Di Pasquale
Oggi, 2 settembre, ricorre il cinquantenario della morte di J.R.R. Tolkien, lo scrittore che ha reso celebre il genere fantasy in tutto il mondo. Si tratta di una ricorrenza attesissima anche qui in Italia. Da novembre 2023 a febbraio 2024 (le date esatte non sono ancora note) la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma ospiterà una mostra dedicata al professore di Oxford e in particolare ai suoi rapporti con l’Italia. La mostra, come riporta un articolo apparso sul Corriere il 20 agosto, si intitolerà Tolkien Uomo/Professore/Autore e sarà curata da Alessandro Nicosia e Oronzo Cilli; quest’ultimo è membro della Tolkien Society inglese, presidente dell’associazione Collezionisti Tolkieniani Italiani, nonché studioso molto apprezzato all’estero.
La celebrazione, annunciata già a luglio, è stata fortemente voluta dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che assicura si tratterà di un evento di elevato spessore scientifico-culturale. I curatori si propongono di documentare i numerosi legami e contatti di Tolkien con il nostro Paese, di cui amava la lingua e Dante; le cronache dei suoi viaggi in Italia, i suoi studi, le sue opere e tutto quanto sono state in grado di ispirare in ambito artistico e cinematografico. L’iniziativa ha inoltre ottenuto il patrocinio dell’Università di Oxford, dove Tolkien insegnò per molti anni.
In Italia le opere del professore sono state spesso al centro di controversie, e sarebbe impossibile ridurre nello spazio di un articolo una lunga storia di diatribe e scontri, a cominciare dalle prime vicende editoriali, passando per le questioni di natura esegetica, fino alle più recenti polemiche intorno alle traduzioni de Il Signore degli Anelli. In sostanza fin dagli anni Settanta, mentre l’intellighenzia di sinistra ossessionata dal realismo snobbava gli escapistici prodotti della fantasia, alcuni ambienti di destra fecero propri i valori e il vasto universo mitico-simbolico riscontrabili nell’opera del professore. Da allora negli ambienti di sinistra italiani – e solo fino a tempi recentissimi – Tolkien veniva considerato un “mito di destra”, un’icona della tradizione contro il progressismo e la modernità.
Non c’è da stupirsi dunque se la prima metà dell’articolo sopracitato (così come il trafiletto apparso sulla Lettura del Corriere di domenica 27 agosto 2023), riguarda il “legame meloniano” con il mondo creato da Tolkien, la presenza di una giovane Giorgia Meloni a una riedizione dei Campi Hobbit tenutasi nel 1993 e le molteplici affinità che intercorrono tra alcune visioni del mondo di certa destra e l’universo tolkieniano, che comunque rimangono innegabili.
“Non sarà una celebrazione politica e chi spera in questo rimarrà fortemente deluso” assicurano i curatori, mentre il ministro della Cultura ha dichiarato: “Tolkien ha prodotto qualcosa di antichissimo e nuovo allo stesso tempo, cioè una mitologia universale. I suoi libri […] trasmettono generazione dopo generazione il valore della solidarietà umana, della difesa della comunità e dell’identità, oltre che della natura”. Naturalmente le parole se le porta via il vento, e con l’avvicinarsi dell’apertura al pubblico monteranno anche le polemiche a firma delle migliori zucche dell’apparato intellettuale di sinistra. A quel punto vedremo quanto impiegheranno a scusarsi o a rivedere le posizioni espresse, nel vano e ridicolo tentativo di elemosinare patenti di agibilità politica e morale. Speriamo di sbagliarci. Scherzi a parte, una manifestazione di tale portata potrebbe costituire un importante e incisivo banco di prova, dal momento che sono presenti tutte le premesse per una battaglia culturale che se condotta efficacemente sarebbe davvero in grado di mettere alla prova l’efficientissima macchina della cultura saldamente tenuta dalla sinistra. In secondo luogo consentirebbe di spingersi oltre “il sole, il mare, la pizza”, cavalli di battaglia alla Open to Meraviglia che ci hanno decisamente rotto il cazzo. Insomma, l’ennesima occasione per questo governo “di dimostrare le sue qualità”, e speriamo che stavolta non la manchi…
Ci auspichiamo in ultimo che questa iniziativa possa far fiorire un rinnovato interesse – non soltanto letterario – per l’opera di Tolkien che si traduca in riavvicinamento all’autore, in un approccio capace di produrre una nuova letteratura critica e di far fronte alle insidie che minacciano l’essenza stessa dell’universo tolkieniano. Una simile occasione potrebbe segnare, per noi, l’inizio di una controffensiva volta a recuperare terreno su un fronte a lungo lasciato sguarnito, disattenzione che ha favorito nell’ultimo decennio una sistematica operazione di destrutturazione mascherata da operazione filologica, di cui la nuova traduzione del Signore degli Anelli non costituisce che la punta dell’iceberg.
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