Di Rocco
In questi giorni non si è potuto tristemente non notare l’imperversare di una follia iconoclasta contro numerosissimi monumenti ed opere pubbliche.
Sembra insomma essere tornati ai giorni più bui del crollo dell’Impero Romano, dove orde di barbari vandalici saccheggiavano e abbattevano le statue dei Cesari. Peccato che sia il 2020.
Curioso inoltre se si pensa che uno dei cavalli di battaglia dei progressisti sia proprio usare l’anno corrente per avallare qualche loro nuova tesi: ”nel 2020 non dovrebbero esistere i confini!”, per dirne solamente una. Evidentemente condannare azioni come abbattere le statue, saltarci sopra, gettarle nei fiumi, urinarci et similia non rientra nel calendario del progresso.
Ma tutto questo non dovrebbe stupirci.
D’altronde il comunismo e l’antifascismo non sono nuovi ad atti del genere, anzi, potremmo dire che sono il loro più grande marchio di fabbrica. Basta scavare un poco nella storia per accorgersene.
La psicosi iconoclasta di oggi, ad opera di sigle come ANTIFA non è altro che un ritorno alla pratica dei loro antenati che tanto hanno amato distruggere le radici culturali dove gli è stato possibile. D’altronde il nuovo uomo sovietico, aldilà della propaganda rossa, altro non era che un uomo strappato alle sue radici, un uomo senza identità, senza un popolo e senza una nazione dove riconoscersi. Un automa dedito alla produzione: un servo lobotomizzato del soviet.
All’atto pratico basti pensare alla distruzione del Palazzo Reale di Königsberg. Il palazzo nacque come castello e residenza per il Gran Maestro dell’ordine teutonico, divenne residenza ducale e infine palazzo reale Prussiano. Una struttura risalente almeno al 1257, dal valore storico, artistico e culturale inestimabile.
La guerra lo danneggiò non poco, ma era ancora possibile recuperarlo. Venne però abbattuto per ordine di Leonìd Il’ìč Brèžnev, poiché secondo la sua grande mente di nuovo uomo sovietico il castello reale di Königsberg era un retaggio del militarismo prussiano. Fa ridere vero?
Ma la storia non finisce qui, purtroppo. Perché le illuminate menti sovietiche decisero di costruire al suo posto la casa dei soviet: un aborto di cemento armato e ferro di 21 piani la cui costruzione, iniziata nel 1970, è ad oggi ancora incompiuta.
Ma la storia in questo caso si prese la sua meritata vendetta. L’edificio fu un incubo di logistica per i sovietici, dovettero continuamente apportare modifiche alla struttura e al progetto poiché le menti del nuovo uomo sovietico non fecero i conti con le numerose gallerie costruite nei secoli al di sotto del castello, che andarono a minare le fondamenta della casa dei soviet. Quest’ultimo evento venne definito da molti cittadini anziani tedeschi come: ”la vendetta dei prussiani”.
Si potrebbe davvero continuare all’infinito, si potrebbe parlare della distruzione di una fetta enorme del patrimonio artistico cinese durante la “grande rivoluzione culturale”.
Si potrebbe parlare della distruzione della stragrande maggioranza di monumenti Italiani in Istria ad opera dei criminali comunisti titini, che si andrebbe ad aggiungere al tutt’ora impunito massacro di migliaia di nostri connazionali infoibati.
L’unica verità in tutta questa pazzia è solo una: non c’è cultura nell’antifascismo, ma c’è solo la volontà di distruggere. E di rimpiazzare con mostri a loro immagine e somiglianza tutto quello che c’è di bello.
Non può esserci cultura senza tradizione.
Non può esserci uomo senza radici.
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