Di Filippo
“Nel cuore Corridoni, nel pugno Carnera”, canta la band romana Bronson nel loro brano La Strada, accostando una della massime figure del socialismo rivoluzionario ad un gigante del pugilato italiano.
Cosa vuol dire essere “nel cuore Corridoni”?
È un invito, quello che la band ci rivolge, ad avere un cuore grande e generoso, che sappia battere solamente per la nostra amata Italia, essendo pronti a sacrificare la propria vita per un bene superiore; un’esortazione a combattere contro noi stessi, sconfiggendo il borghese che è in noi che ci vorrebbe relegati ad una vita piena di comodità. Un invito ad essere uomini e leader capaci di proporsi come esempi per le generazioni future, ad essere uomini d’azione, proprio come fu lo stesso Corridoni che per amor di Patria cadde con eroico coraggio sulle trincee del Carso, nella terza battaglia dell’Isonzo, durante la Prima Guerra Mondiale.
Corridoni, fra i massimi esponenti del sindacalismo rivoluzionario del primo decennio del Novecento – da una iniziale posizione antimilitarista, espressa dal suo giornale “Rompete le Righe!” fondato nel 1907 – alla scoppio della Prima Guerra Mondiale si schiererà apertamente con la corrente interventista, sicuro che la fine del conflitto porterà un cambiamento decisivo per il Paese e aprirà grandi opportunità per costruire, su nuove basi economiche e sociali ma soprattutto morali, una rivoluzione sociale grazie alla sconfitta delle forze reazionarie. Non fermandosi ad una posizione solo enunciata, si farà uomo d’azione arruolandosi volontario e combattendo in prima linea per difendere i sacri confini natii. Morì nel tentativo di conquistare la trincea delle Frasche alla testa della sua Brigata Siena, immolandosi con abnegazione in una missione giudicata quasi impossibile che non affievolì in alcun modo il suo spirito combattivo. Profetica fu la sua affermazione: “Morirò in una buca, contro una roccia o nella corsa di un assalto, ma se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico, come per andare più avanti ancora!”.
Fulgido esempio di coraggio, Corridoni verrà insignito alla memoria con la medaglia d’argento al Valore Militare, tramutatasi poi nel 1933 in medaglia d’oro dallo stesso Mussolini, suo grande amico, il quale farà costruire inoltre un’ imponente statua nella sua città natale, Pasula, oggi Corridonia in omaggio al suo più celebre cittadino.
“Nel pugno Carnera” è un omaggio che i Bronson rivolgono alla “montagna che cammina”, soprannome del pugile italiano più famoso di sempre, diventato una stella della boxe negli anni ‘30 quando conquistò il titolo di campione mondiale dei pesi massimi battendo Jack Sharkey e diventando il primo pugile italiano a compiere tale impresa.
Carnera nacque da una umile famiglia friulana a Sequals, piccolo paesino in provincia di Pordenone; in giovane età emigrò in Francia in cerca di un lavoro, facendo inizialmente il carpentiere e in seguito – spinto dalla necessità di colmare la fame che lo tormentava – lavorò in un circo come attrazione. Fu notato allora da un ex campione francese di pugilato, Paul Journée, che lo introdusse inizialmente al mondo della boxe riconoscendone le grandi potenzialità.
Carnera stesso ci ricorda come la boxe, oltre a ad uno stile di vita che insegna a rialzarsi ogni volta che si finisce al tappeto, sia stata anche il solo modo che aveva per garantire ai propri figli una vita decorosa: “I pugni si danno, i pugni si prendono. Questa è la boxe, questa è la vita. E io nella vita ne ho preso tanti di pugni, veramente tanti…ma lo rifarei, perché tutti i pugni che ho preso sono serviti a far studiare i miei figli”. Benché il mito di Carnera si soffermi spesso solo alla potenza fisica, in realtà il nostro campione si era avvicinato con umiltà, da autodidatta, alla letteratura classica; la figlia Giovanna, nelle sue memorie, ce lo descrive come amante della lirica e della poesia, tanto da recitare a memoria versi della Divina Commedia di Dante Alighieri. Un uomo sempre teso a migliorare, nello sport come negli aspetti più intimi della propria vita.
Nonostante Carnera abbia dolorosamente scelto di emigrare dall’Italia, vivendo fra Francia, Inghilterra e America, la sua Patria ebbe sempre un posto riservato nel suo cuore, tanto da essere il suo primo pensiero all’indomani del titolo: all’Italia e al Duce dedicò la vittoria, orgoglioso di aver guadagnato – da italiano – un posto di prestigio nello sport mondiale. Tale fu sempre il suo amore per la Patria che scelse, ormai malato, di fare ritorno a Sequals per passare gli ultimi momenti della sua vita serenamente, morendo nella sua casa il 29 giugno 1967, nel 34esimo anniversario della conquista del titolo mondiale.
Ciò che accomuna Carnera e Corridoni è sicuramente il loro spirito combattivo, consolidato nella lotta e nel sacrificio, chi sul ring e chi in trincea, il disperato amore per la propria Patria e il fatto che furono presi come modelli e figure simbolo durante il Ventennio, figure che incarnavano l’Uomo Nuovo.
Nel brano La Strada un’altra frase è degna di riflessione: “Ricorda chi sei tu, la tua storia è scritta nel DNA”. E se la nostra storia è scritta dentro di noi dobbiamo ricordarci ogni singolo giorno di chi ci ha preceduto sul cammino e chi ha portato in alto nel mondo il nome del nostro Paese, affinché i loro esempi non siano mai dimenticati. Traiamo da queste figure di riferimento un ideale di vita che sposi forza e coraggio, che coniughi l’azione all’amor patrio, perché la nostra generazione possa orgogliosamente gettare il cuore oltre l’ostacolo e tendere sempre alla vittoria.
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