Di Andrea
La situazione odierna potrebbe benissimo essere la trama di un romanzo distopico: pandemia globale, restrizioni delle libertà e controlli capillari sul modello psicopolizia di orwelliana memoria. Le condizioni in cui siamo obbligati a vivere fanno nascere diverse riflessioni su cosa realmente stia accadendo in modo particolare nella nostra nazione e su come lentamente e forse inconsciamente la società stia mutando, oltre che sulle influenze psicologiche che questo incubo sta avendo sugli individui.
La paura, comprensibile, nei confronti del Covid-19 ha fatto sì che la maggior parte della popolazione abbia accettato passivamente e in alcuni casi con benevolenza le varie misure sempre più pervasive e restrittive dettate direttamente dall’ormai popolarissimo presidente del consiglio Giuseppe Conte, senza però effettuare un’accurata riflessione critica.
Tutte queste condizioni hanno portato ad un cambiamento delle nostre abitudini di vita, trasformando l’italiano medio, rendendolo parte attiva del fenomeno del “popolo dei balconi”, apoteosi della mediocrità e dell’individualismo borghese, che ha come unico scopo quello dell’autoglorificazione dettata dal poter condividere sui social il modo impeccabile in cui trascorre il periodo di quarantena nella propria villa in centro mettendo canzoni oscene sul balcone, sentendosi così realizzato nella propria esistenza comoda e vuota. Una massa informe depensante che vive di dirette Instagram e “mi piace”, gode nel denunciare il vicino di casa che esce senza mascherina e magari partecipa volontariamente alle ronde anti-trasgressori per controllarti l’autocertificazione, tutto questo aspettando impazientemente la prossima diretta a reti unificate del premier Conte, il “Supremo Leader”, prontamente condivisa con l’hashtag #andràtuttobene.
Questo fenomeno sociale che si sta sviluppando sempre più, è nato sui social network, vero subdolo strumento di regime, attraverso i quali si ha la volontà di normalizzare e rendere innocua la straordinarietà della situazione (il fenomeno Instagram de “le bimbe di Giuseppe Conte”, il fuorionda del presidente Mattarella e tutti i vari meme che intasano la comunicazione) e di controllare l’opinione pubblica escludendo chi si oppone al sistema. La comunicazione autoproduce dei flussi di informazioni mirate, creandole dal nulla e modellandole a proprio piacimento così da indirizzare la narrazione. Viviamo in un grande spettacolo globale, dove la comunicazione e le immagini sono usate come una mistificazione volta alla giustificazione e asservimento allo status quo – come espresso in modo lungimirante ne “La società dello spettacolo” da Guy Debord – e al tempo stesso all’oggettivazione di una certa visione del mondo, legittimandola agli occhi della massa. La situazione non si ferma a questo, ora un’applicazione traccerà i contagi da Coronavirus, trasportandoci sempre di più in una postmodernità dove l’individuo perde il suo aspetto metafisico a favore della mera materialità, in cui è solo una struttura assemblabile e numerabile in dei server, non unitaria, posto in una realtà e spazialità virtuale, dove la sua privacy e libertà saranno solo un lontano ricordo.
L’ordine che ci è assegnato, è quello di non lasciarsi assoggettare e di non lasciarsi assopire da questa grande narrazione dominante, di non abbassarsi alla mediocrità che imperversa da padrona ma di opporsi con ogni mezzo a nostra disposizione.
In questo periodo di tregua bisogna armare il proprio spirito, rendere ancora più salda e robusta l’anima e il corpo, rimanendo attivi e sviluppando riflessioni e approfondimenti, lavorando sulla propria interiorità per riscoprirsi come individui assoluti, differenziati. Continuare ad essere avanguardia di spirito per essere in grado di risvegliare la nostra nazione e affrontare la battaglia che ci attende.
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