibbia e buoncostume mentre gli si gonfia la patta. La protesta delle liceali francesi è sotto molti punti di vista sacrosanta (ce ne fossero di proteste così…) ma si scontra inevitabilmente proprio con quel cortocircuito di cui sopra. Infatti, a cavalcare la protesta delle liceali arrivano fulminee e rapaci tutte quelle sigle, siglette, associazioni ed esponenti alla #MeToo che rendono una protesta che dovrebbe essere indirizzata contro ben precise pratiche allogene ed integraliste, dal burka al certificato di verginità, verso invece il solito colpevole della narrativa femminista, ovvero il maschio bianco che scambia una minigonna per un’avance sessuale. Il puritanesimo arriva perché qualcuno non vuole affrontare il proverbiale “elefante nella stanza”, non perché un ragazzo ci prova con una ragazza in topless. Un elefante che si chiama differenza culturale, o anche solo differenza, tra gli immigrati e gli europei. Non potendo affrontare il grosso problema dell’immigrazione per paura dello stigma del razzismo, soprattutto quell’immigrazione che non fa differenze se una signorina ha la minigonna o i pantaloni lunghi, si colpisce ciò che in ogni caso è già debole: la coscienza europea.

Ai ragazzi e ragazze europee viene imposto un puritanesimo di facciata, fatto di belle regole sul vestiario ma libertà di accesso incondizionato ad ogni tipo di pornografia (paradossalmente), mentre all’immigrato non solo è concesso un manuale sul come scopare le europee (come quello che fu rilasciato in Germania dalla Merkel) ma anche il beneficio del dubbio quando uno di loro prende troppo alla lettera il manuale. Nulla di nuovo, direte. A rappresentazione di questa cattiva coscienza arriva anche la posizione di chi i certificati di verginità li rilascia, cioè i ginecologi. “Siamo decisamente contrari ai test di verginità. È una pratica barbara, retrograda e totalmente sessista – hanno precisato – ma spesso ci capita di dover fornire questo certificato a una giovane donna per salvarle la vita, per proteggerla perché è indebolita, vulnerabile o minacciata.”. Hanno così firmato un appello pubblicato su Libération, per chiedere all’esecutivo di fare marcia indietro ed evitare di mettere in pericolo le ragazze che vivono in famiglie integraliste. Spesso infatti queste donne sono inermi di fronte al mondo maschile, per il quale l’illibatezza resta una condizione obbligata per le nozze. Di fronte ad una religione forte contrapponiamo una scienza debole, priva di qualsivoglia fede, che si piega prima che al dogma integralista al dogma umanitario occidentale.

Torniamo quindi al cortocircuito, al nodo gordiano che nessuno riesce a disfare perché chi tira da un lato tira anche dall’altro senza una soluzione. Cosa dev’essere vietato? L’integralismo o la minigonna? È più retrogrado l’islam o il maschio bianco? La donna deve poter essere liberamente vergine o verginalmente libera? Non ci è dato sapere, di solito è così per questi processi frutto di anni ed anni di ipocrisia umanitaria ed evangelizzazione femminista. L’unico modo per disfare questo nodo è chiaramente quello di spezzarlo senza dubbi o perplessità: la soluzione arriva dal nostro retaggio arcaico, dai millenni di tradizione e civilizzazione europea che ci insegnano il dualismo dell’uomo e della donna, del rispetto delle parti che da Ettore ed Andromaca fino a Paolo e Francesca, costruiscono l’humus di quella civiltà che ha edificato templi a divinità maschili quanto femminili. Non si tratta di storia, ma di un nuovo modo di affrontare il presente, liberi da imposizioni nevrotiche come quelle che stanno investendo la Francia. Il problema, non mi stancherò mai di ripeterlo, non è l’Islam che esercita la sua vitalità, ma noi che non esercitiamo la nostra. Avanzano dove noi scompariamo, anche e soprattutto sulla natalità. Riprendere il contatto con la realtà e la natura è il modo più facile per tagliare i ponti con una società costruita sull’irreale che si sta (giustamente) estinguendo: uomo e donna, consapevoli delle proprie responsabilità, tanto basta per essere sé stessi e trovare la vera libertà.