Se dovessimo dare un’occhiata panoramica dal punto di vista politico, oggi in Italia cosa vedremmo?

È pacifico e sotto gli occhi della popolazione che l’epidemia di Covid-19 abbia aumentato ulteriormente il caos in un già barcollante governo e abbia ulteriormente dimostrato come le scelte fatte in passato, nel nome dell’austerità e dei tagli agli sprechi, si siano rivelate disastrose ai fini di garantire ciò che dovrebbe essere dato per scontato in un paese come il nostro: la salute e la sanità.

Gli ospedali di Bergamo, Roma e dei più grandi centri italiani lamentano infatti la mancanza di risorse, di personale medico, per non parlare dei dispositivi di protezione individuale (DPI) sanitari che dovrebbero essere una priorità nella lotta nei confronti di questo nemico invisibile. Un altro sberleffo della nostra classe politica rivolto ad una categoria di eroi silenziosi, che non si lamentano e che vanno coraggiosamente avanti con il proprio indispensabile lavoro.

Proprio questi politici, che oggi puntano il dito all’indisciplina dei cittadini e all’attività fisica di qualche runner, dovrebbero probabilmente farsi un concreto esame di coscienza e valutare se il governo non abbia prematuramente sottovalutato un problema della cui gravità si era già da tempo a conoscenza, mancando di potenziare il sistema sanitario.

Ciò che non hanno fatto altri paesi come Giappone, Corea, Russia ed altri Paesi europei, i quali hanno applicato il proprio metodo di contenimento dei contagi, a volte impopolare ma che, stando alle statistiche dichiarate, ad oggi li ha portati ad essere tutti sotto le nostre quote di persone contagiate e decedute. Siamo infatti lo Stato con la triste media più alta al mondo di vittime, un vero e proprio fallimento di quello che viene impropriamente definito il modello italiano.

Come se non bastasse, non si è fatta ancora menzione di un programma di sicurezza per la stabilità economica del paese, che verrà presto colpita duramente da questo periodo di forzata inattività, se non per i 25 miliardi di euro che verranno stanziati in default, comunque pochi se li confrontiamo con quanto gli altri paesi europei garantiranno per finanziare le proprie imprese.

È comunque possibile che non tutto il male venga per nuocere, anche in una situazione drammatica come questa. I segnali di solidarietà non si sono fatti mancare, anche da quei Paesi in gran parte ostracizzati dai media nostrani; dieci tonnellate di aiuti provenienti dalla Cina, direttamente nelle zone più colpite della Lombardia (numerosi materiali sanitari di prima necessità, oltre a 30 indispensabili ventilatori polmonari); mentre dalla Russia alcuni laboratori mobili, mascherine, tute protettive, tamponi e otto brigate di dottori specializzati.

La mano tesa da questi Paesi potrebbe infatti risultare più di un gesto di vicinanza, bensì un’opportunità per rinsaldare un rapporto di alleanza con Stati dotati di un’economia solida, considerato che Putin ha più volte ammiccato nella nostra direzione, cosi come Cina e Venezuela (anche quest’ultimo ha ricevuto recentemente un solido aiuto dalla Russia in termini di cooperazione tecnica e militare). Ecco quindi che il paese dello Zar del male assoluto porta i propri aiuti laddove l’Unione Europea si è dimostrata disinteressata, o in alcuni casi addirittura nemica nei confronti dell’Italia, vedasi i casi delle mascherine comprate dal nostro governo bloccate in Germania per circa due settimane, un tempo lunghissimo vista la gravità della pandemia in Italia.

La crisi che stiamo vivendo prima o poi finirà.

Sta quindi a noi ricordarci, una volta concluso questo dramma epocale, chi ci avrà sostenuto o chi ci ha fatto mancare la propria vicinanza, come ad esempio la BCE, che pochi giorni fa ha dichiarato per voce di Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo, che gli interventi decisi dalla BCE per affrontare l’emergenza coronavirus naturalmente non sono un piano di soccorso, pensato per l’Italia, che non ha perso l’accesso ai mercati dei capitali.