di Alessandro
La storia, come ben sappiano, è fatta di uomini che con la volontà la cambiano. La recente storia d’Italia non è un’eccezione. A distanza di cinquant’anni dal codardo assassinio di Sergio Ramelli, militante milanese del Fronte della Gioventù e colpevole solo di aver creduto in un’Italia migliore, sono molte le riflessioni che ci vengono in mente. Molte cose sono cambiate da quel 13 marzo del 1975; ciò che però non è mutato è il modus operandi degli antifascisti: attaccare alle spalle o in maggioranza netta, spesso armati.
I fatti di Padova, come quelli di altre città negli anni passati, ci hanno ricordato per cosa lottare: il nostro futuro e quello della Patria. Ogni azione che facciamo, a scuola o altrove, è sempre politica, dallo scrivere un tema, fino ad un qualsiasi volantinaggio. Le azioni ricalcano il pensiero, lo rendono vivo. La militanza serve a questo: dare vita ad un pensiero. L’Azione più piccola, se svolta con un fine maggiore, ha una potenza ideale inimmaginabile, rivoluzionaria per natura: essa è capace di dimostrare che Noi ci siamo ancora, siamo vivi più che mai e che i nostri diciassette anni durano tutta la vita.Oggi più che mai, dunque, il ricordo di quella codardia non ci scalfisce, ci rianima e con esso vive, marciando con noi, Sergio e tutti gli altri ragazzi che hanno dato la vita per un’idea.
Noi, infatti, dal seme del ricordo facciamo sempre germogliare un fiore guerriero e così faremo anche quest’anno, incuranti di ogni critica o di qualsivoglia limitazione. La meglio Gioventù è ribelle e lo ha sempre dimostrato, dal 1919, al 1975, fino al 2025.
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