Di Giovanni
Varsavia, sabato 11 novembre 2023.
Oggi in Polonia è festa nazionale: si celebra la Giornata nazionale dell’Indipendenza, cioè la riunificazione della Polonia avvenuta nel 1918 dopo 123 anni di dominazioni straniere. Ogni anno a Varsavia si tiene un’imponente marcia per celebrare questa ricorrenza. Un evento che nel corso negli anni ha visto una sempre maggiore partecipazione di movimenti nazionalisti da tutta europa che si riuniscono per marciare a fianco del popolo polacco.
Anche quest’anno una delegazione di CasaPound Italia prende parte alla marcia. Noi italiani ci troviamo attorno alle 12:30 all’ombra del Palazzo della Cultura e della Scienza e dopo diversi saluti ai camerati di altre nazioni ci inquadriamo per marciare sventolando il Tricolore a fianco delle bandiere bianche e rosse polacche. Ci si inquadra e decine di migliaia di voci cantano in coro l’inno nazionale mentre il cielo si colora di rosso per le centinaia di torce fumogene accese. Al contrario di quello che dicono certi giornalisti, la marcia dell’undici novembre non è solo un ritrovo della cosiddetta “estrema destra”. Certo, la componente nazionalista è significativa ma a fianco dei camerati marciano reduci di guerra, associazioni cattoliche, gruppi ultras ma anche tantissimi polacchi non legati ad organizzazioni ma giunti solo con le loro bandiere bianche e rosse per manifestare il loro amor patrio. Un popolo, quello polacco, che nonostante decenni di dominazione sovietica mantiene ancora molto vivo il sentimento nazionalista e che contrappone alla decadenza moderna gli eterni valori della Tradizione Europea. Non a caso la Polonia è uno dei paesi europei col minor tasso di immigrazione dal momento che tutti i movimenti politici, fatta eccezione per la sinistra più radicale, hanno nei loro programmi la difesa dei confini.
Mi fa strano vedere un popolo unito festeggiare in maniera così calorosa la Giornata dell’Indipendenza se penso agli cortei antifascisti dell’arcidivisivo venticinque aprile, celebrazione di una sconfitta o al fatto che giornate come il diciassette marzo, Unità d’Italia, e il quattro novembre, Giorno della Vittoria neanche sono festeggiate. Dopo l’inno e la maxi torciata si parte tutti insieme e di tanto in tanto si sentono cantare cori e gridare slogan in diverse lingue. Noi ovviamente non ci tiriamo indietro e tra un “‘battaglion toscano” e un “avanti ragazzi di Buda” (che attira le simpatie degli ungheresi!) dimostriamo la nostra partecipata presenza. La marcia si conclude poi nei pressi dello stadio principale della città tra foto ricordo e scambi di adesivi, per poi ritrovarsi coi camerati al pub per brindare alla nostra Europa. La “nostra”: terra di una Tradizione millenaria, di origini e cultura condivise da contrapporre al nulla della finanza internazionale e a quell’idea distorta che lo spirito di Yalta – come lo chiamava Adriano Romualdi – ha contribuito a creare, ovvero quella terra di sottomissione ed “accettazione supina della sconfitta” sia ad est che ad ovest. Una civiltà – la nostra – che affonda le sue radici nei millenni e che non si è mai piegata: né alla grigia mediocrità marxista né alla tirannide borghese occidentale.
Blocco Studentesco
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