Di David
Nato a Terni nel 1889, Maceo Carloni fu cresciuto da una famiglia operaia con degli ideali forti e mazziniani. Già fin da piccolo deciso a lavorare nelle acciaierie della sua città natale, studia nella Regia Scuola Industriale. Chiamato nel 1918 alle armi, si arruola in Marina entrando nell’equipaggio della corazzata Andrea Doria prendendo parte alla Campagna del Mar Nero.
Vedendo da vicino la rivoluzione bolscevica a Sebastopoli (città in Crimea) e rimanendo profondamente deluso dal clima di miseria e repressione lasciato in Russia dai sovietici, decise di non prendendere parte alle lotte politiche ternane al suo rientro in Italia nel 1921.
Nel 1922 si iscrive al Sindacato fascista dei lavoratori dell’industria, iniziando così la sua carriera da sindacalista. Fiero sostenitore del diritto al lavoro, si batte per i liberati dal carcere, per gli invalidi e per i mutilati del lavoro affinché godessero del diritto di un impiego. Attraversata la crisi economica di Terni del 1930-1932, si tessera al Partito Nazionale Fascista per collaborarci a stretto contatto con l’obiettivo di migliorare le condizioni delle Acciaierie e degli operai.
Benvoluto da tutti in città, ha una carriera come sindacalista brillante arrivando ad essere Segretario del Sindacato Provinciale degli Operai Siderurgici ed ottenendo molti incarichi a livello provinciale. Negli anni ’30 scrive anche una serie di articoli pubblicitari sulle riviste Acciaio e Lavoro Metallurgico, spiegando anche la necessità del diritto al lavoro per tutti e per denunciare sfruttamenti di donne e bambini. Il suo continuo distaccamento dalla vita politica a favore della sua partecipazione al sociale gli negarono nel 1939 il posto nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Continuando la sua carriera da sindacalista anche durante la guerra, nel settembre del 1943 è costretto a trasferirsi con la famiglia poco fuori Terni a causa dei continui bombardamenti della città. Nonostante l’armistizio dell’8 settembre e la succesiva guerra civile, Maceo Carloni non abbandona il suo posto da sindacalista e di Direttore della Mutua.
È nella notte del 4 maggio 1944 che sedici uomini della brigata partigiana Antonio Gramsci fanno irruzione nella sua abitazione di campagna. Perquisendo lui e la sua famiglia alla ricerca di oggetti di valore, prima lo derubano, per poi ucciderlo in un bosco vicino. Alcuni degli assassini furono successivamente identificati per aver venduto l’orologio rubato di Maceo.
Nel dopoguerra vennero aperte le indagini sull’omicidio Carloni e, dopo operazioni di sabotaggio e di diffamazione nei confronti della vittima (ingiustamente accusato come spia tedesca), a tutti i processati fu concessa l’amnistia in quanto il Giudice Istruttore ritenne che l’omicidio di un innocente fu fatto in clima di guerra civile e non per motivi personali.
Oggi, pur se l’attività sindacalista di Maceo Carloni fu vitale e ben vista da tutti, è un’incognita nella società ternana. Una delle tante vittime innocenti della guerra civile, è stato vittima di revisionismo da parte di intellettuali di sinistra, accusandolo ingiustamente di spionaggio per conto dei tedeschi ed inserendolo nella lista nera dei nemici politici. Persino uno dei suoi detrattori, Alfredo Filipponi, che lo accusò di essere una pericolosa spia sulla rivista Unità gode di una rotonda in suo nome, mentre a Maceo resta il solo ricordo di chi non dimentica le vittime di quell’infelice periodo della storia italiana.
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