Un tempo dicevate “vietato vietare”.
Un tempo dicevate “una risata vi seppellirà”.
Adesso vi siete seppelliti da soli, senza ridere, barricandovi dietro le fatwe del pensiero unico.
Del vostro pensiero unico.
Sono anni che attaccate i nostri ragazzi fuori dalle scuole, nelle sedi, per strada.
Sono anni che incendiate le nostre sedi, le nostre case, le nostre automobili.
Sono anni che mentite spudoratamente accusando il nostro movimento di aggredire, discriminare, di essere violento.
Ma i violenti, i prepotenti, i razzisti siete voi.
E quando dico voi, non intendo esclusivamente chi riveste il ruolo dell’utile idiota a comando.
Intendo anche e soprattutto chi scrive comunicati deliranti gonfi di odio, di ignoranza e di bugie.
E chi li diffonde, chi li amplifica e chi li rende verità.
E sì perché gli incendi ben orchestrati, che vi piace tanto far divampare, hanno bisogno di complici.
E questi complici si trovano nei tuguri dei vostri partiti, nelle questure, nelle redazioni dei giornali, nei tribunali, nel silenzio complice di chi sa la verità e lascia passare per “quieto vivere”, per pavidità.
Quei posti che devono decidere la storia, o meglio, che devono difenderla.
Ma la storia non possono deciderla i tribunali, le questure, i partiti, i giornali o il silenzio dei pavidi.
Non sarebbe storia.
Oggi avete deciso di vietare il corteo indetto per il 7 maggio dal Blocco studentesco, organizzazione legalmente costituita che rappresenta democraticamente il 27% degli studenti di Roma e provincia.
Organizzazione che, sempre democraticamente, è diventata il primo movimento studentesco di Roma e provincia.
Organizzazione che ha rappresentanti nelle consulte provinciali e d’istituto in tutta Italia.
Organizzazione che ha fatto della proposta, del dialogo e della partecipazione una scelta precisa e irrinunciabile.
E l’avete vietata adducendo “motivi di ordine pubblico” ben sapendo che i disordini e le aggressioni che si ripetono da 2 anni contro di noi sono state premeditate da voi.
Nell’ultimo mese a Roma ci sono state ai nostri danni tre aggressioni.
Due a Tor Vergata e una a Roma Tre.
Aggressioni premeditate, studiate a tavolino che hanno portato i nostri feriti a essere colpiti oltre che dalle mazze della “democrazia” anche dalle restrizioni della propria libertà individuale.
Cambiando i termini si cambia la storia, gli aggrediti diventano aggressori e le aggressioni si trasformano in banali risse. In questi anni abbiamo sempre risposto con la forza tranquilla e ora quello che ci viene contestato è il gravissimo reato di non essere morti e di esserci difesi.
Ci dispiace veramente se vi sentite offesi da questo, ma l’istinto di sopravvivenza e un briciolo di autostima hanno fatto sì che non perdessimo il centro, la calma, il sangue freddo. Forse tutto questo andrebbe preso come uno o più “scherzi del destino”. Ma forse c’è dell’altro.
Forse c’è la volontà di mettere a tacere una gioventù diversa, migliore, non conforme al vostro modello culturale di naufraghi. Con ogni mezzo.
Con la violenza degli impuniti, con lo sbraitare del grassume politico, con la dura lex e con la diffamazione a mezzo stampa.
Va bene, vi abbiamo capito.
Ma forse siete voi che non avete capito noi.
Accettare questo divieto equivale a sottomettersi alla violenza e all’ingiustizia.
Equivale ad insegnare ai nostri fratelli più piccoli e ai nostri figli che le dittature del pensiero unico, la corruzione e le angherie vincono.
E noi non vogliamo questo.
Noi vogliamo vivere da uomini liberi.
Perché sono gli uomini liberi che fanno la Storia.
Ecco perché abbiamo deciso che il 7 maggio scenderemo ugualmente in piazza e lo faremo come sempre.
Con migliaia di uomini e di donne che hanno ancora “quella strana luce negli occhi” e il sorriso degli invitti.
Perché con noi, voi, non vincerete mai.
E una risata vi seppellirà.
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