Di Marco
Una forza militare spaziale in mano ad una super-potenza crudele e senza scrupoli che non si fa problemi a scatenare guerre per accaparrarsi le risorse altrui? No, non stiamo parlando della Marina Imperiale di Star Wars sotto la guida del feroce Darth Vader, anche perché altrimenti il quadro sarebbe molto più lusinghiero, ma parliamo del nuovo progetto del presidente Trump: l’espansione USA nello spazio.
Ha fatto molto parlare di sé la decisione del presidente americano di rendere indipendente, nel 20 Dicembre 2019, la United States Space Force, la più giovane branca delle forze armate USA uscita dal nido confortevole del comando dell’aviazione. I doveri di questa Space Force sono ben chiari: proteggere gli interessi americani nello Spazio, arginare le aggressioni nello e dallo Spazio e condurre le prossime operazioni spaziali.
L’importanza militare dello Spazio del resto non è una novità alla Casa Bianca. Già nel 2000 la presidenza di Bush sottolineava la necessità di una difesa a livello spaziale e nel 2018 il presidente Trump definiva lo Spazio una zona di guerra “Una zona di guerra proprio come la terra, l’aria e il mare”.
Nella realtà le competenze di questa nuova forza militare si dovrebbero limitare per il momento ad ideare metodi di difesa (ed attacco) dei sistemi satellitari, ormai divenuti fondamentali per ogni paese dal punto di vista militare non meno di quello civile. Nonostante i pochi fondi stanziati, ben pochi paesi possono vantare una così minuziosa attenzione militare nei confronti dello Spazio: in particolare Russia, Cina e i nostri vicini d’oltralpe, la Francia.
L’Italia invece? Se gli USA possono vantare un’intera forza armata dedita all’espansione dei propri interessi nello spazio che conta circa 88.000 dipendenti attivi tra civili e militari, l’Italia può fregiarsi dell’Agenzia Spaziale Italiana: 260 dipendenti. Non bisogna farne una questione di numeri, anche l’ASI ha avuto i propri progetti e successi, basti pensare che senza il radar MARSIS, sviluppato proprio dal nostro paese, la missione Mars Express non avrebbe potuto rivelare la presenza di tracce di acqua e metano sul pianeta rosso. Nonostante gli importanti contributi tecnologici però la presenza umana italiana nello Spazio è sempre stata decisamente limitata, così come lo sviluppo di sistemi di trasporto orbitali esclusivamente nostri. Da Malerba nel 1992 a Samantha Cristoforetti nel 2014, i cosmonauti italiani si sono sempre recati in orbita con mezzi stranieri, americani e russi, denotando una forte mancanza del nostro paese in quella che si prospetta la nuova “corsa allo spazio” che Trump è ben intenzionato a portare avanti.
Non solo, importantissimi progetti dell’ASI, moduli logistici di trasporto orbitale, sono stati ceduti alla NASA in cambio dell’opportunità di mandare in orbita i nostri astronauti. Un po’ come fornire il motore della macchina a qualcuno in cambio di un passaggio.
I programmi Vega dell’ESA (European Space Agency), finanziati in gran parte dall’Italia, hanno permesso di rendere autonoma l’Europa nel mettere in orbita i propri satelliti ma ad oggi la loro prosecuzione è messa a rischio dalle mire francesi nella ricerca spaziale europea. Nel Novembre 2019 infatti la Francia si è detta disposta a sottoscrivere il programma Vega-E solo in caso di una partecipazione del 15/25% della propria industria di difesa (Dassault) a cui verrebbe assegnato il controllo tecnologico e strategico del programma. Insomma l’Italia finanzierebbe per gran parte il progetto senza però poter prendere le decisioni. Certo, ci hanno promesso di creare una enclave italiana nella base spaziale in Guyana Francese e di far volare di nuovo Samantha Cristoforetti, ma sono le classiche magre consolazioni che l’Italia troppe volte ha accettato in cambio della cessione dei propri settori strategici.
Mentre i nostri governi incompetenti stanno quindi a guardare l’Italia (tecnologicamente avanzatissima) perdere sempre più il passo con un’Europa “spazialmente Franciocentrica” gli USA, sotto la spinta energica di Trump, proprio pochi giorni fa hanno mandato in orbita due uomini grazie ai soli propri mezzi, dopo anni di assenza in favore dei Russi. L’ennesima dimostrazione che la battaglia per lo spazio non è affatto terminata negli anni novanta ma continua imperterrita e non necessariamente deve avere degli esiti banali.
Quale futuro per l’Italia in quest’ottica? La nostra azienda Avio è primaria nell’industria spaziale europea e gli sforzi dell’ASI sono di prim’ordine, ma se la battaglia si sposta sull’asse politico è il governo che deve tirare fuori le palle e far valere le proprie ragioni di fronte ad un’Europa sempre più Francese e Tedesca, ma con Conte e Di Maio, permetteteci di dubitare.
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