Di Leonardo

 Il 17 Aprile del 2004 un missile Hellfire israeliano colpisce la macchina di Abd al-Aziz al Rantissi, uccidendo sia lui che il figlio di 27 anni.

Per chi non lo sapesse quest’uomo è stato, per poco tempo, il presidente di Hamas: un’organizzazione politica e paramilitare per la liberazione della Palestina dal giogo israelita.

Quello che molti ignorano quando si parla della questione palestinese è che “il popolo eletto da Dio” attua una vera e propria persecuzione verso la popolazione autoctona che, come più che giusto che sia, col tempo ha iniziato ad organizzarsi anche militarmente per riprendere la sua terra.

Il rapporto dell’ONU del 14 febbraio conferma che nell’ultimo decennio le forze d’occupazione israelite sono colpevoli dell’omicidio di 3602 cittadini palestinesi e di averne feriti più di 100.000, considerando inoltre che il 20% dei morti e il 36% dei feriti ha un’età inferiore ai 18 anni.

A questi numeri bisognerebbe però aggiungere tutti i morti causati dalle fazioni che Israele ha supportato con logistica e armi, con conseguenze disastrose come ad esempio il massacro di Sabra e Shatila.

È anche doveroso ricordare che dal 2007 Israele ha dichiarato Gaza “territorio ostile”, attuando quindi un blocco militare, terrestre e navale e tagliando l’esportazione di beni e servizi, tra cui anche l’energia elettrica. Inoltre, il blocco navale impedisce l’accesso alle zone di pesca, aggravando ancora di più la situazione economica della zona che difficilmente riesce a garantire condizioni di vita adeguate con queste restrizioni durissime.

Israele ha un piano per isolare la Striscia di Gaza e privarla delle sue radici, è stata trasformata in un campo di concentramento e non ha niente a che fare con Hamas” dice invece la giornalista israeliana Amira Hass ad Haaretz. Come darle torto, visto che Israele ha isolato una delle parti del globo più densamente popolate (circa 2 milioni di persone vivono nella striscia di Gaza e il 70% di questi discende dagli sfollati mandati via dai territori ora controllati da Israele, destino non dissimile dai nostri esuli dalmati, giuliani e fiumani cacciati dalla violenza titina e partigiana).

Per non parlare poi delle carceri militari israeliane, dove si trovano circa 6000 detenuti di cui 200 minorenni; quest’ultimi sono sottoposti a torture psicologiche e fisiche, infatti vengono arrestati facendo irruzione nelle proprie case (utilizzando anche granate assordanti) senza lasciare che i genitori possano accompagnarli o sapere dove vengano portati.

Le truppe israeliane, dopotutto, non hanno mai avuto la fama di avere tanto riguardo verso i minori, come ricorda l’arresto avvenuto il 30 agosto del 2015 dell’attivista italiano Vittorio Fera che aveva compiuto l’atto, a quanto pare criminale per le forze armate d’occupazione, di filmare un soldato israeliano mentre aggrediva un bambino di 12 anni bloccandolo a terra e stringendogli il collo al limite del soffocamento.

Tutte queste azioni sono sempre state ignorate e spesso insabbiate sia dal governo israeliano che dagli Stati Uniti ma anche dall’Unione Europea.

Viene spontaneo quindi chiedersi quanti siano realmente i morti causati dai missili o dai campi di prigionia israeliani, quante persone stiano soffrendo la fame per l’imperialismo sionista nella striscia di Gaza e nei territori occupati.

È nostro dovere, in quanto uomini liberi, ricordare la morte degli innocenti e prendere esempio da chi non ha mai smesso di lottare per riconquistare la propria patria.