Di Leonardo

Ai giorni nostri la parola eroe viene usata continuamente, principalmente per descrivere persone che meritino stima o comunque da prendere come esempio.

Spesso questa viene poi storpiata ed utilizzata per persone che ben poco hanno di eroico ma che fa comodo affiliarci questa etichetta. Un esempio lampante arriva dall’America con i fatti di Minneapolis

Oltre a quest’uso comune quando si dice la parola “eroe” a tutti vengono in mente i cosiddetti “Super-eroi” che vediamo al cinema, in Tv, nei fumetti e nei libri.

Ma chi erano realmente gli Eroi? Che significava avere questo titolo alla sua origine?

Per molti sarà ovvio ma bisogna subito chiarire che gli Eroi del mito ben poco hanno a che vedere con gli eroi odierni.

Quando gli eroi a noi contemporanei agiscono sempre negli schemi della moralità più classica e “umana”, mai osando di infrangerla, gli Eroi del mito vanno nell’esatto verso opposto: sono quindi completamente amorali, spesso portatori di rancori e inclini alla collera.

All’eroe pacato e buono si oppone un Eroe belligerante e “malvagio”.

All’uomo ragno che si rifiuta di uccidere i suoi avversari troviamo in completa antitesi Achille che trucida i troiani per placare la furia dovuta alla morte del compagno d’armi Patroclo.

L’Eroe quindi non si curava dell’opinione altrui sul suo operato anzi, in quanto superiore alla maggioranza dei suoi contemporanei, tende a non prenderli neppure in considerazione come degni di poter giudicare ciò che lui compie per completare la sua missione.

Questa amoralità non bisogna però intenderla nel senso lato del termine bensì come distaccamento dalla morale comune per crearne una propria più “libera” seguendo quindi una dottrina non dissimile da quella del superuomo di Nietzsche.

Gli eroi moderni riflettono l’ambiente che li ha partoriti, ormai caduto nel moralismo cieco e nel culto dell’emarginato, del pacifista e del debole.

Alla fine cosa rispecchia maggiormente una società se non ciò che pone come esempio di perfezione?

Questi eroi, nella loro convinzione di agire secondo un senso logico, agiscono in realtà in maniera caotica: senza un obbiettivo chiaro e limpido ma anzi mobile; tengono sempre e solo conto di ciò che è più buono non ciò che è più giusto.

A dimostrazione di ciò abbiamo Batman che, proprio come il già citato Uomoragno, si rifiuta di uccidere i propri avversari optando sempre per consegnarli alla polizia.

Quello che alla massa sembra un atto ammirevole, nel pieno stile del concetto cristiano “Porgi l’altra guancia “, non è altro che la decisione più stupida presa dall’eroe che porterà ad eventi molto significativi. Joker, nemico per antonomasia di Batman, riuscirà infatti a rapire Robin per poi ucciderlo. La morte del giovane ragazzo segna profondamente Batman ma questo persevera con la sua decisione di non uccidere Joker ma di limitarsi a farlo chiudere in manicomio, posto da cui scapperà più e più volte continuando a terrorizzare la città.

Se il nostro eroe avesse quindi messo da parte la sua morale si sarebbero evitate decine e decine di morti, tra cui quella di uno dei suoi più leali aiutanti.

Il Vero Eroe era un simbolo di grandezza in grado di scuotere un senso di soggezione ed ammirazione verso di esso, spesso questi aveva una origine semi-divina e ciò lo portava ad essere la rappresentazione di un ponte tra uomini e Dei. Capace di poter eliminare qualsiasi avversità ma non immune alle debolezze ed ai vizi classici dell’uomo. Non si poneva assolutamente problemi ad eliminare i propri avversari e così facendo si assicurava che questi non potessero tornare per intralciare il cammino dell’Eroe verso il compimento della sua missione.

Continuando poi ad analizzare le differenze tra Eroe epico ed eroe odierno con gli occhi di Nietzsche possiamo trovare due modi diversi di porsi davanti alla morte di Dio.

I nuovi eroi seguono infatti la nuova religione nata a sopperire la mancanza di Dio: la scienza.

All’interno del pantheon dei nuovi eroi infatti ad ogni azione ed abilità padroneggiata da uno di questi si dà una spiegazione che non vada mai a scalfire l’esistenza di un piano dell’essere superiore da cui discenda la propria natura oltreumana. Questo concetto vede poi la sua massima realizzazione nel rendere gli Aesir della cultura Norrena dei semplici alieni che hanno visitato la terra a più riprese, privandoli quindi della loro natura superiore ed archetipica rispetto al comune umano.

L’Eroe epico invece annuncia la morte di Dio ancor prima che essa accada, esso infatti non si piega alla volontà degli Dei nemmeno quando questi camminano e vivono in mezzo agli uomini o quando questi sono direttamente i suoi progenitori; insegue la propria gloria muovendo guerra non in nome delle divinità ma per potersi dimostrare superiore a loro, si potrebbe dire che l’apice di un Eroe epico sarebbe quello di decapitare il proprio stesso archetipo per prenderne il posto, esattamente come egli stesso fece prima di lui (Wotan che uccide lo Jötunn Ymir, Zeus che spodesta suo padre Crono e quest’ultimo che a sua volta detronizzò il padre Urano evirandolo).

All’interno della figura dell’Eroe trovavamo quindi un essere in primo luogo in lotta con la parte più debole di se stesso, quella umana, che lo portava a compiere errori e quindi a cadere in preda alle emozioni. L’obiettivo ultimo e naturale dell’Eroe è conseguentemente quello di sopprimere il più possibile la propria umanità così da poter raggiungere una forza tale da poter uccidere le divinità e prenderne il posto.

Mentre gli eroi odierni si comportano in maniera opposta, spesso rinnegando le loro caratteristiche sovrumane e fantasticando di avere una banale vita comune senza significato. Non riconoscendo il proprio Dio (la scienza) come tale, precludono la possibilità di sostituirsi ad esso rimanendo per sempre concatenati alla loro situazione stagnante.

Da un Eroe quindi imperfetto ma puramente libero, poiché slegato dalla morale e dal giudizio degli uomini, ci ritroviamo di fronte ad un eroe che pretende di essere perfetto ma schiavo della morale degli uomini.

È quindi evidente che per la società contemporanea un’Eroe epico sia un completo tabù e sarebbe più adatto ad interpretare il ruolo dell’antagonista; eppure senza di loro non sarebbe caduta Troia e non sarebbe nata Roma, l’omicidio del re dei nani Hreiðmarr non sarebbe mai stato vendicato e gli Unni sarebbero dilagati in Europa (ovviamente tutto ciò all’interno delle relative opere letterarie e non realtà storiche). Li si può quindi chiamare antagonisti se le loro azioni portano a risultati concreti?

Forse per tornare ad avere una gioventù sana e non passiva servirebbe andare a sostituire tutti i vari falsi eroi che vengono mostrati fin dalla tenera età con gli Eroi mitici in grado di trasmettere valori che nessuna delle loro controparti odierne può anche solo sognare di dare. L’istinto di raggiungere una perfezione che vada aldilà di ciò che è umanamente possibile, ascendendo a forme più ancestrali dell’essere, è il messaggio che gli Eroi e i miti cercano di dirci; purtroppo oggi si preferisce un semplice uomo in calzamaglia che girovaga ad aiutare chiunque da bravo samaritano piuttosto che ricercare nelle proprie tradizioni individui che insegnino a percorrere la strada per il raggiungimento dell’apice dell’essere.

In conclusione, quanto è rimasto quindi di Eroe negli eroi dei nostri tempi?

Probabilmente solo il nome.