Di Lemmy
Domenica 14 giugno 2020 la popolare piattaforma di condivisione video e intrattenimento YouTube, che risponde a Mamma Google, oscura il canale di Radio Radio, per motivi ancora bene da chiarire.
Ma andiamo con ordine.
Radio Radio è un’emittente radiotelevisiva italiana, con tutte le autorizzazioni previste dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. È una radio libera, attiva da molti anni e dalla comprovata affidabilità, prescindendo da ogni orientamento politico.
Sul loro canale YouTube, nel limite delle Norme della Comunità, ogni soggetto che gestisce e/o possiede il canale può caricare ciò che preferisce. Il problema sorge quando YouTube, e quindi sopra di loro Google stessa, decide che alcuni contenuti possono evidentemente dar fastidio a qualcuno.
Questa capacità di discernere le potenziali minacce in rete, intendiamoci, se vista da questa posizione, per i fruitori del video, è un meccanismo utile. Diventa un problema solo quando il Grande Fratello drizza le orecchie e si accorge – come un lupo morente che deve finire la preda – che qualcosa ha preso una piega sbagliata.
Già il 3 giugno, come raccontato in un video della stessa Radio Radio sul loro sito e su Vimeo, YouTube ha segnalato e – come si dice in gergo – abbattuto un video. Il video in questione riguarda una breve intervista, un intervento telefonico con Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. Il focus di questo confronto era una breve anticipazione della puntata serale di Report, con un approfondimento sulle mascherine promesse dal governo, magicamente sparite.
Una breve nota tecnica: YouTube, da brava azienda privata qual è, può decidere in ogni momento di rimuovere contenuti, ma deve ovviamente motivarne la rimozione. Dopo un primo avviso, i successivi due avvertimenti prevedono l’oscuramento del video in questione. Alla terza violazione scatta la chiusura del canale.
E in questo caso, la violazione delle norme comportamentali si configura come “violazione delle norme sulle armi da fuoco“. A parte il fatto che ci sono centinaia di canali che trattano di armi da fuoco, con tutte le violazioni delle norme del caso, che non hanno mai ricevuto un singolo avviso (neanche avvertimento, avviso).
In più, nel video del 3 giugno non c’è nessuna arma da fuoco. L’unica vaga allusione alle armi, è l’aver citato il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, con il suo soprannome, Lo Sceriffo. Ma questo è proprio voler cercare l’ago nel pagliaio della follia. Dopo un primo reclamo da parte di Radio Radio, YouTube ha calato la mannaia: primo avvertimento e video rimosso, senza appello. A Radio Radio si mettono il cuore in pace, vista l’impossibilità di avere un confronto reale con un operatore o con un qualsiasi altro fenomeno del Tubo e tirano avanti. Ma non per molto.
Non contenti, a Mountain View, addì 14 giugno, hanno deciso direttamente di chiudere il canale di Radio Radio. Questa volta l’accusa è più pesante. Secondo Google, il canale di Radio Radio sarebbe reo di aver ospitato immagini di minori in “situazioni sessualmente allusive“.
“Secondo quanto stabilito dalle norme della community, YouTube non è luogo per comportamenti predatori“, questo si legge nella email ricevuta e pubblicata interamente da Fabio Duranti, l’editore di Radio Radio. Comportamenti predatori che, a legger queste frasi, hanno però la possibilità di esistere altrove.
Chiaramente le situazioni “sessualmente allusive” di cui sopra, con protagonisti dei minori, non sono mai andate in onda su nessun canale dell’emittente, ma ciò non ha impedito a YouTube di abbassare a forza la serranda online di una radio libera. Radio che ovviamente adesso si mobiliterà, perché certe frasi sono configurabili come calunnia, sono diffamanti e ignobili, senza nessuna prova fisica della veridicità e di conseguenza totalmente immotivate.
Non prendiamoci in giro dietro a motivazioni stupide: questa è la deriva di un sistema ormai allo sbando. Il potere globalista ha ormai gettato la maschera, non cerca più nemmeno di nascondere la sua natura censoria e antidemocratica. Quanto è successo a Radio Radio prova indirettamente l’efficacia del loro lavoro e mette ancora di più a nudo quell’ormai putrescente conglomerato di interessi che si affatica notte e giorno ad imporre un pensiero unico, una agenda unica, un immaginario unico.
Una censura sempre più pervasiva ad opera di enti privati transnazionali, da una parte divenuti il luogo unico del dibattito pubblico – promettendoci al tempo un paradiso di libertà di contenuti, poi invece divenendo rigidi censori al servizio della narrazione dominante – dall’altra, arrogandosi il diritto di violare il dettato della Costituzione, mirando a orientare e condizionare in modo manipolatorio il dibattito stesso, impedendo al cittadino la formazione di una vera conoscenza dei fatti e della direttrice degli eventi in corso.
E non illudiamoci, questa volta è il turno di Radio Radio.
La prossima vittima chi sarà?
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