Carissima WikiMafia, abbiamo visto quanta bile ed indignazione avete riversato in un post Instagram, in cui avete cercato in buona sostanza di accollare tutto il fenomeno mafioso ai Fascisti, perdendo però di vista il quadro generale.

Partiamo prima di tutto da un principio che per noi è valido e reale – non solo una nozione storica o una frasetta da buttare sui social per prendere mi piace – ovvero quello espresso da Giovanni Falcone (e che voi stessi avete riportato qualche anno fa): “Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale“. La nostra azione – spiegata bene nel volantino che non vi siete certo premurati di leggere – non voleva parlare di storia e nemmeno di Mafia in quanto fenomeno storico (altrimenti avremmo parlato del ritorno di Cosa Nostra in Sicilia come alfiere dell’occupazione anglo-americana) ma di una mentalità mafiosa reale e presente tutt’ora in Italia: una mentalità che è sia violenta sia istituzionale, appunto. È la mentalità che nutre quella cultura del divieto che trasforma luoghi pubblici in mandati feudatari: scuole, università, tribunali. Quella mentalità esclusivista che occupa i Saloni del Libro, i Festival del Cinema e la televisione. Quella mentalità che pensa di poter “cacciare”, “appendere” o semplicemente buttare fuori giovani di destra fuori dagli agoni elettorali studenteschi. Quella mentalità sempre a caccia delle streghe e delle inchieste, che incrimina su delazione e inventa accuse spacciandole per verità. Quella mentalità violenta nella pratica di strada, ma istituzionale grazie ai garanti politici: il caso di Ilaria Salis è esemplificativo di tutto questo.

Noi come sindacato studentesco sappiamo bene cosa vuol dire sfidare questo sistema: le conferenze boicottate, le manifestazioni vietate, l’assalto alle nostre sedi e via dicendo. Se pensate che la vostra Enciclopedia sia esaustiva è perché non avete mai passato un giorno nella mischia politica. In Italia, oggi, non è certo il nostro mondo a voler far rivivere gli Anni ’70: noi siamo certo noi ad evocare le P38, le BR, come non siamo noi a scomodare i morti ammazzati come fatto dai vostri amici milanesi questo sabato mettendo uno striscione che inneggiava all’assassinio di Sergio Ramelli e auspicandone di nuovi. Certo coerenza vorrebbe che alle parole poi arrivassero i fatti: non piangeremo certo per un paio di scritte, che suonano però come la “testa di cavallo” dei padrini e padroni antifascisti. Noi amiamo la vita, gli spazi aperti, l'”Agorà”, la socialità e lo stare insieme. Amiamo il viso a viso politico, amiamo sfidare le convenzioni, odiamo i conservatorismi (di destra e di sinistra) ma soprattutto amiamo sfidare chi tenta di negarci e di reprimerci solo per partigianeria. Vi invitiamo quindi a ponderare meglio le vostre esternazioni: si scivola in un attimo dall’essere divulgatori all’essere faziosi. Che fa rima con..?

Blocco Studentesco