Di Rocco
A differenza di quanto indicato dalla storiografia dei vincitori e della visione storica tutto meno che oggettiva portata avanti dagli alfieri dell’antifascismo e del politically correct, durante la seconda guerra mondiale non vi furono, nelle principali potenze dell’Asse, solo combattenti delle Nazioni di appartenenza.
Le tre potenze principali – Italia, Germania, Giappone – ebbero reparti o intere divisioni di volontari tra i loro organici.
Il Giappone ebbe addirittura delle unità di russi bianchi, esuli sin dalla guerra civile russa e rifugiatisi in Manciukuò – all’epoca protettorato nipponico – desiderosi di vendetta contro il mostro sovietico che aveva stravolto le loro vite.
Caso emblematico fu però quello delle legioni SS formate interamente da stranieri. Basti pensare che sul finire della guerra, le Waffen-SS contavano 38 divisioni nel suo organico, di cui 25 erano formate da combattenti non germanici. Le Schutzstaffel combattenti furono il primo e unico esempio di forza armata pan europea.
La prima di queste legioni che sicuramente verrà in mente è quella francese dalla Charlemagne, tra gli ultimi strenui, granitici difensori di una Europa che nel ’45 moriva a Berlino.
Grandissima prova di valore venne data dai volontari belgi, il cui capo Léon Degrelle decise di arruolarsi come soldato semplice anziché come ufficiale, poiché “non si può comandare senza prima aver obbedito”. Il contributo di questi volontari fu importantissimo in numerose battaglie. Quella belga fu una delle legioni di volontari a pagare un prezzo altissimo in vite umane. Non un solo lembo di terra poteva essere donato al nemico.
Anche noi italiani non fummo da meno: la 29a Legione ebbe un organico totalmente italiano e prese parte ai combattimenti di Nettuno durante lo sbarco angloamericano. Prese parte anche alla difesa della Linea Gotica, venendo decorata con la medaglia d’argento al valore militare.
Ovviamente non furono solo i francesi della Charlemagne, gli italiani e i belgi ad essere annoverati tra le fila di migliaia di giovani europei – e non solo – che combatterono nel nome della Tradizione e del sacro vincolo di sangue che unisce i figli d’Europa sin dalla loro nascita: norvegesi, russi, spagnoli, inglesi. Perfino degli indiani, a testimonianza della radice indoeuropea di certi popoli. La stragrande maggioranza di loro combatté sul fronte orientale, in quella che fu definita “La grande crociata contro il comunismo”.
Quest’ultima lotta risvegliò la fiamma sopita nei cuori degli uomini, che intuirono non trattarsi di una guerra per qualche mero motivo economico, ma piuttosto uno scontro di civiltà.
Uno scontro che ancora oggi si combatte, al quale partecipa chi quella eredità ha deciso di accoglierla. È lo scontro di chi ha deciso di custodire dentro di sé una fiamma che va tramandata e donata a chi verrà dopo di noi, per far sì che il sacrificio della migliore generazione d’Europa non venga vanificato.
“Sacrosanta lotta del sangue contro l’oro, del lavoro contro il capitalismo, dello spirito contro la materia”.
– 29. Waffen-Grenadier Division der SS.
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