Di Lemmy
Fermi, immobili. Chiusi in casa. Si esce solo per provvedere al sostentamento della famiglia, fare la spesa, buttare la pattumiera. Sigillati, le informazioni dall’esterno trapelano con il contagocce. Annebbiati dai telegiornali, il naso puntato su uno schermo che ci ipnotizza. In casa c’è chi legge i libri, chi studia o stila un bilancio della sua vita. Tutto per passare il tempo, per evitare di annoiarsi. Perché in un certo senso ad oggi, in una società liquida ed in costante movimento come la nostra, l’inazione statica, forzata, è sinonimo di dolore. Abbiamo tutti scadenze, impegni e obblighi da portare a termine senza quasi sapere il perché. Perché è così che si vive, fin da piccoli, così ci è stato spiegato. Vietato sbagliare ed uscire dalla scatola, dalla Grotta di Platone. Ci si cela dietro al Velo di Maya di schopenhaueriana memoria. Cercando di evitare le situazioni spiacevoli, come la costrizione di un periodo di quarantena, un isolamento… Tutti avvenimenti che portano una sofferenza, un dolore.
Ma se provassimo ad uscire dalla Grotta, cosa troveremmo? Cosa si proverebbe dopo aver strappato il Velo? Soprattutto, perché si dovrebbe uscire da questa illusione?
Scientificamente, il dolore «è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno». Il dolore è quindi fisiologico, un sintomo vitale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione, essenziale per evitare un danno.
Ma è anche molto di più: il dolore è insito sia nell’uomo e sia all’interno di ogni creatura. Tutto è causa di dolore. Tutto è causa di sofferenza. È una condizione che prescinde all’interno dell’umanità. Siamo destinati a soffrire, perché i nostri desideri nascono per soddisfare una situazione di mancanza, qualsiasi essa sia.
Il dolore plasma quindi l’uomo, che capisce essere importante non solo perché esso è nel mondo, ma è il principio stesso da cui il mondo dipende. L’uomo si autolacera, in quanto ogni aspetto della sua esistenza, del suo animo è votato a perire in una catena di frustrazioni. Il dolore costituisce la legge profonda della vita. Ciò che distingue i casi e le situazioni umane è solo il diverso modo e le diverse forze in cui esso si manifesta.
Il dolore è, visto in quest’ottica, l’unica via percorribile per educarsi. Autoproclamarsi portavoce di questa concezione, dal momento che il mondo intero debba soffrire affinché capisca la sua vera importanza ed essenza, è la chiave per comprende che solo tramite una sofferenza universale l’umanità intera è destinata ad educarsi.
La visione di Arthur Schopenauer afferma che la ricerca del piacere produce dolore, che nasce quando la volontà di vivere si oggettiva nei corpi. Quei corpi che vivendo, esprimono una continua tensione insoddisfatta, verso quella vita che appare loro come mancante di quanto da loro desiderato. Quanto più si ha brama di vivere tanto più si soffre, e quanto più si accresce la propria vita arricchendola tanto più si soffre. Ma a contrapporsi a questa visione ritroviamo l’idea che, piuttosto di accettare una realtà così amara, si può preferire una vita dove vi sia anche il dolore, poiché è strettamente collegato con il piacere, in linea con la filosofia di Friedrich Nietzsche, sintetizzata nel concetto «Ciò che non mi uccide, mi fortifica».
“Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri” – Queste le riflessioni di una banale catena Whatsapp, che sta girando per la nostra Italia – “Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere”.
Vi è, senza dubbio, una rilettura superomistica nietzschana, per cui da oltreuomini si è in grado di aver accettato la dimensione tragica dell’esistenza, reggendo la perdita di ogni certezza e valore assoluto, ci si pone come volontà di potenza. Si procede oltre il nichilismo. È la ricerca di una dimensione interiore, per diventare un uomo-oltre-l’uomo, per ricercare dall’esterno il proprio destino e il senso del mondo, capace di creare nuovi valori, rapportandosi in modo inedito alla realtà.
Ecco quindi dei piccoli suggerimenti per sviluppare un canale di miglioramento attraverso se stessi, il dolore autoimposto e la disciplina, in un periodo di quarantena descritto nella catena di prima.
“Iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l’uomo in salute.
Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L’ attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente. Acquisii tutte quelle abitudini nuove. Quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente.”
Arrivati a questo punto è lecito porsi un grande interrogativo: a che prezzo si diventa oltreuomini?
Vi è intrinseca una rinascita. Ma al costo di una completa rottura con il proprio precedente essere. Un atto di coraggio che consente la distruzione in sé di tutto il passato, dei retaggi di cui ad oggi si è schiavi, di tutta la falsa morale impostaci che costituisce un mondo succube di queste idee.
I nostri cuori possono sanguinare, ma questo sangue deve essere declinato e tramutato in una vera e propria volontà di accettare l’inevitabile, di andare incontro al proprio Kali-Yuga con lo spirito che ci contraddistingue.
“Il Turbodinamismo celebra la vita, col paradosso della distruzione, celebra la carne e l’accettazione titanica, mascherando nel sorriso la pulsione tragica e la metafisica della guerra.
Sorseggeremo del buon whiskey mentre tutto brucia, abbiamo stabilito che il futuro ci appartiene”.
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