Di Marco
“So, Hermes, thou art wed,
So, Aphrodite, mine,
In one sweet spirit shed>
In one ambrosial bed,
In one fair frame divine“
White Stains, Aleister Crowley, 1898
La pulsione sessuale in seguito alla famigerata rivoluzione sessuale del 68 non è affatto perdurata in guisa di una inibizione insormontabile di freudiana memoria, checché tuttavia viga attualmente un buoncostume filisteo francamente risibile, e che in realtà è il palcoscenico delle più sconce depravazioni erotiche che giocoforza la facciata borghese maschera con solerzia ai più sprovveduti, o invero, a coloro che comprendono prontamente gli svolgimenti sottostanti ma che danno a intendere di rispettare le regole di codesta celata sopraffazione assunta a gioco bdsm. Innanzitutto, il sesso come la morte è l’unico tema che più di tutti si comprova totalizzante nella vita umana e ovviamente in tutte le forme organiche con parvenza di vitalità. Ouspensky nel suo Frammenti di un insegnamento sconosciuto riassume magistralmente quanto appena enunciato con il seguente discorso:<< (…) il sesso gioca un ruolo enorme nel mantenimento della meccanicità della vita. Tutto ciò che fanno le persone è in relazione con il sesso: la politica, la religione, l’arte, il teatro, la musica, tutto è ‘sesso’. Credete voi che la gente vada in chiesa per pregare, o al teatro per vedere qualche nuova rappresentazione? No, questi non sono che dei pretesti. La cosa principale, a teatro come in chiesa, è che si possono trovare delle donne e degli uomini. Ecco il centro di gravità di tutte le riunioni. Che cosa è che conduce la gente nei caffè, nei ristoranti, alle feste di ogni sorta? Una cosa sola: il Sesso. Ecco la principale sorgente di energia di tutta la meccanicità. Tutto il sonno, tutta l’ipnosi, derivano dal sesso>>.
Vorremmo però porvi all’attenzione il nocciolo di questa nostra disquisizione antimoderna e cioè la concezione del sesso che deve far propria chiunque si proclami un uomo o una donna della Tradizione. Bando alle ciance dei socialari sinistri e delle loro agguerrite kompagne, quest’ultime ebbre oltre misura della sbandierata emancipazione – che di fatto è una falsa coscienza necessaria e dalla quale anelerei tanto ne fossero emendate – una volta per tutte s’impone l’incombenza di propugnare con la fermezza che ci differenzia la reale portata e natura del fenomeno sessuale ricondotto, in ultima analisi, alla sua giusta dimensione. A nostro avviso non vi è posto né per i trasgressivi di mestiere, sedicenti tali proprio per il semplice fatto, segnalato poc’anzi, che ormai non persiste più alcun siffatto tabù in ambito sessuale, e dall’altro dallo sporadico e putrescente, ma ancora vigente, come acclarato, sotto spoglie più nitide nella maniera di quelle afferenti la religione (quelle monoteiste per intenderci) o di quelle ben più insidiose del moralismo ammantato dai laici lumi della razionalità utilitarista del borghesismo tutt’ora imperante. L’Amore – A-mors, fiamma ardente d’immortalità – in tutte le sue declinazioni profane e sacre deve rimuovere ogni residuo di patetico sentimentalismo da Baci Perugina tipico delle moltitudini di coppiette dalla durata di un battito di ciglio, come pure, al contempo, scrollarsi di dosso le più bieche perversioni erotiche regalatici da infimi video porno, tripudi di sfrenate pulsioni senza direzione e tanto meno di una valenza metafisica di autentica potenza in grado di farci superare per un attimo i limiti della coscienza ordinaria.
