Di Alessia
Ogni giorno della nostra vita riceviamo dall’ambiente esterno stimoli di varia natura, che siano uditivi o visivi. In modo particolare troviamo un maggior coinvolgimento di questi ultimi quando si parla di assimilazione di informazioni, in grado di influenzare inevitabilmente le nostre opinioni e concezioni, talvolta in maniera inconscia.
Chi subisce il condizionamento, ha una visione pressoché alterata dei propri controllori, che colloca all’interno della società in cui vive identificandoli come individui innocui, che non pone quindi in un piano superiore alle masse, ovvero un piano astratto e sconosciuto.
C’è chi, dunque, di questa consapevolezza e grazie allo studio delle dimensioni superiori della psiche, ne ha fatta una strategia per orientare le masse a proprio piacimento.
Il controllo dei media è gestito da grandi lobby che, in maniera capillare, si avvalgono di piccole corporazioni per la fruizione di informazioni sottoposte a controllo, sistema che ha inoltre subito una maggior crescita con l’utilizzo delle televisioni, dove ogni notizia dipende dai livelli più alti.
Di queste armi silenziose, apparentemente similari a teorie del complotto, ne parlano e indagano in maniera approfondita già agli inizi degli anni 2000, ne La fabbrica del consenso: l’economia politica dei mass media, due autori in particolare: Edward S. Herman, saggista ed economista esperto di mezzi di comunicazione di massa, e Noam Chomsky, linguista ed esperto di comunicazione, considerato dal New York Times come “il più grande intellettuale vivente”.
Secondo gli autori, la strategia della distrazione è possibile grazie a una struttura primaria delle notizie, che produce una relazione tra media e governo inevitabilmente retta da interessi provenienti da ambedue le parti, provocando un accesso privilegiato ai media più influenti da parte di determinate burocrazie ed esponenti.
Il modello di propaganda avanzato dai due autori prende in esame il funzionamento di questo meccanismo in una società neo-capitalistica, per appunto gli Stati Uniti, ma porta in ogni modo a una profonda riflessione sui meccanismi che regolano il funzionamento dei media, divenendo dunque uno spunto di livello globale.
Ad analizzare il controllo dell’opinione pubblica sono in particolare le 10 regole della manipolazione dei media, teorizzate dai due autori e riportate ne La fabbrica del consenso:
- Distrazione:
Strategia che consiste nel deviare quanto più possibile le masse dai reali problemi che colpiscono la società, fornendo loro una serie di distrazioni in grado di mantenere le menti occupate e lontane dalla realtà, dal qui e ora.
- La strategia del problema-reazione-soluzione:
Si crea il problema per causare una reazione da parte dell’opinione pubblica che inneschi, in modo conseguente, una presa di posizione davanti al problema, dettata da indignazione o stati emotivi correlati. La soluzione, già in precedenza premeditata, deve essere richiesta però dall’opinione pubblica, in modo che sia quest’ultima ad esigere l’imposizione di un cambiamento.
- Gradualità:
Ottenere l’accettazione di ogni proposta strategicamente, propinandola in piccole dosi in un ampio lasso di tempo. Come accadde ad esempio tra gli anni ‘80 e ‘90 con l’imposizione di dottrine economiche neoliberiste, descritta come la teoria del potere che sostituisce il sistema democratico con uno oligarchico, affidando il potere a banche e finanza. Tutti cambiamenti che, se attuati in breve tempo, avrebbero scaturito un’inevitabile rivolta.
- Differire:
Un metodo per favorire l’accettazione è rendere la decisione presa necessaria e dolorosa per garantirne l’attuazione effettiva in un futuro prossimo. Dunque, la concezione astratta del futuro e la speranza delle masse di un domani migliore porta il pubblico ad adattarsi all’idea di cambiamento.
- Infantilizzare il pubblico:
La maggior parte dei servizi forniti dai media comprende contenuti, dibattiti e personaggi poveri di senso, come fossero proposti a un pubblico di bambini. In questo caso, la strategia del porsi in tale modo è in grado di suggestionare il pubblico, il quale, oramai infantilizzato, tende a perdere progressivamente senso critico.
- Puntare sull’aspetto emotivo più che sulla riflessione:
Sfruttare le emozioni si rivela una strategia valida per provocare una determinata reazione del pubblico, che impedisce dunque a quest’ultimo di pensare e riflettere in modo conscio e soprattutto razionale
- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità:
Fare in modo che al pubblico rimangano oscuri i processi che regolano la diffusione di informazioni filtrate, impedire dunque l’accrescimento culturale delle classi inferiori per agevolare la manipolazione delle masse ignoranti.
- Promuovere la mediocrità:
Rendere la stupidità, l’ignoranza, la superficialità e la banalità non mali da sconfiggere ma bensì funzioni da perseguire, si ritorna a tal proposito al punto 5, con il processo che agevola l’infantilizzazione delle masse
- Rafforzare l’auto-colpevolezza:
Permettere l’innescamento di meccanismi che portino i singoli soggetti a sentirsi incapaci e poco informati, auto-svalutandosi e permettendo così non una reazione che diventi azione, quindi una ribellione, ma bensì un’inibizione che lo conduca nel baratro dell’impotenza.
- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano:
Grazie allo sviluppo delle scienze si è creato un inevitabile divario tra le conoscenze delle masse e di chi marcia alla loro testa, pertanto questi ultimi si sono avvalsi delle teorie riguardanti ad esempio la psicologia applicata, gli studi sul comportamento e sull’apprendimento per comprendere l’uomo al meglio da un punto di vista psichico. A tal proposito, i media sono in grado di esercitare influenza e potere più di quanto l’individuo eserciti su sé stesso.
Soli 10 punti sono stati in grado di evidenziare uno dei piccoli ingranaggi di un grande sistema, là dove il sapere sta alla base del possibile cambiamento, l’obiettivo di queste teorie è quello di riscuotere le menti di coloro che fanno una scelta d’azione contro chi tenta di reprimere la facoltà di ognuno di pensare individualmente.
Una stampa detta libera ma tutt’altro che tale, alla quale ogni giorno le persone si affidano, che si pone però come obiettivo la sola produzione del consenso collettivo.
Viviamo ogni giorno l’esercizio di questa pratica, spesso ignari dei suoi meccanismi e dei danni che provoca, per questo motivo abbiamo bisogno oltre che di persone capaci che sappiano rivelare tali pericoli, anche di pretendere sempre di sapere e ricercare la verità, qualunque essa sia, e impedire così di cadere nella trappola tesa da chi vuole narcotizzare le menti delle persone.
“Caso dopo caso, vediamo che il conformismo è la strada più facile, quella che porta al privilegio e al prestigio; la dissidenza ha un costo personale”, cita Chomsky.
Scegliere la strada da perseguire è la decisione da prendere, senza condizionamenti, ma con coscienza.
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