Di Jean
Sabato 15 febbraio 2025, ore 11:30. A Padova, come in altre città italiane , i militanti di CasaPound Italia stanno svolgendo un banchetto informativo nonché di raccolta firme sulla remigrazione, proponendo in primis il rimpatrio per tutti gli immigrati clandesitini. Sei camerati della Tartaruga Frecciata si trovano nella centralissima piazza Prato della Valle quando il loro presidio viene assaltato da una trentina di antagonisti prevalentemente appartenenti al centro sociale Pedro ma anche provenienti da altre città del nord Italia. Con una proporzione di 5 a 1, i compagni riescono a ferire due attivisti, uno dei quali in maniera piuttosto grave tanto da rischiare di perdere un occhio. Terminata l’aggressione poi si dileguano nelle vie circostanti, finendo fermati poco dopo dalle Forze dell’Ordine. Dopo qualche ora in questura vengono rilasciati e nessuna custodia cautelare verrà disposta nei loro confronti, nemmeno una semplice libertà vigilata.
Il modus operandi è il medesimo che contraddistingue gli antifascisti dal 1945 ad oggi: attaccare quando si è in netta superiorità numerica e/o armati, spesso informandosi per bene prima dell’agguato dell’effettiva inferiorità numerica delle vittime per assicurarsi una buona riuscita. Non è un caso che agguati simili avvengano quasi sempre in momenti insospettabili, spesso preceduti da veri e propri pedinamenti. È il caso della Hammerbande, della quale era membra la futura europarlamentare Ilaria Salis. Questa banda, attiva prevalentemente in Germania, è diventata nota per l’aggressione avvenuta a Budapest nel febbraio 2023. In quell’occasione, una decina di antifascisti tra cui la Salis, aggredirono alle spalle un militante nazionalista ungherese che rimase ferito in maniera abbastanza grave nonostante i referti medici riportavano solo qualche giorno di prognosi. La Salis tuttavia non era nuova a questo tipo di aggressione: già anni prima fu indagata e poi assolta (come avviene per molti di loro) per un assalto ad un banchetto della Lega a Monza. Metodi vili già utilizzati prima dai partigiani, autori di innumerevoli massacri, e poi dai comunisti negli Anni di Piombo. Certo sono lontani i tempi dell’uccisione di Sergio Ramelli o della Strage di Acca Larentia ma le dinamiche e le motivazioni sono le medesime: i fascisti vanno eliminati fisicamente e con ogni mezzo necessario. Poco importa l’onore di un confronto alla pari: chi non conosce questo concetto e chi, consapevole anche di una minore prestanza fisica, sempre attaccherà alle spalle servendosi di una netta superiorità numerica.
Ma non solo il numero da ai compagni la sicurezza di agire avendo la meglio. Come è noto e come dimostrano diverse sentenze, la giustizia è con loro estremamente indulgente. Già negli anni settanta, numerosi sono stati i rossi assolti, prescritti o condannati a pene irrisorie a fronte di efferati crimini. Marco Costa, uno degli omicidi di Ramelli, fu condannato a soli 15 anni e mezzo e fu esclusa l’intenzionalità del delitto mentre ad Achille Lollo, autore del Rogo di Primavalle divenuto poi un noto giornalista, fu notificata una condanna di 18 anni poi prescitta. Un trattamento assai più morbido rispetto agli innumerevoli anni di carcere che hanno dovuto scontare i camerati, sovente sbattuti in cella in seguito a fumose sentenze manchevoli di prove fondanti. Il copione è lo stesso anche in tempi recenti: la magistratura chiude più di un occhio per quanto riguarda i crimini dei compagni: solo in casi estremi finiscono dietro le sbarre sebbene accusati di aggressioni, saccheggi o devastazioni.
I recenti fatti di Padova sono l’ennesima dimostrazione di un trattamento esclusivo e privilegiato riservato agli antifascisti indagati. Nessuna custodia cautelare per per un’aggressione con due feriti, mentre solo pochi mesi fa quattro militanti di CasaPound Torino furono posti ai domiciliari e sottoposti ad un’infame gogna mediatica con tanto di foto, nomi e professioni sui principali quotidiani nazionali in seguito ad una presunta aggressione ai danni del giornalista Andrea Joly. Considerati alla stregua di latitanti mafiosi dai giornalisti, non potranno nemmeno essere accusati di lesioni dal momento che al giornalista non è stato prescritto un solo giorno di prognosi.
Un diversa posizione anche da parte della stampa, sempre pronta a gridare al sempiterno pericolo fascista ma cieca dinnanzi alle violenze degli antifascisti. E mentre a Luglio abbiamo visto schiere di giornalisti e pseudo intellettuali gridare contro CasaPound invocandone lo scioglimento, non una parola di condanna nei confronti degli antifascisti padovani né solidarietà agli attivisti aggrediti.
Insomma, pare proprio che essere antifascisti e agire di conseguenza sia giustificato tanto dalla legge quanto dalla stampa. La mafia antifascista nel frattempo può agire impunemente e allargare la sua sfera di influenza mentre per i militanti identitari di ogni movimento la repressione si fa sempre più stringente.
In effetti, i metodi degli antifa ricordano quelli mafiosi: si cerca di limitare con la forza tutti coloro che non sono allineati col la loro visione del mondo, da loro proposta come rivoluzionaria ma per diversi aspetti ben allineata con quella dell’ordine dominante. Solo qualche mese fa all’Università di Milano un convegno di un’associazione anti abortista (che nulla ha a che fare col fascismo) è stato interrotto dai collettivi studenteschi di sinistra, minacciandone gli organizzatori. Non eccellendo né sul piano fisico né ne l coraggio, compiono sempre queste azioni vigliacche in gruppo. C’è chi lo chiama “squadrismo rosso” o “fascismo degli antifascisti”. Ebbene si sbagliano: questo è semplicemente antifascismo nella sua forma più pura.
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