di Alessia

JULIAN ASSANGE IS FREE

Dopo essersi dichiarato colpevole, la mattina 24 giugno Assange è uscito dal tribunale delle isole Marianne da uomo libero dopo il suo patteggiamento negli USA.

Per il fondatore di WikiLeaks termina una storia di persecuzione durata 12 anni, di cui gli ultimi 5 condotti nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.

La missione di Julian Assange fu una soltanto, cambiare il mondo: ma a che prezzo?

Nel 2010 l’organizzazione WikiLeaks finisce sotto i riflettori in seguito al noto filmato Collateral Murder, l’attacco dall’elicottero statunitense contro i civili in Iraq: la ripresa suscitò da subito lo sdegno da parte degli attivisti per i diritti umani e di tutta la collettività generale, rivelando finalmente al mondo il lato oscuro del terrorismo occidentale. 

Entro la fine di quell’anno l’organizzazione aveva pubblicato quasi mezzo milione di documenti riservati relativi alla guerra statunitense in Iraq ed Afghanistan.

Le divulgazioni di WikiLeaks misero a rischio le fonti di intelligence occidentali, rivelazioni che in poco tempo avrebbero cambiato la consapevolezza dell’opinione pubblica di tutto il mondo.

Assange ha ora 52 anni, e ha passato gli ultimi due decenni nel limbo di un calvario giudiziario a schivare ordini di estradizione per evitare l’incarcerazione negli Stati Uniti oltre che il rischio dell’ergastolo. Gli ultimi 1901 giorni di detenzione nel carcere di Belmarsh, Assange li ha trascorsi in una cella 2 metri per 3, isolato 23h al giorno, condizioni che hanno messo ulteriormente a dura prova la sua salute mentale oltre che fisica.

Come da accordi di patteggiamento, Assange si è dichiarato colpevole di cospirazione finalizzata ad ottenere e divulgare informazioni classificate sensibili che avrebbero messo a rischio la sicurezza nazionale e in pericolo vite umane.

L’imputazione in cambio della libertà ha permesso all’attivista di volare in Australia, la sua terra natale.

Assange è apparentemente libero ora, ma sappiamo che il suo trattamento è stato un avvertimento, o forse un caldo invito per i giornalisti di tutto il mondo a tacere nel futuro.