Evola a tal proposito in Metafisica del Sesso (1958) scrive: <<Qui si può considerare anche il significato della nudità della donna divina nel suo aspetto Durga, in opposto a quello, già esaminato, della nudità dell’archetipo demetro-materno, principio della fecondità. È il nudo abissale afroditico. […] Nell’opposto dominio, in quello della natura, il processo corrispondente è il denudarsi della potenza femminile da tutte le sue forme fino a manifestarsi nella sua elementarità, nella sua sostanza vergine anteriore e superiore ad ogni forma. […] nell’altro dominio, ossia dalla parte femminile, fa riscontro il rituale delle pratiche sessuali tantriche: la donna da usare appare in esse come l’incarnazione di prakrti, la femmina divina e la sostanza primordiale nascosta sotto le infinite forme della manifestazione fenomenica; nuda la donna significa questa stessa sostanza sciolta da qualsiasi forma >>. Evola con il termine vergine non vuole certo alludere alla casta suorina di clausura, vuole semplicemente esprimere l’aspetto terrifico ed al contempo folgorante che si palesa istintivamente dinnanzi alla completa nudità della donna, dacché ha il potere di sciogliere sino alla sostanza originaria anteriore ad ogni possibilità di manifestazione; la medesima paura panica indicibile provata da Sigfrido al cospetto di Brunilde.
La parola sanscrita Prakriti – dalla radice KR che richiama il creare e dal prefisso pra, cioé profondere – sta a significare la causa pro-fonditrice, pro-creatrice di tutti i piani di realtà. Si sta ad indicare pertanto il principio femminile plastico, fluido, ed è in diretta correlazione con Purusha, il principio virile veramente attivo ed immobile. Prakriti è identificata come spazialità indefinita e come Sostanza immanente; è l’anima nel suo aspetto passivo e recettivo, è la madre di qualsiasi sensazione e di qualsiasi movimento. In senso cosmico è il principio fluido simboleggiato dall’acqua, il mare del divenire continuo ed indeterminato che genera il movimento ovverosia la radice di qualsiasi manifestazione peritura. Purusha identifica viceversa l’Essenza, cioè la puntualità dalla quale lo spazio stesso procede in quanto contenuto in esso, in tutte le sue infinite virtualità preordinate. Purusha è simbolicamente rappresentato da un punto che ha sede nel cuore, centro di ogni “intuizione pura” (e non del sentimento affettivo cristiano); rappresenta l’uomo, mentre sul piano cosmico è l’âtmá quale realtà suprema; infine è l’essere, il motore immobile, fermo in sé per quanto ogni movimento di Prakriti non sia che espressione della sua stessa quiete, continuamente fecondata.
Nell’Aranyaka Upanishad il mito della creazione tratteggia il rapporto plastico tra codesti due principi: <<L’âtmá, ecco ciò che era questo all’inizio, in foggia di Purusha. Esso, avendo rivolto i suoi sguardi in ogni senso, non vide altro all’infuori del proprio essere […] ora, nell’insieme, esso era così come un uomo e una donna che si abbracciano. Esso fece cadere in due questo suo âtmá. Da ciò ebbero origine lo sposo e la sposa. È perciò che Yâjnavalkya ha detto così: ‘Noi siamo, noi due, ciascuno come una metà’. Ecco perché questo vuoto viene colmato dalla donna. Esso la possedette, e da questo nacquero gli uomini. Esso, che era anche essa, considerò; ‘In qual modo mi possiede avendomi partorita dal suo âtmá? Ah, bisogna che io mi trasformi.’ Essa diventò vacca, l’altro toro. Egli la possedette. Da ciò nacquero le vacche. L’una divenne giumenta e l’altro stallone; l’una asina e l’altro asino. Egli la possedette. Da ciò nacquero i solipedi. L’una divenne capra, l’altro montone; l’una pecora, l’altro ariete. Egli la possedette. Da ciò nacquero capre e montoni. Così propriamente tutto ciò che si propaga per coppie, sino alle formiche, esso ,emanò tutto ciò >>. (Aranyaka Up. I, 4, Brahmana, 1-9.).
