di Enrico
Fino a qualche tempo fa sarebbe stato normale dire che il potere, quando è messo alle strette, cerca di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica verso un nemico (vero o presunto) contro cui si possa scaricare rabbia, odio e paura.
Negli ultimi anni però, il potere democratico ha scelto una strada estremamente più efficace ed infinitamente meno “cruenta”, rispetto alla precedente, per mettere a tacere il dissenso. Come è noto, la democrazia governa male, ma si difende bene.
Si tratta di un fenomeno che potremmo chiamare tranquillamente spostamento del focus del dibattito. Pensiamo solo all’ultimo mese; i due argomenti “in testa alla classifica” erano (e sono tuttora) il solito fantomatico patriarcato, che non passa mai di moda, e il pandoro di una influencer. Il tutto con: due guerre ancora in corso, carovita in rialzo, totale abbandono del sistema scolastico, crisi economica e via dicendo.
Ma come avviene lo spostamento del focus?
Ci sono diversi modi per ottenere questo fine. Il principale di questi è di inserire nella narrazione un elemento che sia (almeno in apparenza) fortemente emotivo che susciti indignazione e sdegno, in modo che questi sentimenti mascherino il fatto che, in fin dei conti, di tutto ciò non ci importa molto.
Prendiamo il caso del pandoro di Chiara Ferragni che sta infiammando l’opinione pubblica. L’impatto sulla nostra vita quotidiana della truffa da parte di un influencer è pari a zero, però nonostante questo sentiamo il bisogno di parlarne ed indignarci a tutti i costi. Perché? Perché in una cosa che, oggettivamente, ci cambia poco, viene inserito un fattore emotivo molto forte: la speculazione su un fattore come la beneficenza per i bambini.
In tutto ciò però, anche con l’aggiunta di questo fattore emotivo, è un fatto di cronaca che non ci cambia molto. Di fatto, di quei bambini non ne sapevamo nulla prima e non ne sappiamo nulla ora. Però, nonostante questo continuiamo a parlarne, non sappiamo perché ma continuiamo a parlarne e ad indignarci.
La stessa cosa può essere detta, anche se qui assume una dimensione diversa, per “l’allarme patriarcato” che ogni tanto torna alla ribalta.
Si parte da un fatto di per sé tragico, il brutale omicidio di Giulia Cecchettin, e si passa poi ad un chiacchiericcio vuoto e fine a sé stesso (si potrebbe riflettere anche sull’indecenza di certe femministe e di certi giornalisti, che utilizzano un fatto tanto orribile per fare propaganda o per ottenere qualche click in più, ma questo è un altro paio di maniche). Si insiste per settimane su una presunta emergenza patriarcale e di femminicidio che, dati alla mano, non esiste: nel 2023 in Italia si sono verificati circa 280 omicidi, di questi poco più di cento erano donne e di queste cento appena la metà sono vittime dell’ex-partner a causa di un litigio o di una separazione. Fin qui però nulla di nuovo, che media e propagandisti d’accatto distorcano la narrazione di un problema non lo scopriamo di certo oggi. Quello che è interessante è invece come si riesca a farlo diventare il “tema del momento” a discapito di cose che, volendo essere molto cinici, hanno un impatto molto più forte su di noi e sul mondo che ci circonda. La democrazia ha fatto un ulteriore passo: non serve reprimere il dibattito, basta semplicemente deviarlo.
Come abbiamo già detto: la democrazia governa malissimo, ma si sa difendere molto bene.
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