Di Filippo
Il tema del Riarmo ha innescato una serie di reazioni, addirittura isteriche: la retorica del “partite voi”, la lettura solamente economicista degli accadimenti internazionali del tipo “mi si alza la bolletta”, “dobbiamo tornare a comprare il gas russo”, la denigrazione del coraggio e dello scontro – che già si era tristemente vista in questi tre anni dove flaccidi commentatori irridevano il sacrificio di molti giovani – che nascondono un problema antropologico forse più subdolo e pericoloso di qualsiasi conflitto armato.
L’economia non governa tutto
Mentre le potenze per definizione si cibano di forza, strategia, influenza e sono antieconomiche per definizione gli stati satellite al contrario pensano che sia l’economia a governare tutto. Questi ultimi parlano solamente di commerci, sanzioni e industria pensando che siano vettori che orientano l’egemonia quando in realtà è il contrario. Gli Stati Uniti sono la prima potenza mondiale perché esercitano (o minacciano di farlo) la forza, controllano i mari e i loro stretti, hanno creato un arcipelago di stati satelliti dove basi e soldati americani stazionano e non sono in vacanza. Noi invece siamo fuori dalla storia, ormai fuori dalle contese, non sappiamo più percepire la violenza e la potenza se non quella altrui altrimenti non si spiegherebbe l’infatuazione adolescenziale per Trump o Putin. E così di fronte a un’ipotesi, seppur complicata e con molte variabili, di riarmo europeo alcuni si ritrovano a schernire istericamente un processo che pare essere innescato dagli eventi internazionali. Sempre che non crediate che sia la Von der Leyen a orientare accadimenti che possono essere epocali.
Abituati a essere schiavi
Alcuni sono così abituati a essere schiavi che qualsiasi idea o progetto di liberazione diventa un complotto, un affronto. Cerchiamo sempre infatti che qualcuno ci salvi, che combatta al posto nostro. Tutte le guerre sono “per procura” semplicemente perché non immaginano nemmeno lontanamente cosa vorrebbe dire difendere la propria casa. D’altronde è pieno di commentatori che parlano di guerre senza averne mai visto una. Non sanno o forse vogliono ignorare che “il valore della moneta è fornito dalla spada che la batte, dalla sua percezione imperiale”. La retorica di più ospedali e meno armi va bene per i Salvini, per i Rizzo, per gli antifascisti di ogni risma. Gli Stati Uniti sono la prima potenza del mondo e al contempo la Nazione più indebitata. Tutta gente che vorrebbe darci lezioni di antiamericanismo salvo poi ricredersi a comando, eterni figli di coloro che lustravano le scarpe ai soldati USA sbarcati sulle nostre coste nel 1943.
La storia non si diserta
Non sanno concepire un’esistenza virile, guerriera, conquistatrice perché lo schiavo deve aspettare “che qualcuno venga a liberarlo” come diceva Pound. Sghignazzano sui social, unica dimensione dove chiunque può dire qualsiasi cosa senza patirne le conseguenze. La storia non aspetta i salvatori, la storia si cavalca, si plasma. O quantomeno si prova a farlo. I nostri eroi anni fa hanno risposto a un appello che era fortemente europeo oltre che nazionale. Quando russi e americani – proprio come allora – volevano spartirsi e distruggere la nostra civiltà. Molti se lo dimenticano ma il loro sacrificio di allora e il sacrificio dei nostri fratelli europei oggi ci racconta che la storia – se non si vuole essere (più) schiavi – non si diserta.
Blocco Studentesco
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