L’eterno dualismo onnipresente in qualsiasi dato di natura viene corroborato dalle due illustrazioni di Hugo Höppener in arte Fidus (famoso pittore tedesco con simpatie nazionalsocialiste) scelte non a caso per il loro alto valore simbolico; la seconda immagine è la perfetta descrizione di quanto appena scritto circa il principio maschile derivazione sottile del Tutto, simboleggiato dal corpo dell’uomo eretto e monolitico nella posizione della nota runa Algiz significante la divinità solare quale sorgente di vita, in senso superiore, ma pure l’albero cosmico Yggdrasil e il triangolo numinoso rivolto verso l’alto dà proprio l’idea di superiore elevazione, l’elemento spirituale incondizionato, Shiva. Il principio femminile, poc’anzi accostato al mutevole informe, caotico, viene simboleggiato dal corpo della donna seduta su un fiore di loto adagiato su calme acque amniotiche ed avvinghiata alle gambe dell’uomo, cioè la parte inferiore, e ciò comunica l’idea della generazione, in un imperterrito continuum di dissolvimenti e ricomposizioni, ove predomina incontrastata la Volontà cieca di vivere, la potenza terrifica della Shakti immanente alla Natura circostante, il triangolo umbratile rivolto verso il basso è eloquente rappresentazione di tale vigorosa forza di gravità in caduta libera nell’immensità caleidoscopica di esistenze accidentali svolgentesi sul piano fisico-samsarico della vita cosmica e umana.
La prima illustrazione è piuttosto enigmatica e ci introduce alla tematica dei rituali sessuali della potentissima magia sexualis che ci apprestiamo a sviscerare nei suoi aspetti essenziali. Presentata da molti ciarlatani occultisti o da imam islamici sessuofobi come infima magia nera, in realtà non è altro che la Via esoterica della Mano Sinistra anch’essa indirizzata all’integrazione dell’Essere come qualsiasi altra via secca afferente la Mano Destra. Con il termine secco e umido alludiamo a due diverse concezioni esoteriche: l’una ascetica-contemplativa piuttosto austera e tradizionale, a cui sono negati contatti con le bramosie mondane; l’altra intimamente legata a doppio filo con quest’ultime, però con il fine di trasmutarle in viatici per mondi superiori, in maniera del tutto eterodossa, non regolare. Occorre nondimeno una piccola avvertenza preliminare a tutti coloro che vorranno seguire in solitaria la perigliosa Via della Mano Sinistra, o per dirla con Evola tramite il simbolismo ermetico-alchemico: le acque corrosive (“Natura gode nella natura, natura vince la natura, domina la natura” direbbe lo pseudo-Democrito). Si astengano coloro i quali si limitano a concepire il sesso in guisa di un piacere edonistico culminante nell’estasi momentanea dell’ordinario orgasmo/eiaculazione, priva del benché minimo entusiasmo amoroso teso al divino (“le petite mort” e non “legrand mort”). Avvertiti.
Tornando all’illustrazione oggetto della disamina, si scorge immediatamente un simbolo archetipico dei popoli indoeuropei, ossia la svastica, qui con una fisionomia curvilinea, e sta a designare il principio maschile nel suo polo centrale di convergenza dei quattro bracci figuranti il ciclo annuale delle stagioni, e quindi del divenire, preminenza del principio femminile. È lampante dunque la separazione dei due ruoli metafisici assegnati a ciascuno e la magia sexualis ambisce nello specifico alla loro superna Unità primordiale quale annientamento definitivo di ogni differenza qualitativa: l’Amore riveste l’eminente ruolo di conciliare l’attrazione universale degli opposti nell’Assoluto, al di là dello spazio e del tempo, al di là dell’essere e del non-essere, Vuoto privo di qualsiasi forma, indescrivibile nirvana.
Il rituale sessuale tantrico (pancatattva), similare agli altri delle svariate tradizioni esoteriche occidentali (ad esempio nei rituali eleusini greci), palesa segreti sconvolgenti, ben riassunti da Evola nello Yoga dello Potenza (1949). A tal proposito il nostro riferisce: <<Per una visualizzazione atta a dirigere il processo, la più importante è quella che evoca il principio vitale – l’hamsah – come una forza solare radiante «in mezzo a un cielo puro», come una forza che risiede nella regione intermedia situata, come l’aria, fra la «terra» e i «cieli», il che indica che si tende a far sì che l’operazione, pur avendo una base fisica, si sposti verso un piano superfisico. […]Sono «qualificati per farvi parte solamente coloro che hanno un cuore puro» e non sono toccati dal mondo esterno, solamente coloro che «possedendo la conoscenza di ciò che è reale considerano questa esistenza, sia negli aspetti mutevoli che in quelli immutabili, come facente una sola cosa col Brahman». […]Con la promiscuità, con la rimozione momentanea di ogni limite, con la rievocazione o riattivazione orgiastica del caos primordiale certe forme oscure di estasi sono propiziate. È degno di nota il fatto che in alcune cerimonie collettive orgiastiche attestate nel tantrismo sembra venire in rilievo una spersonalizzazione e una completa rimozione di ogni interdizione. Infatti, oltre alle orge nelle quali ogni uomo si sceglie la donna con cui unirsi, è stato riferito che ve ne sarebbero altre in cui la scelta personale è interdetta, in cui deve essere il caso a decidere quale sarà la donna di ogni partecipante>>.
Poi Evola menziona il culmine dell’esperienza operativa concernente l’unione estatica dei due corpi tramite precise posizioni sessuali: <<Si allude ad una posizione in cui la donna si avvinghia all’uomo seduto, ed è lei ad avere la parte attiva nell’amplesso, […] L’essenza di tale regime è l’inibizione dell’eiaculazione da parte dell’uomo, del versamento del suo seme dentro la donna. In correlazione, l’orgasmo viene staccato dalle sue condizionalità fisiologiche e l’apice di esso, che abitualmente nell’uomo coincide con la crisi eiaculativa, si trasforma, dà luogo alla folgorazione che spezza il limite della coscienza finita e conduce alla realizzazione dell’Uno. […]«Il bindu che sta per versarsi nella donna, mediante uno sforzo estremo deve essere costretto a riascendere e lo yogî che in tal guisa rattiene il seme vince la morte, perché come il bindu versato conduce alla morte, così il bindu trattenuto conduce alla vita». […] Allora non si tratterebbe del procedimento meccanico di trattenere una sostanza organica e di dirigerne il movimento negli organi fisici, ma di un’azione essenzialmente interiore avente per oggetto la forza che si traduce, o «precipita» e degrada, in seme; azione, questa, il cui scopo sarebbe appunto sospendere tale precipitazione, portare ad agire la forza già in moto su un piano diverso, transfisiologico. Arrestata la caduta del seme-bindu, verrebbe anche stabilizzato, in una forma esaltata e trasfigurata, in uno stato di transe attiva, ciò che abitualmente corrisponde al fugace punto culminante della crisi orgastica (stato «immobile»). […] la fissazione e l’immobilizzazione parrebbero sempre contemplare sia pel «seme» maschile (shukra) che per quello feminile e che le due operazioni debbano essere simultanee nell’uomo e nella donna al sollevarsi dell’onda orgastica>>.
Goethe suggella quanto detto finora mediante codesti versi sì eccelsi: “Ci trae, superno verso l’Empireo / il Femineo eterno”. L’eterno femminino – ossia Afrodite, le tendenze umorali, ricettive, lunari presenti nel’anima di ciascuno di noi – possiede in dote la facoltà di farci librare nella mirabolante conoscenza dell’enigma incarnato dall’eterno mascolino – il Sole raggiante oltre la fase dell’Albedo, tramite il vettore Mercurio (Hermes). Sodali camerati/e ci congediamo prospettandovi tale passo tratto dal Manifesto futurista della Lussuria con l’intento canzonatorio di irridere fragorosamente i bacchettoni del politicamente corretto i quali storceranno il naso nel dare una scorsa al nostro umile contributo. Ne saremmo compiaciuti.
Risposta ai giornalisti disonesti che mutilano le frasi per
render ridicola l’Idea;
alle donne che pensano quello che ho osato dire;
a coloro pei quali la Lussuria non è ancora altro che
peccato; a tutti coloro che nella Lussuria raggiungono solo il Vizio,
come nell’Orgoglio raggiungono solo la Vanità.
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